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Il dibattito sulla riforma entra nel vivo al Senato Insegnanti di religione: la parità giuridica non è solo una conquista sindacale Da approfondire la stabilità dell'incarico e il titolo di studio di Tino Bedin Con la presentazione degli emendamenti, a mezzogiorno di mercoledì 26 febbraio, si è avviata alla commissione Istruzione del Senato l'ultima tappa del disegno di legge sugli insegnanti di religione. Con l'esame degli emendamenti il confronto delle posizioni diverrà concreto e consentirà di confrontare il testo approvato dalla Camera con gli altri dieci testi presentati in Senato.Mi pare condivisa la necessità che l'iter del provvedimento si concluda al più presto poiché da tempo si attende una soluzione alla questione degli insegnanti di religione cattolica. Sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica si era lavorato con attenzione ed anche con un buon risultato in Senato nella scorsa legislatura; ricordo in particolare l'impegno del collega Alberto Monticone, membro della commissione Istruzione. Nell'impianto generale, il disegno di legge che ci arriva dalla Camera è figlio del lavoro fatto nella scorsa legislatura per cui le mie valutazioni sono nel complesso positive. Mi pare anche che ci sia consenso su un altro punto rilevante: le finalità della nuova legge non devono essere limitate all'esigenza di definire lo stato giuridico degli insegnanti. Il provvedimento assume infatti un rilievo che va ben oltre il naturale sviluppo dell'inquadramento di precedenti forme di precariato. In un periodo storico di alterazione dei credi religiosi e di una loro frequente strumentalizzazione per forme di violenza, il parlamento e la scuola italiani sono chiamati a rafforzare la dignità culturale di un insegnamento che ha carattere nazionale e non confessionale. La secolarizzazione culturale porta con sé conseguenze negative per la stessa laicità della cultura. Mi pare che siano da apprezzare alcuni miglioramenti introdotti dalla Camera dei deputati rispetto al testo approvato dal Senato nella scorsa legislatura. Ci sono però due punti sui quali il Senato potrà lavorare con attenzione per eliminare alcuni difetti. Un difetto, a mio parere, è l'aver tolto per gli insegnanti di religione che supereranno il concorso l'obbligo di mantenere l'insegnamento per un certo numero di anni. Si tratta di una norma che contraddice un principio generale dell'impiego pubblico, che è la tutela della sede. A mio parere anche per le diocesi e la Chiesa italiana i frequenti avvicendamenti nelle cattedre potrebbero rappresentare un rischio. Inoltre la reintroduzione dell'obbligo di permanenza in cattedra per un certo numero di anni, già previsto dal testo approvato dal Senato nella scorsa legislatura, consentirebbe di superare la preoccupazione di coloro che temono che l'inquadramento in ruolo dei docenti di religione cattolica sia un modo per aggirare i normali canali di reclutamento degli insegnanti. L'altro punto su cui riflettere è il titolo di studio. Come si ricorderà, uno dei motivi che hanno impedito l'approvazione definitiva del provvedimento nella scorsa legislatura fu il disaccordo sul possesso del titolo di laurea per l'insegnamento nelle scuole superiori. Si tratta di una difficoltà che si potrebbe superare con il riconoscimento di equipollenza ad alcuni titoli rilasciati da insigni scuole di magistero ecclesiastico. Questo percorso potrebbe essere agevolato dall'interesse manifestato dalla Conferenza episcopale italiana per la proposta di una idoneità nazionale per gli insegnanti di religione cattolica. Un altro strumento potrà essere un aggiornamento concordatario alla luce rivalutazione in atto presso la Cei dei titoli di diritto canonico. Si tratta di perfezionamenti che non mirano certo ad assicurare privilegi ma ad organizzare meglio la proposta di una materia che la gran parte degli studenti e delle famiglie sceglie volontariamente con quello che giustamente si può definire un referendum annuale, che riguarda certo la materia ma anche coloro che la insegnano, che sono per l'ottanta per cento laici. 26 febbraio 2003 |
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1 marzo 2003 sc-018 |
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