PADOVA

LA POLEMICA. Nell'incontro con parlamentari e amministratori l'appello a liberarsi dall'ossessione per il consumo
Il vescovo: no alle aperture domenicali
«I centri commerciali sono un attentato alla libertà religiosa»

di Filippo Tosatto
Il Mattino di Padova, 16 dicembre 2001

PADOVA. Parlamentari e amministratori a scuola di politica dal vescovo. Che nell'incontro natalizio non risparmia critiche alla città del Santo «ossessionata dalla rincorsa al profitto e al consumo» e boccia le ideologie collettivista e liberista in nome di una "terza via", quella del «personalismo comunitario». Discorso di ampio respiro, quello di Antonio Mattiazzo. Che definisce «attentato alla libertà religiosa» l'apertura domenicale degli ipermercati. Conferma il dialogo interreligioso ma lamenta che «l'Islam riconosce i diritti dei musulmani, un po' meno delle musulmane, senza concepirli però come valori universali». E critica l'esasperata «flessibilità» del modello economico del Nordest perché produce «uomini smarriti che hanno perso il controllo della loro vita». «Spesso esprimo i miei timori al sindaco Destro - aggiunge - ma finora non mi ha dato molto ascolto». Dai politici ampio consenso alle sue parole, con battibecco fuori programma tra l'azzurra Casellati e l'ulivista Giaretta.
«Escludo in modo categorico ogni volontà di dominio su una sfera, quella delle scelte di natura politica, di vostra competenza». Comincia così, con un impegno alla non interferenza, il "discorso ai politici" del vescovo. Ad ascoltarlo, al piano nobile della Diocesi, ci sono sindaci e presidenti, parlamentari e assessori. «Di tutti gli schieramenti» si affretta a precisare don Livio Destro, eclettico delegato pastorale. Annuncia prudenza, Antonio Mattiazzo. Ma, fortunatamente, l'indole battagliera prevale: così l'analisi si fa pungente e la conclusione suona j'accuse verso «questa città che ha smarrito l'anima».
Dapprima, il vescovo di Padova analizza i due pilastri ideologici del Novecento. Il collettivismo marxista, che «concepisce l'essere umano come insieme di rapporti sociali», quindi «molecola di un sistema dove la persona scompare come valore autonomo»: perciò i diritti fondamentali «vengono riconosciuti allo Stato anziché all'individuo»; una visione inaccettabile per i cattolici ma non priva di risvolti apprezzabili, dalla sensibilità verso la «natura sociale dell'uomo» all'obiettivo di una «distribuzione equa delle risorse». Ma l'utopia comunista appartiene al passato, oggi viviamo il trionfo del mercato globale perciò la critica al liberismo si rivela più severa e articolata. Perché nella società del mercato «l'unico valore è la sfrenata libertà individuale e ogni uomo è il dio di se stesso» con i corollari di edonismo e relativismo morale «che esaltano la ricchezza e il piacere ma ignorano la sofferenza, fino a rimuovere l'idea stessa della morte».
«Non è vero che il capitalismo genera automaticamente benessere» si accalora Mattiazzo «spesso, anzi, provoca squilibri e aggrava le ingiustizie». Persino gli Stati e i Governi sono «bypassati» dai colossi economici che inseguono esclusivamente il profitto. Bocciati questi modelli, antagonisti ma accomunati dalla negazione del primato dell'essere umano, il capo della Diocesi rilancia il «personalismo comunitario» caro alla dottrina sociale della Chiesa. Dove «la persona è sempre fine e mai strumento». Dove la proprietà privata è «riconosciuta come un diritto ma accompagnata da un'ipoteca sociale». Dove l'uomo si realizza pienamente nella «socialità». Freud definisce la religione come binomio di illusione e nevrosi: «Se è così, allora occorre cercare il paradiso sulla terra: ma le democrazie agnostiche, che ingannano la gente promettendo felicità a buon mercato, raccoglieranno enormi fallimenti». Fin qui, l'esame teoretico. Ma vescovo combina la teoria alla prassi e guarda alla realtà che lo circonda, alle "spine" della sua diocesi: «In questa città non è più possibile svolgere catechesi perché la scuola trattiene i ragazzi dalla mattina alla sera; e alla domenica non c'è il tempo di andare a messa, bisogna correre a fare acquisti nei centri commerciali che il Comune autorizza all'apertura. E' un attentato alla libertà religiosa, non trovo altra definizione accettabile, e si vale del sostegno delle istituzioni».
Immigrati, Islam, cristiani: «Abbiamo digiunato insieme, il dialogo è aperto ma occorre sincerità. Per noi i diritti umani prescindono da fede, sesso o etnia. L'Islam crede nei diritti dei musulmani e, un po' meno, delle musulmane: non li concepisce come patrimonio universale. E' una differenza che investe il concetto stesso di democrazia». Consueta frecciata sul fronte della prostituzione - «legalizzare il mercato del corpo umano equivale a un abominio» - e tirata d'orecchie alla Regione Veneto, che nel suo documento d'intenti sulla droga «ignora la dimensione antropologica del problema», limitandosi a una visione «materialista e tecnicista» del disagio di una generazione. Critiche taglienti anche al fatidico «modello Nordest», con la sua flessibilità fondata sulla mobilità e sul rischio: «Vedo valori frammentati e uomini smarriti che hanno perso il controllo della loro esistenza, ridotta a una serie di episodi casuali, privi di finalità».
Dura un'ora l'orazione di Antonio Mattiazzo, seguita dagli interventi della platea. Tutti prodighi di elogi e, per la maggior parte, non proprio indimenticabili. Ma è la replica conclusiva del vescovo a riservare nuove scintille: «La Chiesa vuole camminare con voi, nella distinzione dei ruoli. Non temo il male, so che non avrà l'ultima parola, ma il futuro di Padova mi fa paura: di questo passo, che futuro avremo? Spesso la mia missione impone parole scomode, più volte ho esposto al sindaco i miei timori ma finora non mi dato molto ascolto». Al suo fianco, don Livio sorride e alza gli occhi al cielo... «Abbiate pazienza» si congeda il vescovo «io amo la franchezza e non ho egemonie da difendere: stavo benissimo in Africa, posso tornarci».

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9 dicembre 2001
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