IN POLITICA

La proposta del Partito Democratico per una dotazione economica ai giovani
L'eredità universale ai diciottenni
per ripartire anche con loro

Le Destre populiste o liberali hanno preferito discutere delle successioni milionarie

di Tino Bedin

È efficacemente sintetica l'immagine che trascrive visivamente la proposta di Enrico Letta di costituire una "dote per i diciottenni italiani". L'ha pubblicata il Partito Democratico del Veneto, riprendendola dalla pagina social di Rachele Scarpa, che nel settembre scorso è stata la più giovane candidata del Partito Democratico alle elezioni regionali in Veneto. Da Rachele Scarpa riprendo anch'io l'immagine e anche alcune parole.
Intanto la sua definizione della proposta del segretario del PD: eredità universale ai giovani. Direi che "eredità universale" è meglio di "dote": mette insieme infatti tutti gli elementi della proposta, di cui evidenzia subito un contenuto politico, cioè il principio della redistribuzione del reddito che è uno dei pilastri della democrazia realizzata.

Intanto una buona proposta
Avendo "visto un po' di confusione, sia a destra che a sinistra", Rachele Scarpa propone due chiarimenti, che riporto integralmente.
Chiariamo una cosa: gli interessati dalla tassa di successione sarebbero l'1 per cento della popolazione, quelli con patrimoni sopra i 5 milioni di euro. Quando Draghi dice che "non è questo il momento di togliere soldi agli italiani, ma di darli" generalizza e sbaglia: è esattamente il momento di darli, ma prendendoli dalla piccolissima fetta di super ricchi che, con la pandemia, sono diventati ancora più ricchi. La redistribuzione della ricchezza è e sarà, oggi più che mai e nei prossimi anni, l'orizzonte a cui guardare.
Seconda precisazione che mi sento di fare, stavolta per chi critica la proposta da sinistra: siamo d'accordo, 10mila euro una tantum sono briciole, i grandi patrimoni andrebbero tassati ogni anno in modo strutturale e progressivo per finanziare i cambiamenti di sistema che servono nel mondo della scuola, del lavoro, nella lotta alla povertà. Siamo d'accordo.
Io credo, però, che le proposte servano ad aprire delle discussioni, e questo è un merito che a Letta va riconosciuto. Le idee, quando vanno nella direzione giusta, non si escludono tra loro. Possiamo prendere ciò che di positivo c'è in questa discussione e usarlo per parlare di giovani, di precarietà e, soprattutto, di patrimoniale e di redistribuzione della ricchezza? Spero tanto che ci riusciremo.
È una speranza che condivido.

Senza ipotecare la giovinezza
Questa idea della eredità universale ai giovani mi richiama infatti uno strumento che mezzo secolo fa ha funzionato come ascensore sociale: il presalario universitario. Varato dal governo Fanfani (Dc-Psdi-Pri) nel 1963, consentì a tantissimi ragazzi di famiglie che rientravano nei parametri reddituali previsti, di ottenere a metà degli anni Sessanta quelle 250 mila lire circa l'anno (oggi valgono 320 euro al mese) e 360 mila lire all'anno per chi doveva studiare fuori sede, che fecero davvero per molti di noi la differenza e che allargarono la base dirigente della Repubblica. Fu abolito nel 1991, sostituito dai "prestiti d'onore", che sembravano una modernità all'americano, ma che alla fine caricavano sui giovani un debito personale oltre a quello collettivo che il disavanzo pubblico cominciava già a mettere sulle loro spalle.
Ed è questa la ragione per cui il Partito Democratico ha scelto la strada della redistribuzione diretta del reddito per finanziare l'eredità universale ai giovani. Enrico Letta la sintetizza così: "Mi si chiede perché non finanziare la dote per i diciottenni coi tanti soldi che abbiamo ora. Perché ora finanziamo soprattutto a debito e quel debito, domani, lo pagheranno gli stessi giovani di oggi. Assurdo, perché sarebbe una presa in giro per i ragazzi. Meglio la tassa di successione sui patrimoni alti, di ora".

Il momento di intervenire è adesso
Proprio ora è importante la proposta del Partito Democratico; è proprio ora che con fondate speranze l'Italia (assieme al resto del pianeta) prova ad uscire dalla pandemia; è proprio ora che c'è spazio per le cose nuove; è proprio ora che l'Europa sta ridisegnando se stessa per i prossimi anni. Quindi è questa l'ora dei giovani.
Se crescono i giovani cresce l'Italia, dicono al PD.
Con "dote18" il PD vuole assegnare una dote di 10 mila euro a chi compie 18 anni e potrà avere, anche quando i genitori non possono aiutarli, un'opportunità di formazione, l'impegno in attività economiche, la possibilità di andare via di casa, con l'accesso ai mutui-abitazione anche per chi non ha genitori in grado di fornire garanzie. "Il mio sogno è trattenere i ragazzi italiani in Italia, senza però farli restare in casa con mamma e papà fino a trent'anni", argomenta Enrico Letta.
È un modo per garantire a tutti le stesse opportunità di partenza: ogni anno 280.000 tra ragazze e ragazzi potranno prendere in mano il proprio futuro senza dover pesare sulle spalle dei genitori. Questa eredità universale sarebbe destinata a giovani che stiano sotto un certo reddito, "cioè a circa la metà dei diciottenni, che chiameremo il ceto medio", precisa ancora Letta. Sarebbero fondi vincolati per continuare gli studi (e gli italiani sono i meno laureati d'Europa), sull'abitazione (per poter immaginare di andare a vivere da soli), oppure per mettere in piedi un'attività professionale propria (un impegno per i giovani per dire: provo a fare qualcosa per conto mio).
Proprio per queste destinazioni, la "dote" ai diciottenni non può essere un prestito su cui ipotecare il futuro, ma una dotazione economica di cui poter disporre. La dotazione di quasi tre miliardi di euro dovrebbe metterla l'1 per cento degli italiani e nemmeno con soldi che si è guadagnati, ma con quelli che riceve in eredità o in donazione, pagando un'aliquota del 20 per cento sulla parte eccedente i 5 milioni di euro. Insomma, un numero molto piccolo di italiani.

La direzione del futuro è nelle urne
Succede però che invece di discutere della sostanza della proposta del Partito Democratico, cioè dei giovani e del loro futuro, tutta la Destra dentro o fuori il governo, liberale o populista si mette a discutere dello strumento, cioè dell'un per cento degli italiani, quello con maggiori patrimoni, cui verrebbe chiesto di contribuire un po' di più. "Il nostro è un paese davvero dal cuore d'oro. Vedo solidarietà diffuse a quell'1% più ricco del nostro paese per evitare che si trovi a pagare la tassa di successione come succede invece negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia", è costretto a constatare Enrico Letta.
L'aliquota sulle successioni sopra i 5 milioni in Italia è al 4 per cento, mentre in Francia arriva al 45 e in Germania al 30. Proprio mentre le Destre italiane si preoccupavano dell'1 per cento di ricchi, è arrivata la notizia che gli eredi di Lee Kun-hee, defunto presidente della Samsung, pagheranno 11 miliardi di dollari di tasse di successione. In Corea del Sud (non in quella comunista del Nord) l'imposta è del 60 per cento. Del resto in tutto il mondo le classi dirigenti con visione sul futuro sanno che la redistribuzione è uno strumento di tenuta sociale. E non è una idea nuova: in Italia, ad esempio, l'economista liberale e presidente della Repubblica Lugi Einaudi è stato un sostenitore della tassa di successione come strumento per una più equa competizione alla partenza per tutti i ragazzi italiani.
Oggi però in Italia i giovani non fanno dibattito. Il Partito Democratico ci prova, anche con coraggio vista l'età media per propri elettori ed iscritti. È comunque difficile che la proposta dell'eredità universale ai diciottenni venga approvata con questa maggioranza.
È il tempo che i ragazzi e i giovani comincino a votare il loro futuro, che in molti vadano alle urne, che ci tornino quelli che già ci sono stati. La direzione del futuro è nelle urne. Anche nelle prossime elezioni, quelle amministrative di quest'anno, nei Comuni grandissimi e in quelli piccolissimi i giovani hanno lo strumento per far camminare con loro le comunità

23 maggio 2021



1 giugno 2021
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