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Dopo il risultato del referendum non ci si è fermati ad ascoltare l'opinione pubblica Il Pd non poteva guarire dalla frattura sulla Costituzione Fare della legge elettorale un tema da elaborare nel congresso nazionale
di Tino Bedin Il referendum costituzionale è scomparso. Neppure cotto e mangiato; bruciato, piuttosto, e quindi buttato: chi l'ha vinto non s'è curato di farsi carico del risultato e di tener vivo il gusto delle prospettive che aveva proposto agli italiani; chi l'ha perso s'è intestato la sconfitta avendo in mente la rivincita.
Nessuna divisione crea speranza. Mi sono tuttavia fatto convinto che la frattura più grave fosse già avvenuta prima di domenica 4 dicembre. La frattura è avvenuta quando è stata accettata l'idea che sulla Costituzione, cioè sullo strumento pensato per rendere coesa una comunità di persone e di aspirazioni, non solo ci si barricasse tra partiti, tra maggioranza e opposizioni, ma all'interno dei partiti, all'interno del maggior partito, quello che aveva ed ha la responsabilità del destino della comunità. Come potevano gli italiani dare speranza al loro futuro con una Costituzione aggiornata se questa speranza non era garantita neanche da un partito forte e credibile quale è il Partito Democratico?
Un "combinato disposto" inutilmente azzardato. Forse la riforma costituzionale sarebbe stata bocciata lo stesso. Ed ancora per ragioni che poco avevano a che fare con il testo della Costituzione aggiornata.
Ora tocca proprio al partito. Doveva essere una legislatura costituente, e Matteo Renzi ha avuto il merito di questa intuizione e di averla perseguita con determinazione. Ci ritroviamo con una Costituzione che difficilmente sarà modificata anche su temi per i quali la disponibilità era diffusa. Ad esempio, era condivisa l'idea che fare del Cnel un organo costituzionale fosse stata un'intuizione probabilmente giusta dei Padri costituenti, ma non suffragata dall'esperienza: meglio far senza. La parità di genere che la riforma introduceva nella Costituzione corrispondeva invece ad un sentire largamente condiviso, oltre ad essere coerente con l'impianto "promozionale" della Carta originale.
È finita che ora ci troviamo con le due Camere elettive, due leggi elettorali diverse, tutte e due di fatto scritte dalla Corte costituzionale, con un'impostazione fortemente proporzionale e con i capilista bloccati, che aumentano contemporaneamente il potere e la frammentazione dei partiti.
Il governo Gentiloni si è proposto come facilitatore di una legge elettorale meno rischiosa per la stabilità delle istituzioni. Ha ragione a non porsi come protagonista in questa materia, anche perché l'interventismo del governo precedente non aveva suscitato certo entusiasmi. Dunque uno dei compiti del Partito Democratico come forza di governo è quello di arrivare a questo risultato. Dovrebbe essere un tema per il congresso.
26 febbraio 2017 |
14 marzo 2017 po-097 |
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