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5 ottobre 1999, Commissione sanità del Senato
La necessità di conferire una specifica disciplina legislativa alle tecniche di
procreazione medicalmente assistita deriva, come è noto, dalla rapidità con cui lo
sviluppo di queste tecniche ha consentito di superare i limiti naturali della riproduzione
umana, con ciò da una parte suscitando gravi interrogativi di carattere etico, e
dall'altra rendendo sempre più problematica l'applicazione delle norme di diritto civile
e penale sulla filiazione, che pure avevano una tradizione millenaria e si basavano su
presunzioni giuridiche che apparivano incontestabili, in quanto fondate sulla natura
stessa.
In particolare, va ricordato come fin dagli anni '20 di questo secolo siano stati avviati
i primi esperimenti di inseminazione artificiale, che poteva essere considerata almeno in
taluni paesi una pratica corrente già prima della seconda guerra mondiale. Nel 1978, poi,
è stato realizzato in Gran Bretagna il primo riuscito esperimento di fecondazione in
vitro, una pratica questa ormai largamente diffusa in tutto il mondo. In anni più
recenti il ricorso alla fecondazione in provetta ha consentito nuove possibilità, in
particolare quella della cosiddetta maternità surrogata, che hanno suscitato
interrogativi e preoccupazioni anche per la tecnica, più volte sperimentata con successo,
della fecondazione di un'ovocellula ben oltre il superamento dell'età feconda della
donatrice. Infine, come è noto, i recenti esperimenti di clonazione dei mammiferi hanno
conferito attualità anche alla possibilità di utilizzare questa tecnica sull'uomo.
Non si può comunque negare che la procreazione assistita ha assunto, specie nell'ultimo
decennio, un ruolo significativo come rimedio alla sterilità, acquistando apprezzabili
dimensioni sociali sia in Italia che all'estero.
Per conoscere l'estensione della sterilità in Italia è possibile effettuare solo stime
approssimative, basandosi sugli studi che hanno valutato l'epidemiologia del fenomeno e in
cui differenti definizioni di sterilità conducono a differenti stime epidemiologiche. I
dati pubblicati nel Rapporto finale della commissioni di esperti del Ministero della
sanità, istituita con decreto del 14 gennaio 1994, stimano il 36,6 per cento di coppie
sterili. In Italia, ogni anno, 60.000 coppie circa non hanno concepito dopo due anni di
rapporti non protetti, mentre 26.000 coppie circa richiedono consulenze.
Non sono disponibili valutazioni statistiche attendibili tra i vari paesi, anche perché
all'interno di ogni paese possono presentarsi difficoltà per l'acquisizione dei dati
relativi alle pratiche fecondative effettivamente svolte.
In Italia, come fa rilevare l'Istituto superiore di sanità in una ricerca del 1993,
esiste una scarsità di dati relativi alla procreazione medicalmente assistita, in
particolare relativamente all'efficacia delle tecniche, all'evoluzione delle gravidanze
ottenute, ai rischi per la salute della donna e del nascituro.
Sulla base di un censimento ad adesione volontaria, in Italia operano 160 centri, per la
maggior parte privati.
La procreazione medicalmente assistita apre indubbiamente, come già detto, interrogativi
di natura etica e giuridica e numerosi paesi, sia europei che extraeuropei hanno dato
risposte con l'adozione di vari strumenti di intervento normativo.
L'Italia ha affrontato il problema in modo insufficiente, tramite circolari ministeriali,
il parere del comitato nazionale per la bioetica del 17 giugno 1996, il rapporto della
Commissione esperti del Ministro della sanità e la circolare della Federazione nazionale
dell'ordine dei medici.
Già nella scorsa legislatura la Commissione Igiene e Sanità del Senato aveva proceduto
ad esaminare una serie di disegni di legge (Atti Senato nn. 116, 1070, 1394, 1484, 1501,
1550 e 1673) in materia di procreazione medicalmente assistita, giungendo - a conclusione
di un lungo lavoro preparatorio condotto in sede di comitato ristretto, coordinato dalla
relatrice Alberti Casellati e per il quale era stato ottenuto l'apporto di qualificati
esperti di bioetica e di genetica - alla redazione di un testo unificato che certamente
non era privo di elementi di pregio, sui quali sarà opportuno svolgere ulteriore
riflessione.
Nella legislatura in corso l'iniziativa è passata alla Camera dei deputati che, dopo un
esame durato oltre due anni, ha approvato il testo unificato dei disegni di legge nn. 414,
616, 817, 958, 991, 1109, 1140, 1304, 1365, 1448, 1560, 1780, 2787, 3323, 3333, 3338, 3549
e 4755, testo unificato che è ora all'esame della Commissione unitamente ai disegni di
legge nn. 217, 546, 743, 783, 1154, 1570, 2067, 2322, 2350, 2963, 3276, 3381 e 3891.
E' noto come l'iter di approvazione da parte della Camera dei deputati del disegno
di legge n. 4048, che si propone naturalmente di assumere come testo base, sia stato
particolarmente tormentato: è inutile qui rievocare le vicende che hanno condotto alla
rinuncia della relatrice Bolognesi e alla sua sostituzione con l'onorevole Cè.
Il disegno di legge n. 4048 si articola in sette Capi.
Il Capo I autorizza all'articolo 1 il ricorso alla procreazione medicalmente assistita,
secondo le modalità previste dalla legge, nel rispetto dei diritti dei soggetti
coinvolti, in particolare del concepito, e "qualora i metodi terapeutici non
risultino idonei" al superamento dell'infertilità. Gli articoli successivi
promuovono lo sviluppo di interventi contro la sterilità e infertilità e l'informazione
sulle opportunità e le procedure per l'adozione e l'affidamento familiare.
Il Capo II disciplina l'accesso alle tecniche. In particolare, il comma 1 dell'articolo 4,
così precisando quanto disposto dall'articolo 1, limita la possibilità di ricorrere alle
tecniche suddette quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause
impeditive alla procreazione, e quando vi sia adeguata certificazione medica della causa
della sterilità o infertilità, ovvero adeguata documentazione dell'impossibilità di
individuare la causa stessa. Il comma 2 stabilisce poi i principi per l'applicazione delle
suddette tecniche, che devono essere ispirati alla riduzione dell'invasività e
all'adeguata informazione dei soggetti trattati ai fini di un consenso consapevole. Con
ciò la procreazione medicalmente assistita è evidentemente definita come atto
terapeutico.
Il comma 3 dello stesso articolo, infine, vieta il ricorso a tecniche di tipo eterologo.
L'articolo 5 definisce poi i requisiti soggettivi per l'accesso alle tecniche di
procreazione medicalmente assistita, che viene riservato alle coppie di adulti maggiorenni
di sesso diverso, coniugate o conviventi e in età potenzialmente fertile.
L'articolo 6 disciplina il consenso informato mentre l'articolo 7 prescrive l'adozione di
linee-guida da parte del Ministro della sanità contenenti l'indicazione delle procedure e
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Il Capo III reca agli articoli 8 e 9 disposizioni concernenti la tutela del nascituro, cui
viene attribuito lo stato civile di figlio riconosciuto della madre o della coppia che ha
espresso la volontà di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita,
mentre sono dichiarati inammissibili l'azione di disconoscimento di paternità da parte
del marito o convivente che abbia consentito al ricorso alle tecniche suddette, e
l'esercizio della facoltà della madre di non essere nominata.
Il Capo IV regolamenta, agli articoli 10 e 11, l'autorizzazione di strutture pubbliche o
private agli interventi di procreazione medicalmente assistita e l'istituzione del
relativo registro nazionale.
Il Capo V (articolo 12) reca sanzioni relative a diverse fattispecie penali, quali
l'applicazione di pratiche di carattere eterologo, la mancata acquisizione di un consenso
adeguatamente informato, la commercializzazione o l'importazione e l'esportazione di
gameti e di embrioni, la surrogazione di maternità, il prelievo o il trasferimento in
utero di un gamete dopo la morte di uno dei componenti della coppia, la clonazione.
Il Capo VI (articolo 13) reca il divieto di sperimentazione su embrioni umani, che non sia
diretto a tutelare la salute e lo sviluppo dell'embrione stesso, nonché la produzione di
embrioni a fine di ricerca, la selezione eugenetica degli embrioni, la fecondazione di un
gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi, la
crioconservazione e la soppressione di embrioni. La stessa norma vieta, in caso di
fecondazione in vitro, la creazione di un numero di embrioni superiore a quello
necessario ad un unico impianto, e comunque non superiore a tre, nonché l'aborto
selettivo di gravidanze plurigemellari.
Il Capo VII reca disposizioni finali e transitorie, in particolare per quanto riguarda la
predisposizione da parte dell'Istituto superiore di sanità di una relazione annua al
Ministro sull'attività delle strutture autorizzate, nonché di un'analoga relazione del
Ministro al Parlamento, la disciplina dell'obiezione di coscienza da parte del personale
sanitario e, infine, disposizioni transitorie per quanto riguarda l'utilizzazione degli
embrioni già formati a scopo di procreazione medicalmente assistita. In proposito il
comma 3 dell'articolo 16 stabilisce che, entro dieci giorni dalla data di entrata in
vigore della legge, le strutture e i centri che conservano embrioni destinati a tecniche
di procreazione medicalmente assistita trasmettano al Ministero della sanità e al giudice
tutela competente per territorio un elenco degli embrioni stessi, l'indicazione nominativa
di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche di procreazione e un'indicazione numerica
degli embrioni di cui non si conoscono i genitori biologici. Il comma 4 stabilisce il
termine entro i quali la coppia che ha ottenuto l'applicazione di tecniche di procreazione
medicalmente assistita può chiedere il trasferimento degli embrioni, trascorso il quale,
ed immediatamente per gli embrioni di cui non si conoscono i genitori biologici, il
giudice dichiara l'adottabilità; gli embrioni possono quindi essere impiantati su una
richiedente, alle stesse condizioni di cui all'articolo 5.
Come è noto i punti del disegno di legge che hanno suscitato maggiori discussioni
riguardano il diritto all'accesso alle tecniche di procreazione assistita - donna singola,
coppia sposata o convivente - l'intervento omologo, con gameti del partner, o
eterologo con gameti di un donatore; la possibilità di donare ovociti da parte della
donna; la crioconservazione dell'embrione, il numero degli embrioni producibili e il
destino degli embrioni sovranumerari; la possibilità di poter effettuare ricerche a scopo
diagnostico e terapeutico sugli embrioni; la maternità surrogata.
Su alcune questioni il testo ha dato risposte adeguate: gli interventi di procreazione
medicalmente assistita sono consentiti solo in strutture pubbliche e private autorizzate
dalla regione, che devono avere ben definiti requisiti tecnico scientifici e organizzativi
(art. 10); è prevista l'istituzione del registro nazionale delle strutture autorizzate
(art. 11); si prevede l'emanazione di linee guida contenenti l'indicazione delle procedure
e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita; è vietata la sperimentazione
sull'embrione umano, mentre è consentita la ricerca clinica e sperimentale a condizione
che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela
della salute (art. 13); sono vietati la produzione di embrioni umani a fini di ricerca e
sperimentazione, il divieto di ogni forma di selezione a scopo eugenetico e di ricerche
finalizzate a manipolare il patrimonio genetico dell'embrione, la produzione di ibridi e
chimere (art. 13); sono previste procedure per l'informazione ed il consenso informato
obbligatorio (art. 6); sono vietati il disconoscimento della paternità e la richiesta di
anonimato della madre (art. 9).
Se, come già anticipato, il parere sulle risposte date a queste questioni è ampiamente
positivo, altre risposte non appaiono adeguate, anzi risultano contraddittorie tra loro e
non sembrano neanche informate ad una chiara e coerente opzione etica.
Si tratta delle questioni che riguardano la possibilità del ricorso alla fecondazione
eterologa, i requisiti soggettivi dei richiedenti - e cioè la possibilità di accedere
alle tecniche di procreazione medicalmente assistita unicamente per le coppie sposate o
stabilmente conviventi - e, infine, lo statuto dell'embrione, con particolare riferimento
alla disposizione transitoria concernente l'adottabilità degli embrioni.
Si tratta, evidentemente, delle questioni sulle quali più acutamente si sono misurate
opinioni determinate da diverse concezioni di carattere religioso e filosofico, che non a
caso hanno determinato un intenso dibattito anche all'estero, sfociando in soluzioni
normative tra loro differenti e i cui concreti risultati applicativi sarebbe probabilmente
il caso di studiare ed approfondire, promuovendo se necessario un'apposita indagine
conoscitiva.
Il testo approvato dalla Camera dei deputati dà l'impressione che le risposte date siano
il risultato delle pretesa di una parte di cristallizzare nella norma il proprio punto di
vista.
Evidente è la contraddizione tra il contenuto dell'articolo 4 e quello dell'articolo 9.
Mentre il comma 3 dell'articolo 43 viete espressamente il ricorso a tecniche di
procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, il comma 1 dell'articolo 9 si
spinge a disciplinare il disconoscimento di paternità, disciplina che si giustifica
evidentemente solo in relazione a quelle tecniche di tipo eterologo che pure sono
espressamente vietate. E' facilmente prevedibile quale sarebbe sul piano pratico il
risultato di una norma siffatta. Già oggi, a seguito della circolare del ministro Degan
che vietò la fecondazione eterologa nei centri pubblici, chi può pagare si rivolge al
privato; se il disegno di legge venisse approvato così com'è questa discriminazione
verrebbe trasferita dal piano interno a quello internazionale. La fecondazione eterologa,
infatti, è consentita in tutti i paesi, per restare in Europa, che hanno disciplinato la
materia: Francia, Austria, Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Spagna e Svezia.
Questa considerazione dovrebbe far riflettere sull'opportunità di evitare una normativa
eccessivamente prescrittiva che, ispirata dalla pur comprensibile volontà di favorire un
esito delle pratiche di procreazione medicalmente assistita quanto più socialmente
accettabile e conforme ad una determinata visione delle relazioni umane, finisca per non
tener conto dell'esistenza di pratiche ormai diffuse da molti anni e della presenza nella
società di sistemi di valori che sono parzialmente diversi da quelli che hanno ispirato
alcune delle disposizioni più discusse, e che certamente appaiono ormai tutt'altro che
minoritari. In questo senso il cosiddetto laicismo che ispira talune normative considerate
particolarmente liberali, come quella spagnola, deve essere inteso non certamente nel
senso di un polemico rifiuto di una disciplina della materia attenta alla sensibilità
dell'etica cattolica, ma piuttosto nel senso di una realistica presa d'atto della
necessità di dover disciplinare la materia della procreazione medicalmente assistita
secondo un "minimo etico" non confliggente con nessuno dei sistemi dei valori
etici prevalenti, e in armonia con i principi della tradizione giuridica e con il
carattere terapeutico delle tecniche in questione.
A questi criteri, del resto, si ispirava anche il testo unificato predisposto dal comitato
ristretto della Commissione sanità del Senato nella scorsa legislatura, che nel corso del
dibattito svoltosi presso l'altro ramo del Parlamento è stato da molti tacciato, con una
certa superficialità, di minimalismo, laddove si trattava piuttosto di realismo e di buon
senso.
Il testo della scorsa legislatura, infatti, non entrava nel merito dell'ammissibilità o
meno del ricorso alla fecondazione eterologa - una pratica, giova ripeterlo, ormai in uso
da moltissimi anni e, nel caso della fecondazione in vivo, da decenni - né
affrontava la questione dell'accesso alle pratiche di fecondazione da parte di donne sole.
In realtà quel testo assumeva come base di partenza la qualificazione della procreazione
medicalmente assistita come intervento di carattere terapeutico, da adottare qualora
risulti preventivamente accertata l'impossibilità di superare l'infertilità con altre
tecniche. Ciò posto appare evidentemente difficile, considerato che alle normali tecniche
terapeutiche per il superamento dell'infertilità si può accedere senza requisiti
soggettivi particolari, restringere il campo dei soggetti che possono accedere alle
pratiche di procreazione medicalmente assistita alle sole coppie sposate o conviventi,
ciò anche in considerazione del fatto che, se la limitazione alle sole coppie sposate
apparirebbe del tutto intollerabile in un Paese dove sono ormai ampiamente diffuse le
famiglie di fatto, l'assimilazione alla coppia sposata della coppia convivente, in
presenza di un divieto per la donna sola di ricorrere alle tecniche suddette,
presenterebbe problemi applicativi particolarmente complessi, in relazione alle molteplici
e variegate fattispecie che determinano l'instaurarsi o il venir meno della convivenza, in
particolare in presenza di rapporti coniugali preesistenti.
Anche per quanto riguarda la delicata questione dello statuto dell'embrione, sarebbe poi
opportuno riflettere sulla possibilità di recuperare quello spirito di semplicità e
linearità della regolamentazione che caratterizzava il testo unificato della scorsa
legislatura.
Forti perplessità suscitano infatti le disposizioni transitorie contenute nell'articolo
16, che introducono il principio dell'adottabilità dell'embrione, in evidente conflitto
con quanto sancito dal codice civile, che tutela la soggettività giuridica solo dopo la
nascita.
L'adottabilità dell'embrione, oltre ad essere una novità molto discutibile sul piano
giuridico, che non ha precedenti in altri paesi, entra in conflitto anche con quanto
disposto dallo stesso disegno di legge: infatti è difficile comprendere perché, mentre
da un lato si vieta la fecondazione eterologa che ha bisogno di gameti di un donatore
esterno alla coppia, dall'altro si consente di impiantare nell'utero un embrione che ha
due genitori biologici esterni alla coppia; in sostanza si determina una modalità di
filiazione una tantum, che viene non solo consentita ma promossa e favorita fino ad
una certa data, dopo la quale è colpita dal divieto di pratiche eterologhe.
Queste considerazioni sembrano sufficienti ad avvalorare un giudizio articolato sul teso
in esame che presenta aspetti positivi ed elementi di indubbia contraddittorietà, che
meritano una più adeguata e coerente sistemazione legislativa.
In realtà, posta la necessità di approfondire con tutti gli strumenti consentiti dal
regolamento una problematica così delicata e complessa, è auspicabile che la Commissione
compia uno sforzo unanime e costruttivo per configurare un testo che ponga dei confini
definiti e semplici, all'interno dei quali si possa liberamente esplicare la
sperimentazione e la realizzazione delle tecniche terapeutiche. Tali limiti comportano
necessariamente che si vieti lo sfruttamento commerciale di gameti ed embrioni, che si
circoscriva la funzione della procreazione medicalmente assistita al compito di superare
l'infertilità patologica e non quella fisiologica - e in questo senso va l'opportuna
previsione di un limite di età per il ricorso alla procreazione medicalmente assistita -
che si vieti la clonazione umana, e infine che si garantisca la certezza dello status
giuridico dei bambini nati da procreazione medicalmente assistita, stabilendo perciò
l'impossibilità dell'azione di disconoscimento della paternità da parte dell'uomo che
abbia prestato il proprio consenso all'esecuzione di una tecnica di procreazione
medicalmente assistita, nonché il divieto della maternità surrogata.
Tutto ciò sarà possibile a condizione di evitare di ripetere l'errore di fondo che ha
caratterizzato il dibattito della Camera, dove tutti gli schieramenti, la Sinistra e la
Destra, i laici ed i cattolici, i conservatori ed i progressisti, hanno privatizzato le
questioni bioetiche che la procreazione medicalmente assistita pone, ideologizzandole e
tentando di imporre come universale la propria opzione etica.
La maturità ed il senso di equilibrio dimostrati dai componenti della Commissione igiene
e sanità del Senato nell'affrontare tematiche di uguale portata sul piano del contenuto
etico, si pensi alla legge sui trapianti, fanno peraltro ben sperare sulla possibilità di
approfondire tutte le questioni ancora aperte e di trovare un incontro su una serie di
principi fondamentali e condivisi, tesi a rispettare l'essere umano senza discriminazione
e ad assicurare la sua dignità ed i suoi diritti e libertà fondamentali.
Su proposta del relatore, la Commissione vota quindi la congiunzione dei disegno di legge in titolo, stabilendo fin da ora di assumere quale testo base il disegno di legge n. 4048.
La Commissione concorda infine sulla proposta del relatore di chiedere alla Presidenza del Senato la riassegnazione di alcuni disegni di legge già assegnati in congiunta con la 2a Commissione, riguardanti la materia dello statuto dell'embrione umano, ricompresa nel disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati.
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ottobre 1999 webmaster@euganeo.it |
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