ROMA - Nella Margherita il Ppi porterà le sue radici politiche e ideali, ma anche la sua concezione dello Stato, delle istituzioni, del Parlamento. Con la convinzione che l'approdo che verrà sancito dall'ormai imminente Congresso di Parma non sarà una tappa intermedia verso la costituzione di un partito unico dell'Ulivo, ma il convinto incontro tra la tradizione cattolico riformista e quella liberaldemocratica. É il senso di questa intervista che Nicola Mancino, ex presidente del Senato, ha rilasciato al Sole-24 Ore.
Il Ppi confluisce nella Margherita, ma gli ideali del popolarismo restano tutti. Si spiega così la confluenza degli ex democristiani nel nuovo soggetto politico?
Certamente non avremmo mai detto di sì alla Margherita se non avessimo avuto modo di poter difendere e portare avanti nel nuovo partito, che sarà un soggetto politico plurale, il nostro patrimonio ideale che parte dalla consapevolezza della validità della dottrina sociale della Chiesa. Del resto era chiaro che, dopo la caduta del muro di Berlino, la rottura dell'unità politica democristiana sarebbe stata inevitabile. Questo perché, nel precedente sistema politico, la Dc fu capace di tenere insieme non soltanto gli elettori desiderosi di riforme, ma anche molti conservatori. E questi ultimi, finite le forti contrapposizioni sul piano ideale, soprattutto con il Pci, sono inevitabilmente confluiti a destra.
Perché la Margherita sarà un soggetto politico plurale?
Perché in essa ci saranno tanto la tradizione cattolico riformista che quella liberaldemocratica.
Insomma è il definitivo superamento degli steccati tra laici e cattolici. I quali però erano stati già da tempo abbattuti da popolari e democristiani. Visto che nel partito cattolico l'integralismo religioso è stato quasi sempre minoritario.
É stato proprio Luigi Sturzo il primo ad escludere l'integralismo di origine religiosa. Ed in tempi più recenti anche Massimo Cacciari ha ammesso che un partito di ispirazione cristiana può essere garante della laicità.
Eppure lei non ha mai nascosto le difficoltà che per gli ex democristiani poteva venire dall'operazione Margherita. Perché?
Io ho sempre ammonito a guardarsi dal rischio della fretta. la fretta non aiuta: può dividere ma non unire. E anche al Congresso del Ppi ho detto che se per molti la Margherita era un bicchiere mezzo pieno, io preferivo considerarlo mezzo vuoto. Ciò dicendo intendevo farmi carico delle preoccupazioni di molti popolari. Nell'operazione Margherita proprio i meno convinti debbono essere coinvolti come protagonisti. É quello che - sia pure per un'operazione di alleanza programmatica con il Pci - cercò di fare Aldo Moro alla vigilia della solidarietà nazionale con il suo discorso del 28 febbraio del 1978 alla vigilia della solidarietà nazionale. Moro, chiedendo e ottenendo un mandato fiduciario, sottolineò che se il quadro politico fosse andato contro l'interesse del paese, lui per primo avrebbe preso atto del fallimento di quella difficile operazione politica.
Lei, ma anche altri, in occasione del Congresso del Ppi, ha insistito sulla necessità di rilanciare il ruolo centrale del Parlamento. Che significa? Che l'attuale maggioranza non tiene conto del ruolo delle Camere?
Siamo dinanzi a una significativa trasformazione del sistema politico. La Costituzione materiale ha, forse, e qui sottolineo le virgolette, "archiviato" la Costituzione formale. Non abbiamo varato alcuna riforma presidenzialista, ma conviviamo con un presidenzialismo mai approvato e con un sistema parlamentare che con le elezioni del 13 maggio ha perduto la sua centralità.
Perché?
Perché, mettendo i nomi di Berlusconi e di Rutelli sulle schede elettorali, si è votato per il leader. Il corpo elettorale ha scelto il suo capo di governo. Sarà difficile oggi sostenere che una crisi di governo non porta alle elezioni anticipate. In pratica si è alterato in senso presidenziale il sistema politico, senza aver creato i necessari contrappesi nel rapporto Governo-Parlamento. La maggioranza spesso tace e frequentemente vota. L'opposizione non sempre trova interlocutori in Parlamento. Anche per questo, al Congresso del Ppi, ho chiesto a Rutelli di mettere il problema del recupero della centralità del Parlamento tra i temi principali del Congresso della Margherita.
Lei ha presentato in questa settimana una proposta di riforma elettorale sulla base del modello tedesco, sottoscritta da altri autorevoli parlamentari, tra i quali spicca il nome di Francesco De Martino. Quale il senso dell'iniziativa?
I promotori di questa iniziativa, non impegnativa nei confronti dei rispettivi gruppi parlamentari, con l'introduzione del Cancellierato (premier eletto dal Parlamento) e della sfiducia costruttiva e grazie alla soglia di sbarramento del 5% intendono contenere la frammentazione che caratterizza le attuali coalizioni. Grazie agli accordi preventivi sui collegi uninominali, e non ho dubbi sulla legittimità della loro elezione, nelle coalizioni sono stati favoriti parlamentari appartenenti a partiti che non hanno superato l'attuale soglia del 4 %. Una situazione questa che dovrebbe spingere tutti ad avere nei confronti di questa iniziativa e più in generale del modello tedesco, maggiore attenzione che non in passato.
Ma proprio in questi giorni l'Udeur di Mastella ha deciso di non entrare nella Margherita, chiedendo garanzie per la permanenza nell'Ulivo...
Sbaglia Mastella a dare la sensazione di una sua collocazione precaria. Ma sbaglierebbero anche gli altri a pretendere di più. dal momento che l'Ulivo - proprio in quanto coalizione - può continuare ad avere tra le sue fila il movimento di Mastella nella sua autonomia.
Torniamo alla Margherita. Si ha quasi l'impressione che il nuovo partito nasca nell'attesa del ritorno di un deus ex machina che attualmente è impegnato a Bruxelles. É così? E quale è ora, nella Margherita, il ruolo di Rutelli?
Prodi è, ed è stato e resta una grande risorsa. Tuttavia Rutelli è il leader dell'Ulivo (non vedo alternative), ma contemporaneamente deve essere il garante della coesistenza delle culture diverse presenti nella Margherita. La quale non è e non dovrà essere un transito, una tappa verso un soggetto politico nuovo. Parafrasando uno slogan dei Ds penso ad una grande Margherita in un grande Ulivo, coalizione di partiti diversi.