Intervento dell'agenzia della Cei dopo l'articolo di Galli della Loggia
Il "richiamo" dei vescovi: sinistra lontana dal popolo
«C'è il rischio di tic e ideologie individualistico-libertarie»
ROMA — Una sinistra — quella italiana e «non solo» — che ogni giorno si fa più «radicalmente radical», rischiando l'abbandono di ogni riferimento «popolare». Presa in questa deriva, essa non si avvede che dietro la proposta cattolica dei «principi non negoziabili» non c'è un interesse di parte, ma la preoccupazione per il «bene comune».
L'agenzia «Sir», che fa riferimento alla Cei, ha mosso ieri questa critica frontale al radicalismo di sinistra, forse la più decisa che sia venuta dal mondo cattolico lungo l'ultimo anno, cioè a seguito dell'incoraggiamento a contrattaccare che questo mondo ha ricevuto dal risultato del referendum sulla fecondazione assistita.
Punto di partenza della nota è l'articolo di Ernesto Galli della Loggia «Sinistra e valori» pubblicato domenica dal Corriere della Sera. Il Sir ne condivide l'idea che «è cambiata con velocità accelerata l'agenda del dibattito politico- ideologico a livello non solo italiano».
«La sinistra — scrive poi l'agenzia dei settimanali cattolici — rischia di diventare ormai radicalmente "radical"», sempre meno mira a «incisivi interventi su un'economia ormai europeizzata o globalizzata » e «sostituisce ogni riferimento "popolare" con i tic e le ideologie individualistico- libertarie».
Ma «colto nella sua individualità il cittadino è titolare di diritti astratti, solo di fronte allo Stato». Così «cogliendolo» — prosegue la nota — la sinistra «rischia» di contribuire al trionfo dell'individualismo e di smarrire la propria tradizionale attenzione alla socialità. E' una strada che «il movimento radical-liberale» batte da tempo, ma che oggi vorrebbe «scissa» dalla «tradizione cristiana», con «conseguenze imprevedibili».
L'«imprevedibile» non viene nominato, ma riguarda le frontiere della vita e il destino della famiglia: «Scommettendo su processi profondi di de-cristianizzazione si intende da più parti accreditare l'affermazione tutta ideologica per cui quel che tecnicamente è possibile lo Stato deve consentirlo, ciò che l'individuo preferisce, la legge non deve vietarlo».
Il Sir osserva però che «ad ogni azione corrisponde una reazione» e che «cacciato dalla porta dell'ideologia, il riferimento all'esperienza elementare incoercibile dell'umanò rientra come aspirazione profonda».
Ed ecco che da alcuni anni «l'apprezzamento della valenza culturale e identitaria della religione è in costante aumento». Ed ecco infine che «un momento storico così delicato e aperto richiede e sollecita Chiesa e cattolici in forme nuove — e necessariamente unitarie — verso la proposta, l'interlocuzione coraggiosa, senza complessi e tic culturali».
C'è da ricostruire un «sostrato comune» perché si abbia un «accordo sui valori». «Di qui — conclude il Sir — l'insistere sui principi "non negoziabili" e anche una forma nuova di intervento ecclesiale». Che non mira a «difendere posizioni di potere o a strillare anatemi», ma è «proteso al bene comune».
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