RASSEGNA STAMPA

Il Gazzettino
9 maggio 2003
di Antonio Prezioso

Oggi ricorre il venticinquesimo anniversario dell'omicidio del politico ad opera delle Br
"Quel giorno, con Crescente e Moro"
Antonio Prezioso, allora segretario Dc, riscrive le tappe della visita padovana dello statista

Aldo Moro , della cui tragica morte ricorre oggi il venticinquesimo anniversario, ebbe con Padova rapporti cordiali, favoriti dalla presenza di Luigi Gui, suo sincero estimatore e fedele collaboratore. Di Padova perciò egli fu spesso ospite, sia come membro del governo sia come autorevole esponente della D.c. Quella che intendiamo ricordare è una giornata del tutto particolare (31 marzo 1968), vissuta da Aldo Moro , allora presidente del Consiglio, durante la campagna elettorale politica del 1968, quella che avrebbe giudicato il governo di centro-sinistra, da lui tenacemente perseguito e accortemente diretto. Le tappe di quella intensa giornata: S.Messa all'Istituto Gregorium, discorso al teatro Verdi, visita ad Abano Terme, ritorno a Padova per l'inaugurazione del monoblocco ospedaliero, incontri con gli amministratori e le popolazioni di Monselice, Este, Montagnana, e infine, a sera inoltrata, di Piove di Sacco; piazze sempre e affollate e accoglienza calorosa. Di questa giornata il momento forse più significativo è stato il discorso pronunciato al teatro Verdi, per l'occasione gremitissimo. Si trattava per Moro di fare il bilancio della legislatura appena conclusa, difficoltà e realizzazioni. Ma l'attenzione di Moro era rivolta in particolare all'evoluzione della società italiana e alle nuove esigenze e sensibilità dei giovani: questa società è cresciuta in questi anni di intensa vita democratica (...) più di quanto le strutture politiche e amministrative non si siano a loro volta evolute. Essa è diventata più matura, ma anche più esigente e nutre perciò aspirazioni di rinnovamento, di benessere, di giustizia in una misura e in un modo che l'iniziativa del Parlamento, del governo e dei partiti non riesce sempre a controllare.
Come avrebbe potuto la società concorrere allo sviluppo armonioso e non tumultuoso del nostro paese? Dobbiamo auspicare - rispondeva Moro - sì una azione politica più rapida e incisiva, ma anche una società non già docile e rinunciataria, ma capace non solo di indicare esigenze, ma anche di offrire strumenti idonei per soddisfarle in un costume civile più severo e in una maggiore e più consapevole partecipazione all'esercizio del potere. Oltre alla politica dello sviluppo economico programmato, anzi inserita in essa, era essenziale per Moro l'attenzione ai giovani e alla scuola, il cui rinnovamento qualificativo era insieme causa ed effetto del profondo movimento di idee e di aspirazioni che scuote il mondo giovanile e tocca l'Università, per raggiungere poi in forma critica ed ansiosa le strutture generali della nostra società. Dopo l'analisi, la proposta: "Io vorrei, con la più grande cordialità e comprensione (...) invitare i giovani a tornare alle loro Università, forti del nuovo dovere di partecipazione che hanno rivendicato e ottenuto, per compiervi i loro studi in un'atmosfera di dialogo". Non dimentichiamo che questo discorso veniva pronuncito agli inizi del 1968, anno di profondi mutamenti e rivolgimenti nell'universo giovanile, il quale in seguito non trovò la stessa sensibilità nella classe di governo.
Moro toccò poi la riforma dello Stato e la necessità ormai improcrastinabile della formazione delle Regioni: ai critici delle Regioni (...) vorremmo chiedere se essi non sentano che in questa poca, di fronte a certe inquietudini, di fronte alla spinta dei giovani, le regioni (...) non siano un utile dato nuovo nella nostra società. Occorsero però altri due anni per raggiungere questa meta. A conclusione del suo appludito discorso Aldo Moro , dopo aver ricordato le principali riforme realizzate dal suo governo, osservava che non si tratta tanto di contare, quanto di riconoscere le direzioni di marcia. Ebbene noi siamo con i tempi, non siamo con la storia (...). La direzione di marcia è quella che come democratici abbiamo fissato. Questi richiami a un discorso di trentacinque anni fa non hanno un forte sapore di attualità? L'uomo politico, lo statista che sa interpretare e guidare la società della quale è responsabile si riconosce dalla sua perenne attualità, dalla sua capacità di antivedere e organizzare il futuro; ciò che Moro ha dimostrato più volte di saper fare. Le elezioni del 19 maggio 1968 hanno confermato la funzione di guida della D.c. (+0,8/%) e collaudato il centro-sinistra; Moro però non fu confermato alla presidenza del governo.

VAI ALLA PAGINA PRECEDENTE | STAMPA LA PAGINA | VAI A INIZIO PAGINA


9 maggio 2003
rs-534
home page
scrivi al senatore
Tino Bedin