POPOLARI

A 100 anni dall'Appello di Don Luigi Sturzo e dei cattolici popolari "A tutti gli uomini liberi e forti" / 3
Un prete che frequenta il popolo
in Sicilia e a Roma

L'orientamento socio-politico di Don Sturzo fin dall'inizio
non è la separazione dalle istituzioni, ma la trasformazione delle istituzioni; non le catacombe, ma la piazza e la società

conversazione di Tino Bedin

La figura del prete organizzatore sociale è una delle più caratteristiche del movimento cattolico italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento. Mons. Cataldo Naro, che è stato arcivescovo di Monreale ma anche storico competente del movimento cattolico nella Sicilia che è riconosciuta come la culla del popolarismo sturziano, annota in una delle sue opere: "Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento ogni paese della Sicilia ebbe il suo prete sociale, il suo piccolo Don Sturzo, fondatore della cassa rurale e di affittanze collettive". E lo stesso si può dire del Veneto.
La presentazione di Don Luigi Sturzo e del Popolarismo ha dunque bisogno dello sfondo, seppure solo tratteggiato, cioè del clima politico e sociale italiano negli anni della sua formazione culturale e sociale.

L'attivismo sociale e l'assenteismo politico
Alla fine dell'Ottocento c'è una classe borghese dominante, forte dei suoi meriti risorgimentali, ma priva di un'autentica spinta liberale. Essa si piega a qualsiasi trasformismo pur di conservare il potere. Trionfa il clientelismo, che umilia la politica.
Dall'altra parte ci sono le masse popolari cattoliche, estranee allo Stato per il rifiuto del processo risorgimentale. Una estraneità che è comunque rappresentata in maniera non univoca.
C'è la componente degli intransigenti, quella che alla morte del re titola sui propri giornali "Il re è morto; il Papa è vivo". Sono i continuatori di una battaglia dottrinaria e pratica di rifiuto, spesso astratto, dei principi della Rivoluzione francese, delle conquiste costituzionali, delle varie forme di democrazia, dello Stato liberale. Sul piano pratico sostengono l'assenteismo dei cattolici dalla vita pubblica italiana. Questo assenteismo dottrinario e pratico è rafforzato formalmente dal "Non expedit", il divieto ai cattolici italiani di partecipare alle elezioni e in genere alla vita politica dello Stato italiano, divieto emanato da Papa Pio IX in seguito alla presa di Porta Pia e sanzionato con decreto della Sacra Penitenzieria del 10 settembre 1874.
Nell'Opera dei Congressi, che raggruppa unitariamente le varie organizzazioni dei cattolici, c'è però anche una componente che tiene ferma la difesa dei diritti storici dei cattolici e della Chiesa, ma vi aggiunge la volontà di far emergere i difetti dell'organizzazione statuale e di lavorare per correggerli. Don Sturzo, che è componente dell'Opera dei congressi ed ha all'inizio una posizione intransigente, definisce quest'altra posizione come un ibridismo costituzionale che mescola il religioso col sociale e col politico.
È opportuno ricordare che l'Opera dei Congressi è fondata da Papa Pio IX nel 1874, cioè lo stesso anno del "Non expedit", per dare continuità e coordinamento alle centinaia di associazioni cattoliche che si erano formate sulla spinta dell'enciclica "Quanta cura" (Pio IX, 1864), in modo che venissero colmate le lacune dello Stato in materia di diritti sociali. Per molti l'impegno sociale era una espressione anche politica: esso era concepito come una vera e propria missione volta a sostenere il "paese reale" contro il "paese legale", cioè in contrapposizione allo Stato risorgimentale.
Il contenuto politico di questa attività era particolarmente popolare, perché si sviluppava nel campo amministrativo e in quello sociale, che non rientravano tra le attività condannate dal "Non expedit". È evidente che questa posizione si sarebbe evoluta in una scelta interamente politica, non appena ce ne fossero state le condizioni. Succederà infatti proprio con Don Sturzo e il Partito Popolare.
Già subito, però, proprio nell'anno della laurea di Don Sturzo, con i fatti di maggio del 1898, le repressioni antioperaie di Bava Beccaris, gli stati d'assedio nelle principali città, la condanna della corte marziale a tre anni per il giornalista Don Davide Albertario, si comincia a delineare la necessità di una scelta politica all'interno dell'Opera dei Congressi.

Studi filosofici e impegno sociale
È il momento di fare le presentazioni di Luigi Sturzo.
Luigi Sturzo nasce a Caltagirone (Catania) il 26 novembre 1871, da una famiglia dell'aristocrazia agraria. Frequenta i seminari prima di Acireale, poi di Noto. Nel maggio del 1894 viene ordinato sacerdote e nello stesso anno si trasferisce a Roma per frequentare i corsi dell'Università Gregoriana, dove si laurea in teologia nel luglio 1898.
A Roma partecipa del fervore culturale dei giovani cattolici, attratti dalle idee e dai protagonisti della prima Democrazia Cristiana, come Don Romolo Murri. Il giovane Sturzo assume posizioni entusiastiche nei confronti di Leone XIII, il papa della Rerum novarum, prima enciclica sulla condizione operaia. Allo stesso tempo si mostra assai critico rispetto allo Stato liberale, al suo centralismo, alla sua pratica del trasformismo elettorale, all'assenza di una politica per il Mezzogiorno.
La critica è immediatamente esperienza di vita. In Sicilia ha già conosciuto la prostrazione dei contadini, degli artigiani e degli operai della sua terra, specie di quelli che lavorano nelle solfatare. Anche a Roma tocca con mano la miseria estrema di tanta gente. Ricordando la benedizione pasquale fatta nel 1895 in certe case di Trastevere, segnate dalla povertà e dal degrado, Don Luigi non nasconde lo smarrimento: "Per più giorni mi sentii ammalato e incapace di prendere cibo".
Qualche mese dopo torna a Caltagirone per le vacanze estive e - con l'appoggio del vescovo mons. Gerbino - fonda nella parrocchia di San Giorgio un comitato parrocchiale aderente all'Opera dei Congressi cattolici. Al comitato parrocchiale aggrega cooperative di lavoro, casse rurali e società operaie. In questa attività che si prolunga nel tempo viene a diretto contatto con le rivolte dei contadini e degli operai delle zolfatare siciliane, i cosiddetti Fasci dei lavoratori siciliani, ed assiste alla loro repressione. Egli stesso racconta che sono queste esperienze a spingerlo ad affiancare ai suoi studi teologici e filosofici l'impegno sociale.

Fonda il giornale "La croce di Costantino"
Si preoccupa di diffondere e sostenere l'impegno sociale attraverso la fondazione nel 1897 del giornale "La croce di Costantino", uno degli organi più vivaci e battaglieri del cattolicesimo siciliano, che diventa anche uno strumento di opposizione alla mafia, che Don Sturzo attacca duramente, collegando spesso il fenomeno mafioso a quello della corruzione del malaffare.
Ecco un articolo del 21 gennaio 1900, che commenta il processo per l'uccisione di Emanuele Notarbartolo, il primo delitto eccellente di mafia avvenuto nel 1893 sul treno Termini-Palermo.
Il processo Notarbartolo è stato chiuso per la terza volta; e quando si riaprirà, domanda l'Italia tutta, senza più fede nel suo avvenire, scettica e diffidente perfino di se stessa? Sarà questa la pietra sepolcrale? E dire che Pelloux, poveraccio, aveva deciso colpire la mafia in pieno petto!
Possibile! Tutti quei testimoni, coinvolti nel processo, reticenti o falsi, messi sotto riserva, questori, carabinieri, ferrovieri, sono stati rilasciati in libertà; e perché? Nulla dunque costò nelle lunghe deposizioni, in quelle sedute delle Assise, nelle quali sembrava che la verità si facesse strada, nulla costò della reità di costoro?
Chi ha seguito con attenzione il processo, vedrà come anche quest'ultimo fatto è un effetto della mafia, che stringe nei suoi tentacoli giustizia, polizia, amministrazione, politica; di quella mafia che oggi serve per domani esser servita, protegge per essere protetta, ha i piedi in Sicilia ma afferra anche Roma, penetra nei gabinetti ministeriali, nei corridoi di Montecitorio, viola segreti, sottrae documenti, costringe uomini creduti fior di onestà ad atti disonoranti e violenti.
Ormai il dubbio, la diffidenza, la tristezza, l'abbandono invade l'animo dei buoni, e si conchiude per disperare. Sin che vi era una magistratura da potervisi fidare, incorrotta, cosciente dei propri doveri, superiore a qualsiasi influenza politica, potevasi sperare, poco si, ma qualche cosa di buono.
Ora nessuna speranza brilla nel cuore degli italiani.
Gli alti papaveri commettono concussioni, furti, omicidi, e quando si è arrivati con l'acqua al collo, si tenta il salvataggio. I giornali son pieni di fatterelli e di fattacci della mafia siciliana e specialmente dell'on. Palizzolo; sono lunghe narrazioni d'imbrogli e di sopraffazioni, durati da un trentennio e più; con l'appoggio di tutti i governi e i ministeri.
È la rivelazione spaventevole dell'inquinamento morale dell'Italia, sono le piaghe cancrenose della nostra patria, la immoralità trionfante nel governo.
Il fremito, l'indignazione traboccano; ma sono inutili manifestazioni di chi non vuol vivere la immonda vita politica moderna. E come potremo educare i nostri figli? Quali esempi daremo loro? Che speranze pel bene della patria desteremo nei loro cuori? Quale ispireremo in loro fede delle patrie istituzioni?
Come nella decadenza dell'impero romano dovremmo dunque ripetere ai figli che ansiosi ci guardano: segati le vene e muori, per non servire alla perfidia e alla tirannia?
Ai cattolici, ai clericali, agli intransigenti, i soli immuni del cancro dell'immoralità pubblica, la risposta.

Il coraggio e la chiarezza non mancano a questo prete non ancora trentenne. Il nome della testata "La Croce di Costantino" è una spia che segnala l'orientamento socio-politico di Don Sturzo fin dall'inizio del suo impegno: l'obiettivo non era quello della separazione dalle istituzioni, ma la trasformazione delle istituzioni; non le catacombe, ma la piazza e la società.

L'impegno nelle amministrazioni comunali
Dopo la laurea, Don Luigi Sturzo si dedica infatti pienamente al lavoro politico-organizzativo. Egli prova a portare dentro l'Opera dei Congressi una riflessione sul Mezzogiorno, nella logica non direttamente politica, ma in quella della difesa da una parte delle autonomie (in questo caso territoriali) e dall'altra dei diritti sociali (in questo caso la condizione dei colpiti dalla crisi agraria). Non trova terreno fertile.
Allora sposta la riflessione sul quotidiano cattolico palermitano "Il Sole del Mezzogiorno" e all'inizio del secolo si distingue tra i meridionalisti più battaglieri, accanto a Salvemini e a Nitti. Le tesi di Sturzo sono a favore di un decentramento regionale amministrativo e finanziario e di una federazione tra regioni; privilegiano la lotta sociale, ovvero l'organizzazione della resistenza contadina e del credito agrario attraverso le casse rurali e le cooperative in vista della crescita di una piccola e media proprietà agricola, a fianco della quale deve svilupparsi anche la piccola e media industria.
Nel 1902 Sturzo fa un altro passo verso la politica diretta, pur restando nei confini indicati dalla Chiesa: i cattolici di Caltagirone, guidati da Sturzo, si presentano come partito di centro nelle amministrazioni locali. Non è un caso che avvenga qui il passaggio della linea di confine: il comune rappresenta, secondo Sturzo, la vera base della vita civile, libero dalle ingerenze dello Stato, non ente burocratizzato con funzioni delegate, ma padrone e gestore delle proprie attività economiche, a cominciare dai servizi pubblici, autentica espressione di governo amministrativo locale.
L'impegno nelle amministrazioni locali è convinto. Nel 1905 Sturzo è nominato consigliere provinciale; dal 1905 al 1920 ricopre anche la carica di pro-sindaco di Caltagirone. Nel 1915 Sturzo viene eletto vice presidente dell'Associazione Nazionale dei Comuni italiani.

13 gennaio 2019

Questa conversazione destinata al Salotto Lazzaro ha utilizzato anche i molti materiali storici, studi e commenti sul Partito Popolare Italiano e su Don Luigi Sturzo presenti in Rete. Mentre ringraziamo gli autori e i depositari, ci auguriamo di aver contribuito a diffondere anche i loro contenuti.


pp-017
16 febbraio 2019
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Tino Bedin