Chiesa e società. Una proposta in forme nuove
Non sappiamo se sia vero o no, come ha proclamato nei giorni scorsi Ernesto Galli della Loggia, che il cattocomunismo – come aspirazione ad un compromesso, ad un ponte unitario - è morto. È certo tuttavia che è cambiata con velocità accelerata l’agenda del dibattito politico-ideologico a livello non solo italiano. La sinistra rischia di diventare ormai radicalmente “radical”, cioè, stante l’impossibilità di incisivi interventi su un’economia ormai europeizzata o globalizzata, sostituire ogni riferimento “popolare”, con i tic e le ideologie individualistico-libertarie. Rischia di essere oggetto di una opa culturale di quelle ideologie che predicano, come fu durante la rivoluzione francese, “la deconnessione del cittadino da tutte le sue appartenenze”. Colto nella sua individualità il cittadino è titolare di diritti astratti, solo di fronte allo Stato. Oggi il momento è particolarmente delicato perché se è vero che dall’Ottocento in poi il movimento radical liberale si era limitato a secolarizzare, senza cancellarli, i modelli e gli istituti culturali ereditati dalla tradizione cristiana, oggi questo nesso rischia di essere scisso, con conseguenze imprevedibili. Scommettendo su processi profondi di de-cristianizzazione si intende da più parti accreditare l’affermazione tutta ideologica per cui quel che tecnicamente è possibile lo Stato deve consentirlo, ciò che l’individuo preferisce, la legge non deve vietarlo. Ma ad ogni azione corrisponde una reazione. Già alla fine del secolo scorso era emerso un processo di “de-secularistion of the World”, titolo di un noto libro del 1999: l’apprezzamento della valenza culturale ed identitaria della religione è in costante aumento, in reazione ad una sensazione di vuoto pneumatico. Cacciato dalla porta dell’ideologia, il riferimento all’”esperienza elementare incoercibile dell’umano” rientra come aspirazione profonda.
Un momento storico così delicato ed aperto sollecita ovviamente Chiesa e cattolici in forme nuove – e necessariamente unitarie - verso la proposta, l’interlocuzione coraggiosa, senza complessi e tic culturali. Come diceva Maritain a proposito della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, “sui diritti dell’uomo possiamo metterci d’accordo, a condizione che non ci si domandi il perché”: un accordo pratico sui valori è possibile. A patto che, come è avvenuto a metà del XX secolo, il sostrato sia comune. Oggi c’è da occuparsi con cura e con passione vigorosa proprio di questo sostrato. Di qui l’insistere sui principi “non negoziabili” e anche una forma nuova di intervento ecclesiale. Che meno che mai è oggi finalizzato a difendere posizioni di potere o a strillare anatemi o condanne, ma è invece proteso al bene comune, tema che sarà oggetto della settimana sociale del centenario, nell’ottobre 2007.
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