PROVINCIA DI PADOVA

Saluto alla Conferenza provinciale dell'Anpi
Italiani subito cittadini,
grazie alla Resistenza

Dalla lotta armata all'organizzazione della rappresentanza democratica

L'Associazione nazionale partigiani d'Italia, comitato provinciale di Padova, ha tenuto una Conferenza di organizzazione a Padova, sabato 17 maggio nella sala polivalente di via Diego Valeri. Nel dibattito è intervenuto tra gli altri il senatore Tino Bedin, parlamentare dell'Ulivo, che ha proposto alcune idee anche sull'attualità politica. Riportiamo il saluto di Tino Bedin.

saluto di Tino Bedin senatore dell'Ulivo

Le ragioni della Conferenza provinciale di organizzazione dell'Anpi padovana motivano la presenza, un saluto, ma soprattutto la condivisione. L'Associazione nazionale partigiani d'Italia si vuole rafforzare "per meglio affrontare un momento particolarmente difficile per la tenuta democratica del Paese".
L'attività parlamentare conosce direttamente questi rischi e non solo sui temi dei rapporti fra istituzioni, che sono quelli più gravi e delicati.

Una comunità si fonda sulla verità. In queste settimane il Parlamento ha definitivamente approvato la costituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sull'Armadio della Vergogna, cioè sull'occultamento di fascicoli riguardanti le stragi nazifasciste nella seconda parte dell'ultima guerra. Il disegno di legge è stato alla fine approvato con una ampia maggioranza, ma non è stato facile in Senato evitare manovre dilatorie e soprattutto il tentativo di mettere sullo stesso piano Resistenza e Repubblica di Salò: come se alla prima non fosse dovuta la dignità della patria nella fase conclusiva del conflitto e dopo il conflitto, mentre la seconda si è caratterizzata per l'appoggio al nazismo.
La pietà per i caduti, per tutti i caduti, non può e non deve fare velo alla valutazione storica. Una comunità, ogni comunità, si fonda sulla propria verità: senza il coraggio della verità, senza il desiderio di verità, una comunità non dura nel tempo. Lo sanno bene gli autentici democratici.
Il Presidente della Repubblica federale tedesca, Johannes Rau, è un democratico. Merita di ricordare le parole che ha pronunciato a Marzabotto il 17 aprile 2002 in occasione della sua visita, assieme al presidente Ciampi, sui luoghi dell'eccidio compiuto nella provincia bolognese dal 29 settembre al 1o ottobre 1944, dove morirono 955 civili, uccisi dai nazifascisti. Ha detto Johannes Rau: "Quando penso ai bambini e alle madri, alle donne e alle famiglie intere, vittime dello sterminio di quella giornata di cinquantotto anni fa, in cui dei tedeschi hanno portato violenza e immenso dolore a Marzabotto, mi pervade un profondo senso di dolore e vergogna. Mi inchino davanti ai morti".

Disarmarono i loro cuori. In queste settimane, l'Unione Europea sta scrivendo il suo primo Trattato Costituzionale, nel quale metterà in comune non solo la propria politica e la propria economia, ma anche i propri valori, la propria storia. Il riferimento all'Europa, all'Unione europea è riecheggiato negli interventi di questa mattina. Giustamente l'Europa è un riferimento. Ancora di più è necessaria la comune consapevolezza storica, lo sforzo per togliere ombre e silenzi, in modo che possiamo riconoscerci senza riserve in una comune cittadinanza.
Di questa cittadinanza, e i partigiani italiani ce lo hanno insegnato e ce lo ricordano, fa parte integrante la pace. Finita la guerra, finita la necessità della Resistenza non si sono solo lasciate le armi, si sono disarmati cuori: è una lezione che vale per oggi; una lezione scritta nell'articolo 11 della nostra Costituzione.

Contro la pace, contro la Costituzione. La maggioranza di Destra e il presidente del Consiglio stanno attaccando la Costituzione repubblicana su molti fronti: sul piano formale, ma anche su quello sostanziale dei valori e della cittadinanza.
In questi mesi l'attacco al valore fondante della pace è stato continuo. Non c'è stata ambiguità, purtroppo, nella posizione italiana di fronte alla guerra. Vedete come l'Italia è entrata in guerra in Iraq: non poteva farlo quando si trattata di attaccare formalmente, ma il governo si è schierato apertamente a favore dell'invasione; lo fa oggi, inviando senza un voto del parlamento tremila soldati al di fuori delle decisioni dell'Onu o di altri organismi multilaterali.
Fingendo a se stesso, mentendo al Parlamento il governo aveva detto che l'intervento italiano in Iraq sarebbe stato umanitario e che le Forze armate dovevano servire a proteggere gli aiuti umanitari. Ora smentisce se stesso, ma era inevitabile, perché l'arruolamento dell'Italia era avvenuto ben prima che cominciassero le operazioni militari in Iraq. Io ho votato contro l'invio dei tremila carabinieri anche perché ricordavo che quando ancora si cercava di evitare la guerra, il governo americano aveva detto che dopo il conflitto ci sarebbe stato bisogno di carabinieri italiani. E' puntualmente avvenuto. L'ordine è partito da Washington, al governo e al parlamento italiani non è rimasto che obbedire.
E così anche l'Italia si è iscritta tra i co-belligeranti e i co-occupanti.
Non è quello che prevede la nostra Costituzione, non è quello che abbiamo costruito con la nostra storia.

Un impegno per i futuri sindaci. Nella nostra storia, nella nostra Costituzione abbiamo però le indicazioni per capire quello che è giusto. In base a queste indicazioni non dovremmo essere ora in Iraq sotto la guida degli inglesi.
Si tratta di una convinzione diffusa nell'opinione pubblica, che non ha ammainato le bandiere della pace quando Saddam Hussein è scomparso. Ora questa convinzione deve tornare dentro le istituzioni.
La Repubblica, fortunatamente, non è fatta solo da un presidente del Consiglio che presenta certificato medico per non essere presente alle celebrazioni del 25 aprile. La Repubblica è anche l'insieme delle autonomie locali.
L'anno prossimo si svolgeranno le elezioni municipali generali. Io credo che potremmo chiedere che nei programmi dei candidati sindaci e delle coalizioni che li sostengono ci sia l'impegno a lavorare per questa consapevolezza attraverso iniziative che facciano rivivere i contenuti della Resistenza e attualizzino quella esperienza. Il mandato amministrativo coprirà infatti il sessantennio della Resistenza e della Liberazione; un appuntamento non solo da celebrare, ma da vivere come impegno per il presente.

Le differenze con la "liberazione" dell'Iraq. Parlo dei municipi, perché essi costituirono nella primavera del 1945 il luogo in cui la Resistenza dimostrò di essere prima di tutto e soprattutto uno strumento di democrazia e di pace, pur avendo dovuto fare ricordo alla lotta armata.
Tra gli armamentari della propaganda revisionista di questi anni c'è anche la presunzione che comunque la storia italiana sarebbe andata così come è andata, anche senza la Resistenza, anche senza i partigiani; che bastavano gli americani.
La tragedia dell'Iraq è lì a dimostrarci esattamente il contrario. In Iraq gli aglo-americani non solo degli "alleati", ma degli occupanti perché in Iraq non c'è stato un movimento popolare di resistenza, perché l'esercito angloamericano ha fatto tutto da solo; la caduta del regime sanguinario di Saddam non è stata anticipata da forze locali. Così ora si trovano a dover discutere da sudditi.
Non gli italiani: proprio grazie alla Resistenza abbiamo conquistato sul campo il ruolo di alleati e soprattutto - al di là della lotta armata - abbiamo potuto mettere in piedi fin da subito istituzioni locali e nazionali rappresentative. Noi siamo stati subito, qui a Padova, in tutto il Veneto, non sudditi ma cittadini. Lo siamo da allora: padroni del nostro destino, oltre che della nostra vita. E non per un regalo venuto da fuori, ma per il prezzo pagato dalla Resistenza.

17 maggio 2003

VAI ALLA PAGINA PRECEDENTE | STAMPA LA PAGINA | VAI A INIZIO PAGINA


20 maggio 2003
ppd-010
home page
scrivi al senatore
Tino Bedin