Primo Piano
Monti, l'ottimismo e gli applausi
Il premier "vede" l'uscita dalla crisi. Ma i dati macroeconomici dicono di no
«Per molti aspetti vedo avvicinarsi l’uscita dalla crisi». Così il presidentedel Consiglio Mario Monti ha aperto il Meeting di Comunione e liberazione a Rimini. Un discorso carico di speranza, ricco di citazioni: da De Gasperi a Schuman. Le parole di Monti sono servite a dar fiducia a un Paese con il freno a mano tirato. Anche se il cammino di risanamento è lungo. Un discorso di speranza, con forti contrasti con la realtà. Il premier, sulla scia di De Gasperi («il politico guarda alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni»), ha sostenuto che il Governo «sta cercando di orientare le politiche nell’interesse dei giovani».
Ma quali provvedimenti stanno creando lavoro e contrastando la disoccupazione giovanile? In fondo, ammette lo stesso presidente: «Mai abbiamo pensato che le riforme fatte con intensità in questi mesi, lavoro, pensioni, spending review, liberalizzazioni, facessero partire immediatamente la crescita». «Quello che, invece, speravamo», ha aggiunto, «è che l’insieme di queste riforme desse luogo a una riduzione dei tassi di interesse più rapidamente di come sta avvenendo. Non abbiamo mai pensato che, nel giro di qualche mese, le riforme potessero far salire crescita e occupazione. Ci vuole più tempo». Ma quanto tempo?
Il Paese è stremato. Dieci milioni di famiglie tirano la cinghia. La disoccupazione è al 10,8 per cento. Solo un italiano su tre ha un posto regolare a tempo indeterminato (meno che in tutti i Paesi europei). Secondo Eurostat, gli occupati in Italia sono 450 mila in meno che nel 2007. Aumentano i cassaintegrati. Su una popolazione di 60,8 milioni di residenti, solo il 36,8 per cento (22,3 milioni di persone) lavora. «L’economia italiana», ha scritto Federico Fubini sul Corriere della Sera, «somiglia a una piramide rovesciata, la cui base formata da chi produce si restringe sempre di più. Se si eliminasse l’apporto degli stranieri, emergerebbe che i cittadini italiani effettivamente al lavoro sono poco più di uno su tre».
Un’ultima considerazione. Un lungo applauso del popolo dei ciellini ha accolto il premier. Tutti gli ospiti del Meeting, a ogni edizione, sono stati sempre accolti così: da Cossiga a Formigoni, da Andreotti a Craxi, da Forlani a Berlusconi. Qualunque cosa dicessero. Poco importava se il Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora continuiamo a danzare. C’è il sospetto che a Rimini si applauda non per ciò che viene detto. Ma solo perché chi rappresenta il potere è lì, a rendere omaggio al popolo di Comunione e liberazione. Non ci sembra garanzia di senso critico, ma di omologazione. Quell’omologazione da cui dovrebbe rifuggere ogni giovane. E che rischia di trasformare il Meeting di Rimini in una vetrina: attraente, ma pur sempre autoreferenziale.
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