SALUTE
Con piatti buoni al gusto e buoni alla vista
Il cuoco come un infermiere
La tradizione dei monasteri nella moderna cucina di comunità dell'Ira di Padova

L'Istituto di riposo per Anziani di Padova ha organizzato venerdì 1 dicembre 2006 presso la propria sede operativa di via Beato Pellegrino a Padova una conferenza su "Dalla cucina dei Monasteri alla cucina di Comunità: la moderna convivialità e civiltà della tavola". Le relazioni sono state affidate a due accademici della Cucina: Antonio Boschetti per la cucina dei monasteri e Giancarlo Rossi per la moderna convivialità.
Il senatore Tino Bedin, presidente dell'Ira ha introdotto la conferenza con la relazione che pubblichiamo.

di Tino Bedin presidente dell'Ira

L'iniziativa di un incontro che ha per tema la storia della cucina dall'alto medioevo ai giorni nostri, si inserisce nel proposito già da tempo espresso dall'Istituto di Riposo per Anziani di Padova, di portare tutte le sue attività al più alto livello di consapevolezza.
I cuochi dell'Ira e tutto il personale della Cucina di casa svolgono certamente un'attività essenziale. Questo è riconosciuto da tutti. Il livello di consapevolezza che vogliano innalzare con l'iniziativa di oggi pomeriggio è che l'attività professionale in Cucina è direttamente collegata alla missione dell'Ira. In altre parole, noi siamo convinti che nella funzione di accompagnamento e di condivisione di vita che l'Ira si assume con le persone che vi risiedono, la Cucina abbia compiti e ruoli decisivi.
Il cuoco come un infermiere? La domanda non è solo una provocazione.

Non bastano le diete per stare bene. "Mangialo che ti fa bene", si dice ai bambini. Eppure crescendo si perde questo legame cibo-medicina.
Possiamo recuperarlo in un'età ed in una condizione di vita in cui di nuovo le persone si affidano ad altre persone? Io credo di sì, ad una condizione: che la risposta non si esaurisca nelle diete, che pure sono decisive e vanno mirate per ogni persona che vive all'Ira.
Ma a che serve la scienza delle diete, se poi la qualità dei cibi è bassa, se la presentazione dei piatti non esiste? L'alimentazione non è solo un efficace fonte di benessere ma anche un potente psicofarmaco, se riesce ad introdurre piacere nelle nostre esistenze.
Il cibo è una sorta di medicina solo se è buono. Intendo buono al gusto, buono alla vista.

Un progetto del ministro Livia Turco. Non siamo soli in questa ricerca.
All'ultima edizione del Salone del Gusto, tenutosi a Torino, si è denunciato il fatto che negli ospedali si mangino spesso cibi poco appetitosi, per giunta serviti freddi, per cui il convivio giornaliero invece di essere motivo di soddisfazione e di oblio della situazione esistenziale è causa di delusione e di tristezza, ritarda la guarigione con alti costi umani e amministrativi. Si è affermato il principio: "guarire mangiando".
La consapevolezza si sta diffondendo tanto che al convegno organizzato dal Salone del Gusto è intervenuto - e non solo per un saluto - il ministro della Salute Livia Turco, la quale si è impegnata a realizzare al ministero un tavolo di lavoro con il compito di redigere un piano delle priorità nel settore della ristorazione ospedaliera. "La corretta alimentazione, così come l'altrettanto delicato tema della terapia del dolore, - ha detto il ministro Livia Turco - fa parte delle misure che rimettono al centro delle tematiche sanitarie la persona in ogni suo aspetto, come indica l'articolo 32 della Costituzione".

Troppo "bianco" sulla tavola. L'Istituto di Riposo per Anziani di Padova è da tempo all'avanguardia su questo terreno.
Ad esempio il cibo è utilizzato anche come elemento di scansione del tempo della settimana, che in una struttura protetta e comunitaria è un elemento di identità personale e comunitaria. Dal luglio di quest'anno si sta realizzando il "Piatto della domenica", pubblicizzato anche attraverso locandine, in modo da risvegliare l'attesa e destare l'attenzione. Il progetto ha registrato una buona accoglienza fra i residenti all'Ira, specialmente per i "dolci fatti in casa".
Un esempio anche per il futuro, legato al tema dell'incontro di oggi, cioè la cucina di Comunità, con i suoi spazi a volte ripetitivi.
Ci impegneremo a migliorare gli arredi dello "spazio ristorazione", secondo la filosofia con cui è stato realizzato al nostro interno il Bar Novecento. Utilizzeremo al riguardo recenti studi di Psicologia ambientale applicata in ambito gerontologico nella personalizzazione delle pareti, nella scelta degli arredi e delle posate, nelle ridefinizione delle suppellettili (un risotto bianco, su un piatto bianco, su una tovaglia bianca può disorientare invece che essere appetibile).
Con un lavoro multidisciplinare dei professionisti dell'IRA potremmo poi arrivare a progettare posate adeguate a persone che hanno problemi motori, in modo da ridurre lo sforzo ed aumentare di conseguenza la piacevolezza del cibo. Credo che non mancherà in questo progetto la collaborazione delle imprese padovane.

Buona cucina e buona salute. Che all'IRA si parli di cucina non è dunque così singolare come può apparire a prima vista.
Abbiamo scelto di partire dalla cucina dei Monasteri, un po' perché all'origine dell'IRA c'è un monastero, quello di Sant'Anna nell'attuale via Belzoni, e poi perché la cucina dei Monasteri è stata il modello della cucina di comunità in strutture posteriori che anche nell'architettura si ispiravano al modello dei Monasteri.
I secoli "bui" sotto il profilo della ristorazione collettiva non rimandano però al Medioevo, ma all'Ottocento e al Novecento. È soprattutto nell'Ottocento che si diffonde la fama negativa che le cucine dei collegi e per estensione delle comunità siano di una tale schifezza che solo il baldo appetito dei ragazzi può sopportare.
La cultura gastronomica è molto fortunatamente cresciuta in questi ultimi anni, per la ricerca di una più alta qualità della vita, per l'ambizione di riscoprire le proprie radici anche nell'ambito dei piatti di tradizione e dei vini cantati da poeti in vernacolo e lingua, per la consapevolezza sempre più avvertita che la gastronomia, prima di essere un fatto economico, è un aspetto culturale della vita, perché la buona cucina è la via più diretta per mantenere la buona salute, senza dannosi effetti collaterali.
Un compito importante ha avuto ed ha in questa animazione culturale l'Accademia della Cucina, che infatti è protagonista del nostro pomeriggio, attraverso due suoi accademici: Antonio Boschetti e Giancarlo Rossi, figure professionali assai note a Padova e in Veneto nei rispettivi ambiti. E proprio la loro autorevolezza ci rassicura che non parleremo di frivolezze.

Riprendere le "invenzioni gastronomiche". Sono sicuro dalle loro parole ricaveremo la consapevolezza di cui ho parlato all'inizio: i cuochi e tutto il personale della cucina dell'IRA debbono essere considerati dagli altri ed essere consapevoli loro stessi di costituire una delle attività più caratterizzanti e preziose di tutto l'Istituto e più decisiva per le persone che vi abitano.
Potremo aggiungere anche un altro obiettivo: recuperare il ruolo di "invenzione enogastronomica" che i monasteri hanno svolto per secoli. Il mangiare insieme, il mangiare in molti ha esercitato una spinta fortissima alle innovazioni culinarie, sia per valorizzare tutto il cibo di cui la comunità disponeva, compresi i "resti", gustosamente riciclati, sia per soddisfare esigenze diverse, sia per sottolineare anche a tavola scadenze e appuntamenti.

1 dicembre 2006


10 dicembre 2006
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Tino Bedin