Insieme per vincere in Veneto "Soddisfatto dell'Europa, ma trovo un'Italia molto meno competitiva"
Parte domani pomeriggio da Padova il "giro d'Italia" del presidente Romano Prodi. Il leader dell'Ulivo, che lascerà il suo incarico europeo il 31 ottobre prossimo, lancerà il suo progetto di governo del Paese confrontandosi al centro Papa Luciani della città del Santo a partire dalle 18. Se la scelta unitaria del centrosinistra pare ampiamente fuori discussione, è fondamentale che si inizi a discutere pubblicamente del percorso politico e programmatico che si concluderà (salvo anticipazioni tutt'altro che da escludere) nella tarda primavera del 2006 con le elezioni politiche. Un "intermezzo" importante si avrà con la consultazione amministrativa del prossimo anno, particolarmente rilevante per il nostro territorio. In Trentino Alto Adige il centrosinistra è già al governo, così come nel Friuli Venezia Giulia dove Riccado Illy ha portato al successo la lista "Intesa Democratica" sostenuta dai partiti di centrosinistra. Il Veneto diventa dunque un "campo di battaglia" sul quale si decideranno in buona parte le sorti anche nazionali delle due coalizioni.
Presidente Prodi, Lei sta esaurendo la sua esperienza al vertice della Commissione europea. Sul futuro dell'integrazione continentale, non solo economica, è più ottimista o più pessimista di cinque anni fa?
Nei cinque anni della mia Commissione, l'Europa ha compiuto tre passi in avanti decisivi nella direzione della propria integrazione: ha realizzato l'allargamento a dieci nuovi paesi e ha lanciato la nuova moneta comune, l'euro, e ha approvato il testo della nuova Costituzione Europea. La risposta alla sua domanda, dunque, è facile e diretta. L'Europa di oggi è incomparabilmente più unita e più avanzata di quella che avevo trovato arrivando a Bruxelles cinque anni fa. E, dato che a questo straordinario risultato si è arrivati anche, e non poco, grazie alla costante e spesso solitaria pressione esercitata dalla mia Commissione, è non solo con una grande soddisfazione ma anche con più di un pizzico di orgoglio personale che posso fare questa constatazione. La gioia per quanto siamo riusciti a fare non mi rende, tuttavia, cieco di fronte alle difficoltà e ai rischi che ci troviamo di fronte. Per quello che riguarda la Costituzione, si apre adesso il processo della ratifica da parte di ciascuno dei venticinque paesi membri dell'Unione, un processo che richiederà un impegno grandissimo da parte di tutti. Più in generale, ciò che mi preoccupa è l'atteggiamento nei confronti dell'Europa e della sua integrazione di molti governi nazionali. Di fronte alle sfide che si pongono in un mondo sempre più aperto alla concorrenza e ad problemi (dalla sicurezza alla pace, dalla protezione dei consumatori alla salute, dalla regolazione del commercio internazionale al clima), nessuno può più illudersi di affrontarla da solo. Ebbene, di fronte a queste sfide e a questi problemi molti, troppi governi nazionali reagiscono puntando sulla chiusura e sulla protezione. E non capiscono che solo l'Europa, la grande Europa dell'allargamento e dell'euro, ha le risorse, le dimensioni e la forza necessarie. Come dice il mio amico Pier Luigi Bersani, per affrontare la Cina "ci vuole il fisico".
Quali indicherebbe come punto più alto e punto più basso della sua esperienza a Bruxelles?
Il momento più emozionante è stato forse quello che ho vissuto a Gorizia quando, nella notte dell'allargamento, abbiamo abbattuto l'ultimo muro che ancora divideva in due l'Europa. Ma un altro momento di grande gioia lo vivrò e lo vivremo tutti proprio l'ultimo giorno di lavoro della mia Commissione, il 29 ottobre. Quel giorno, infatti, a Roma firmeremo la nuova Costituzione Europea. Quanto al momento più basso, non so, in tutta sincerità, cosa risponderle. Sarà che sono stati cinque anni straordinari, sarà che sono portato a guardare avanti, ma, anche se abbiamo dovuto combattere molte battaglie, non ricordo alcun momento di vero scoramento. No, sono stati proprio cinque anni molto belli.
Lei è già rientrato a pieno titolo nell'agone politico italiano. Rispetto a cinque anni fa riscontra differenze? E se sì, in meglio o in peggio?
In peggio, molto in peggio, trovo l'economia italiana, con i conti pubblici in una situazione di gravissimo squilibrio e una competitività internazionale seriamente indebolita. E in peggio, di nuovo in peggio, trovo lo stato generale della società. Il paese ha voglia e bisogno di unità, di coesione, di concordia, ma le scelte operate dal governo e dalla maggioranza sono state costantemente scelte di rottura e contrapposizione. In meglio, invece, se guardo alla politica, trovo lo stato del centrosinistra. Nei partiti che si sono uniti nella lista dell'Ulivo e, più in generale, in tutti i partiti del centrosinistra avverto, quali che possano essere le piccole polemiche tra un giorno e l'altro, una ritrovata, solida e credibile voglia di unità.
Pensa di rientrare in Parlamento prima del 2006, attraverso una elezione suppletiva?
No. Ciò che dobbiamo fare, da adesso al momento in cui saremo chiamati a votare, è metterci all'ascolto della società italiana per comprenderne i bisogni più profondi, per elaborare un programma di governo forte, credibile e condiviso. E' a questo lavoro che intendo dedicarmi, viaggiando attraverso tutta l'Italia e coordinando i lavori di coloro che chiameremo per aiutarci ad elaborare il programma di governo della coalizione di centrosinistra.
I partiti del centrosinistra, di cui lei è il leader, danno l'impressione di marciare a corrente alternata cambiando piuttosto spesso direzione di marcia. Sembra così anche a lei?
No, assolutamente no. Pochi giorni fa, a Strasburgo, ho incontrato i deputati eletti al Parlamento europeo nelle lista Uniti nell'Ulivo. Tutti indistintamente hanno confermato il loro impegno a lavorare insieme, coordinandosi su tutte le questioni più rilevanti. Non è che un esempio di una direzione e di una volontà unitarie che vengono, tappa dopo tappa, confermate a partire da quando, giusto un anno fa, lanciai la proposta della costituzione della lista unitaria. E sono sicuro che una nuova e decisiva spinta unitaria verrà per tutto il centrosinistra quando, subito dopo l'estate, inizieremo il lavoro comune sul programma.
Dovesse scegliere lei senza i tradizionali condizionamenti partitici, alle prossime elezioni politiche preferirebbe ripetere l'esperienza tutt'altro che negativa della lista unica come nelle ultime elezioni europee o puntare tutto su una federazione, più o meno allargata, dentro l'Ulivo?
Non ho alcun dubbio che alle prossime elezioni politiche ci sarà, espressione della prima forza politica italiana, il simbolo dell'Ulivo. La strada è tracciata senza incertezza ed è quella che porta dalla lista Uniti nell'Ulivo alla federazione dell'Ulivo.
In Veneto sembra stia profilandosi, per le elezioni regionali del prossimo anno, l'ipotesi di una lista unica da mettere in campo contro il centrodestra, magari una "cosa" analoga ad "Intesa democratica" che ha fatto vincere Illy in Friuli. Lei appoggerà questa ipotesi, se dovesse concretizzarsi, o preferirebbe una certa omogeneità con il quadro nazionale?
Quando il centrosinistra trova l'unità e un candidato, non necessariamente espressione dei partiti, capace di rappresentare questa unità e, allo stesso tempo, di interpretare l'identità, i bisogni e le aspirazioni delle comunità locali, come è stato, ad esempio, proprio per il Friuli con Riccardo Illy o per la Sardegna con Renato Soru, gli elettori rispondono con entusiasmo e fiducia. Perché non dovrebbe essere questo il caso anche del Veneto? Perché - e vado oltre - non dovrebbe essere questo il caso di tutte e quindici le regioni nelle quali si voterà il prossimo anno? Anzi, credo proprio che la scelta in comune, come alleanza del centrosinistra, di tutti i candidati alla presidenza delle amministrazioni regionali dovrebbe essere uno dei nostri obiettivi immediati alla ripresa del lavoro politico dopo le ferie d'agosto. Sarebbe, questo, il modo migliore e più forte per segnalare la nostra volontà e la nostra capacità di stare insieme.
Il Veneto, dal 1970, è sempre stato governato o dalla Dc o da Forza Italia (con vari alleati). Oggi il centrosinistra governa in cinque comuni capoluogo su sette (solo Treviso e Vicenza sono nelle mani rispettivamente della Lega e di Forza Italia). Se il centrodestra perdesse il Veneto, avrebbe perso tutto il nord-est del Paese. Cosa intende fare il centrosinistra, soprattutto a livello nazionale, per tentare questo clamoroso "ribaltone"?
Ciò che dobbiamo fare è semplice. Dobbiamo proseguire sulla strada dell'unità e dell'attenzione ai bisogni veri del paese. Dobbiamo ascoltare l'Italia e, in questo caso specifico, dobbiamo ascoltare il Veneto: le sue donne, i suoi uomini, i suoi giovani, i suoi lavoratori, i suoi imprenditori. Il Veneto è nel cuore dell'Italia più innovativa, più consapevole della dimensione europea, più capace di crescere e di costruire un grande futuro. Rispondere alle esigenze del Veneto equivale a rispondere alle esigenze di tutta l'Italia. Come lei stesso ha ricordato, le elezioni provinciali stanno a dimostrare che l'Ulivo e il centrosinistra hanno capito il Veneto. Le elezioni regionali del 2005 sono il prossimo appuntamento.
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