I muri che isolano Giustina-Penelope
di Mariano Maugeri
A chi parlava il sindaco Giustina Destro quando ha chiuso la tre giorni degli Stati generali? A chi? Ai padovani che l'hanno votata e ora aspettano legittimamente la traduzione in fatti della loro scelta politica? Oppure a quelli che il professor De Rita chiama i corpi intermedi, singoli pezzi che insieme formano la società civile? O forse ai suoi colleghi che siedono in consiglio comunale, provinciale e persino in quello regionale? Noi non l'abbiamo capito. O meglio, abbiamo capito che apparentemente il sindaco parlasse a tutti, mentre nella sostanza si rivolgeva alla squadra che con lei governa la città. E quando citiamo la squadra non ci riferiamo solo ai assessori, ma soprattutto ai burattinai - presunti o reali - che in questa squadra di Governo sono tanti, forse troppi.
Quelli cioè che tentano di orchestrare una politica cittadina sempre più sbiadita e ondivaga.
A queste voci nascoste dietro roboanti quanto insignificanti incarichi di coordinamento ( ma chi coordina i coordinatori) il sindaco di Padova l'ha detto chiaro e tondo : "La gente vuole risposte, è stanca di parole, perde fiducia nella politica se la politica non da risposte". Una frase da imprenditrice-cittadino che Giustina non ha rivolto a se stessa. Dimenticando però che molte delle persone che ronzano attorno sulla parola hanno costruito potere e fortune politiche. A costoro - forse esagerando e soprattutto tradendo uno dei precetti liberali che ispirano ogni buon imprenditore - il sindaco di Padova ha suggerito di rimpiazzare la cultura della competizione con quella della cooperazione, la cultura dell'autoaffermazione con quella del dialogo. Un messaggio chiaro, anche questo. Che temiamo però non sarà recepito come il sindaco auspicherebbe.
Padova è diversa: possiede la storia, le intelligenze, il prestigio e la mescolanza che le permetterebbero di diventare davvero il cuore del Nord-Est. "Però le manca il fegato? Alla città o al sindaco?"
A Padova, gente di fegato che correrebbe in soccorso di Giustina-Penelope ce n'è tanta. In primis, quel borghese con la schiena dritta che risponde al nome di Giovanni Marchesini, rettore dell'Università che sarebbe l'orgoglio di qualsiasi sindaco del Bel Paese e che invece troppi padovani considerano come un fastidio in più. E poi i movimenti del volontariato, le imprese, i vari pezzi di città - e non sono pochi - che aderiscono alle iniziative e partecipano ai progetti senza dover chiedere il permesso preventivo a quel movimento o a quel partito.
Ma di quali progetti parliamo? Eccolo il punto. La Destro cita Roorvelt, il presidente americano del New Deal, e dice a chi l'ha eletta alla guida di una lista civica - questo non va mai dimenticato, anche se il sindaco non ha resistito a firmare l'adesione, apparentemente rassicurante, al partito-mamma - "chiedetemi cosa potete fare per l'America". Ogni giorno migliaia di padovani continuano a ripetere cosa possono fare per la loro città: sgobbando, pagando le tasse, costruendo una città tutto sommato vivibile e mediamente civile. Domanda retorica, dunque, che il sindaco dovrebbe rivolgere a se stessa visto che dispone dei poteri per agire.
Cosa può fare la Destro per Padova? Discutere tre anni per partorire il metro tram, già voluto (ma quello si chiamava in un altro modo) dal precedente sindaco? Oppure prendere il coraggio a quattro mani e costruire piano piano una città in cui ogni classe sociale non nutra paura e differenza nei confronti dell'altra: i professori universitari degli imprenditori , i gran borghesi degli studenti, i cittadini della politica, la gente semplice degli immigrati.
Troppi muri invisibili dividono Padova. Una sorta di autismo sociale che non farà mai crescere le radici su cui dovrebbe poggiare l'ambizione di capitale del Nord-Est. L'ultimo muro, quello fresco fresco di malta, lo stanno alzando i maggiorenti del "partito dei coordinatori", che millantando conoscenze e input altolocati hanno lavorato con scaltrezza e meticolosità per isolare Giustina-Penelope dal resto della città.
|