I poli inseguono i cattolici: molti di loro tra gli indecisi
Ieri, gran parte della giornata politica è stata occupata dalle discussioni sull'eventuale presenza del presidente del Consiglio e di altri leader italiani all'udienza concessa dal Papa in occasione del congresso ppe, a pochi giorni dalle elezioni. E si è ripetutamente formulato il quesito già posto in molte precedenti occasioni: quanto «conta» per la campagna elettorale un incontro col Papa? In realtà, nessun avvenimento o gesto di questo o quel leader ha in sé conseguenze precise e misurabili. L'effetto parziale di ciascuna occasione si somma a quello di altre, in un processo di sedimentazione progressiva che, esso sì, può portare, nel suo insieme, alla formazione o al mutamento delle opinioni.
Tuttavia, il caso dell'udienza papale assume un significato e una importanza particolari, in quanto evoca direttamente l'annosa questione delle scelte di voto dei cattolici e del potere - diretto e indiretto - della Chiesa nell'orientarle.
I cattolici praticanti costituiscono ancora oggi una porzione assai ampia di elettorato: grossomodo un terzo, con una accentuazione tra i più anziani (e, quindi, tra le donne poiché hanno la fortuna di vivere più a lungo) e i residenti al Sud. La loro numerosità, tuttavia, è di gran lunga minore rispetto a qualche decennio fa. E, ciò che è più rilevante, il rapporto tra scelte politiche e convinzioni religiose è decisamente più flebile, molto meno netto e determinato di un tempo. Tanto che i cattolici praticanti si trovano ora in misura significativa tra i votanti di tutti i partiti, a destra come a sinistra. Con una comprensibile maggiore presenza nell'Udc o nella Margherita e una minore, ad esempio, in Rifondazione.
Perché dunque si continua a discutere così animatamente dell'orientamento di voto dei cattolici? La ragione sta nel fatto che, malgrado si trovino in tutti i settori del continuum sinistra-destra, i cattolici praticanti si collocano in misura più accentuata proprio là dove il mercato elettorale è più competitivo. Vale a dire, tra gli elettori dei partiti di centro e, specialmente, tra i possibili astenuti, coloro che sin d'ora dichiarano l'intenzione di non recarsi al voto.
Proprio quest'ultimo settore costituisce oggi il target privilegiato della comunicazione di entrambe le coalizioni, impegnate più a sollecitare i propri consensi potenziali - specie quelli di chi è tentato dall'astensione - che a provare - impresa assai più difficile - a sottrarne allo schieramento avversario. Il risultato delle prossime elezioni dipenderà soprattutto dalla capacità dell'uno o dell'altro polo (in particolare il centrodestra, che sta cercando di colmare il gap negativo che tuttora lo separa dall'unione) di persuadere gli astenuti potenziali a recedere dall'orientamento oggi dichiarato e a scegliere di votare. È probabile dunque che anche la più rilevante presenza di cattolici praticanti tra gli astenuti potenziali possa aver contribuito ad attizzare il fuoco delle polemiche di queste ore.
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