RASSEGNA STAMPA Il Mattino di Padova, 23 ottobre 2001 |
Oggi la Mondadori manda in libreria "Tribù": anticipiamo il capitolo dedicato alla donna che nel giugno '99 ha sconfitto Flavio Zanonato Giustina Destro, anzi "Miss Crusca" Il sindaco entra nella galleria dei 42 nuovi potenti che governano l'Italia Giorno dopo giorno parola dopo parola "Miss Tetano" ha cambiato nomignolo in onor dell'Accademia di Gian Antonio Stella Fieri del vecchio adagio su "padovani gran dottori", che li distingue dai "vicentini magnagati", dai "veronesi tutti mati" e dal mondo virtuosamente produttivista ma ignorantotto del mitico Nordest, i padovani hanno avuto un dì una bella pensata: si sono dati come sindaco Giustina Mistrello Destro. La quale, giorno dopo giorno, parola dopo parola, congiuntivo dopo congiuntivo, ha rassodato l'antico proverbio con una dedizione "così grandissima", direbbe lei, da guadagnarsi dai concittadini il cambio del nomignolo. Da "Miss Tetano", come raccontava un titolo di "Sette", a "Miss Crusca". Perché fosse stata marchiata con il primo, ai tempi in cui era l'unica donna fra 151 maschi della giunta di Confindustria e poteva vantarsi di avere portato un'azienda di cavi elettrici del marito Nereo da 400 milioni a 15 miliardi di fatturato e veniva scelta da "Business week" a simbolo dell'effervescenza imprenditoriale del Nordest, non si sa. Come si sia guadagnato il secondo, ispirato all'antica Accademia fiorentina dei puristi della lingua che si diede quale motto "il più bel fior ne coglie", lo si può intuire dal resoconto stenografico delle sedute del consiglio comunale. Una collezione fior da fiore. Invita il presidente Fontana "di venire", spiega che gli immigrati dal Terzo Mondo arrivano "dal Marocco, dalla Romania, dall'Albania, dalla Croazia, dalla Nigeria, dalle Filippine, dallo Sri Lanka, dalla Bosnia, dalla Somalia e da altre nazionalità", ringrazia perché "gli interventi sono stati costruttivi e collaborativi nel proprio ruolo", si schianta sulla sintassi con uscite tipo "riteniamo che è", illustra la gravità di un "problema di così gravissima importanza", inventa parole tipo "sfalciatura". Ogni tanto consegna ai posteri passaggi (testuali) come questo: "Mi riferisco poi anche a quanto detto dal consigliere Marini, ma anche da altri, su temi importanti quali può essere la valorizzazione di un patrimonio che comunque è un patrimonio di una città e mi miriferisco a un patrimonio artistico, come può essere anche degli immobili importanti, ma che purtroppo sono stati trascurati e degradati per cui probabilmente si dovranno fare delle scelte anche difficili. E poi, comunque, il patrimonio che può essere il fiore all'occhiello di Padova, che sono comunque le aziende municipalizzate e anche le partecipazioni che riconducono Padova ad avere un patrimonio importante". Una leggenda. Eppure, poiché come dice lei "si può fare meglio e si può anche cercare di migliorare", il massimo lo dà fuori dal palazzo comunale. Apre un'esposizione a Palazzo della Ragione sull'uomo nello spazio a trent'anni dallo sbarco sulla Luna e dichiara: "Sono molto contenta d'inaugurare quest'importante mostra scientifica sull'astrologia". Taglia il nastro alla rassegna su "Giotto e il suo tempo" e per magnificare il rapporto tra il grande artista fiorentino e Padova spiega che proprio quella mostra ne è "la testimonianza loquace". Promette di risanare con le buone o con le cattive il ghetto degradato di via Anelli e quando le chiedono se vuole sgomberare "tutti gli africani" risponde: "Eh no, anche i nigeriani!". A Padova l'adorano. C'è chi colleziona le sue uscite più sgangherate. Chi, come "Il Mattino", pubblica una rubrica fissa intitolata "Ipse dixit". Chi telefona alle amiche: "La sai l'ultima?". Chi conserva i biglietti d'invito baroccamente infiocchettati con le sigle "n.d." (nobildonna) per le signore e "n.h." (nobil homo) per i signori, manco vivesse in un romanzo di Liala. Chi sottolinea e ritaglia gli articoli che parlano dell'amata. Leccornie. Come quello di Giancarlo Perna su "Amica": "Giustina è biondarella, ma sta ingrigendo e si tinge. I colori sono sempre diversi. Vanno dal biondo Marlene al rosso pervinca, passando per il rosa fenicottero. Variano nell'arco di poche ore, non si sa se per follia del parrucchiere o turbe psicologiche. Grande l'imbarazzo dei cronisti che, come scrivono, sbagliano". Figlia di un editore di messali e di breviari, settima di otto sorelle, innamorata del Gianni Morandi di Occhi di ragazza, eletta nel 1999 alla guida di una lista "autonoma e apolitica", quella che i giornalisti chiamano "Giustina Strucòn" per l'entusiasmo con cui palpa e stropiccia chi le capita sotto tiro ("Me racomando: fame un bell'articoleto!") non viene, in realtà, da destra. Anzi: vecchia amica di Rosy Bindi e di Massimo Cacciari ("La Giustina? Per carità, brava a servire il tè, ma come sindaco..."), fino a un attimo prima di candidarsi era considerata di sinistra. Tanto da aver fornito lei, all'Ulivo, la sede padovana. A farle girar la testa, politicamente si capisce, fu Silvio Berlusconi: "Mi piace dialogare con tutti, ma l'unico vero rapporto è con lui" ha spiegato a Monica Setta di "Amica". "Pensi, una volta, saputo che ero a Roma per una riunione, l'ho visto piombare all'improvviso "solo per un salutino". Dite voi: cosa si può avere di più? "Un grande leader, pieno di charme." Charme che un paio di anni dopo le elezioni, vinte dicendo che il sindaco uscente Flavio Zanonato "ha saputo tenere bene il timone" ma che Padova aveva "bisogno di volare più alto", non riconoscevano più a lei non solo gli avversari, ma neppure molti di coloro che l'avevano sostenuta. Come il presidente di Unindustria, Luigi Rossi Luciani, o quello dell'Unione artigiani Padova, Walter Dalla Costa, uniti nel chiederle di mantenere la promessa di tenere alla larga i partiti e di dare finalmente qualche segnale vero di cambiamento. Un anonimo "Pasquin Padovan" le ha fatto dono di una filastrocca, diffusa a tappeto in centinaia di fotocopie negli uffici comunali: "La vispa Giustina / davvero non sa / che ridono tutti / di lei in città? /"Sioréta"..."Sempiéta", /"Madama Strucòn" / e lei, creatura / che manda bacioni! / E bacia Silvietto / e bacia Galan / e bacia anche il gatto / per non far pata-pam /... / La vispa Giustina / che è nata ulivista / sarà mai un killer / per il mondo forzista? / Da quando comanda / in questa città / l'Ulivo è cresciuto / e che bene che sta!". Lei, donna caparbia e volitiva, ha tirato diritto. Convinta che il futuro le avrebbe dato ragione. Alla faccia delle leggende metropolitane che ormai impazzano. Come quella di un colloquio surreale, alla presenza di testimoni, con Vittorio Sgarbi che diceva: "Oooh! Il Santo! Che meraviglia! Che spazi! Che volumi! Che affreschi!". E lei: "Peccato per il chiostro". "Scusa?" "Il chiostro!" "Se i chiostri sono bellissimi!" "Ma Vittorio: il chiostro dei giornali!" Vero? Falso? Boh... Certo è autentica la risposta pubblicata alla domanda di Monica Setta su tre libri da salvare: "Il Gattopardo, Delitto e castigo e l'opera omnia di Bruno Vespa". Immortale. Degna di un'intellettuale così colta da essere proposta da acuti amici di partito, al momento della svolta, quale ministro dei Beni culturali al posto di Giovanna Melandri: "No grassie" ha risposto lei pudicamente, "resto a fare bene il mio mestiere di sindaco". E degna del ruolo prestigioso che a Giustina è stato assegnato: presidente del Comitato di gestione della fondazione Campiello che assegna l'omonimo premio letterario. Fondazione già arricchita dall'apporto di Luigi Finco, padrone del mercato mondiale dei pollai e autore qualche anno fa di uno scambio di battute fantastico con Gae Aulenti: "Sa architetto che son un poco architetto anca mi?". "Ah, sì, caro? E cosa costruisce di bello?" "Fasso gabie par le galine". Un mito. Peccato non abbia mai deciso di buttarsi in politica. Sarebbe in buona compagnia". (...)
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10 ottobre 2001 rs031 |
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