Un milione di vaccinati in Italia nelle prime due settimane della campagna europea, che comprendevano anche parte delle festività natalizie: italiani campioni d'Europa nello sprint della fuga dal Covid-19. Nessuno è partito così bene nell'Unione Europea, tanto che i giornali tedeschi hanno preso ad esempio l'Italia. Le "gambe" per questo sprint sono il Servizio sanitario nazionale e la collaborazione fra i molti livelli istituzionali. Il "fiato" è il bisogno delle persone di uscire finalmente dalla crisi pandemica, di poterne parlare al passato: chiudere tra parentesi il coronavirus, prima che questo imprigioni il futuro personale e collettivo.
Comprensibile l'affanno. Siamo finiti dentro una crisi totale: crisi globale dal punto di vista geografico, crisi esistenziale dal punto di vista personale. "La crisi ha smesso di essere un luogo comune dei discorsi e dell'establishment intellettuale per diventare una realtà condivisa da tutti", ha osservato Papa Francesco facendo gli auguri natalizi al Collegio cardinalizio e alla Curia romana. La crisi è diventata realtà della vita; una "normalità" dalla quale non riusciremo a fuggire, per quante "gambe" mettiamo in moto, per quanto "fiato" riusciamo a pompare. La crisi sanitaria è diventata subito crisi economica, poi crisi sociale, poi crisi educativa, poi crisi affettiva, poi crisi politica. In una parola stiamo conoscendo la crisi per quello che è: vita personale e collettiva.
Conoscenze e tecnologie utili per sempre - Proprio per la pervasività della crisi pandemica, la necessità di un vaccino è stata subito chiara agli scienziati (e di riflesso alle opinioni pubbliche mondiali) fin dallo scoppio dell'epidemia in Cina. Meno immediata è stata la percezione del cambiamento che dimensioni e caratteristiche del Covid-19 avrebbero richiesto ai decisori pubblici, alle imprese e prima di ogni altro agli scienziati.
A metà giugno l'agenzia giornalistica Adnkronos ha chiesto a 18 scienziati: quando arriverà il vaccino contro Covid-19? Ecco le risposte di tre di loro, selezionati perché tra i più noti all'opinione pubblica non perché dicessero cose diverse dagli altri: "Uno-due anni, ammesso poi che la problematica non vada a scemare" (Fabrizio Pregliasco); "Ci vogliono anni, non mesi: non esiste un vaccino fatto in meno di 3 anni, 3 anni e mezzo. È fantascienza, se si vogliono rispettare criteri rigorosi e scientifici e determinati criteri etici" (Andrea Crisanti); "Pensare di ottenere un vaccino prima di due anni è una proiezione di un ottimismo ingiustificato" (Roberto Burioni).
Sei mesi dopo erano già disponibili più vaccini e c'erano già milioni di persone vaccinate in Italia, in Europa e nel mondo. Eppure, le previsioni degli scienziati non erano sbagliate; si basavano correttamente sull'esperienza e sulle procedure note; non potevano essere diverse.
Le necessità di questa crisi pandemica includevano, però, anche il fattore tempo: fattore decisivo per la sicurezza sanitaria ma anche per la sicurezza sociale ed economica globale, che il Covid-19 aveva complessivamente minato. La crisi ha allora cambiato il tempo: le risorse finanziarie sono state messe in anticipo dai governi (per noi dall'Unione Europea) servendo per le prenotazioni e non solo per l'acquisto, le aziende farmaceutiche hanno fatto ricorso alle capacità dell'intelligenza artificiale e al trattamento dei Big Data, gli scienziati e i ricercatori hanno così potuto svolgere test e verifiche con una accelerazione mai utilizzata prima, senza rinunciare alle procedure scientifiche e ai criteri etici che la scienza si è data sui vaccini.
Il cambiamento del tempo non ha messo a disposizione solo i vaccini contro il Covid-19. La scienza e l'umanità hanno ora conoscenze e tecnologie che saranno utili per altri vaccini. Fin da subito sono utili nell'attuale pandemia: la "mutevolezza" del Coronavirus può essere inseguita e preceduta e contrastata con l'intelligenza artificiale e con l'utilizzo dei Big Data.
Sentinella, quanto resta della notte? - Questa crisi, insomma, non è una parentesi e correndo con il vaccino fuori dalla pandemia non ci ritroveremo dove eravamo prima.
E poi altre crisi nel frattempo sono pronte. Ci sono quelle di sempre: le migrazioni forzate, la democrazia privatizzata dai social media, il genoma umano messo a disposizione della tecnologia, le guerre regionali, la dissipazione della natura. L'elenco completo è quasi ogni giorno nei tg.
E ci sono le crisi nuove, maturate proprio nella crisi attuale. Il lavoro da casa, ad esempio, che cambia le persone, la famiglia, l'abitazione, mette in crisi i diritti, mette in crisi le città. Il rapporto tra generazioni resisterà all'incuranza di molte comunità verso gli studenti? Probabilmente no, perché i ragazzi si sono sentiti ultimi a vedere che si battagliava per riaprire gli impianti di sci e non per riaprire le aule. Modelli diversi di economia si sono confrontati con la pandemia a livello globale senza quasi mai collaborare, anzi accrescendo competizione e sospetti. L'elenco completo di queste nuove crisi non è ancora "pubblico", ma è nelle agende di molti.
E poi ci siamo noi, persone con le nostre crisi. In una delle omelie mattutine con cui ci accompagnava da Casa Santa Marta quando le celebrazioni liturgiche erano sospese per la pandemia Papa Francesco ne aveva fatto memoria: "Tutti, nella vita, abbiamo avuto e avremo momenti di crisi: crisi familiari, crisi matrimoniali, crisi sociali, crisi nel lavoro, tante crisi… Anche questa pandemia è un momento di crisi sociale. (..) Come reagire nel momento di crisi? (…) Nel momento di crisi c'è la perseveranza, il silenzio; rimanere dove siamo, fermi. (…) È anche il momento della conversione, perché questa fedeltà sì, ci ispirerà qualche cambiamento per il bene".
Parole che riecheggiano l'enigmatico oracolo del libro di Isaia.
"Mi gridano da Seir: / Sentinella, quanto resta della notte? / Sentinella, quanto resta della notte? / La sentinella risponde: / Viene il mattino, e poi anche la notte; / se volete domandare, domandate, / convertitevi, venite!" (Isaia 21,11-12).
Nel 1994, nel tempo di più acuta crisi della rappresentanza politica dei cattolici italiani, quell'oracolo era stato rilanciato da don Giuseppe Dossetti, maestro del cattolicesimo democratico italiano, che aveva proposto di leggerlo così: "Ritornando ora all'oracolo di Isaia, e preso atto che esso parla di notte, e di notte fonda, dobbiamo ancora soggiungere che esso non lascia grandi speranze ai suoi interpellanti: ma con voluta ambiguità annunzia sì il mattino, ma anche subito il ritorno della notte. L'oracolo del profeta non vuole alimentare illusioni di immediato cambiamento, e anzi invita a insistere, a ridomandare, a chiedere ancora alla sentinella, senza però lasciare intravedere prossimi rimedi".
"Viene il mattino, e poi anche la notte": la crisi non finisce, è la vita che continua.
17 gennaio 2021