Per il presidente dell’Ira, Tino Bedin, i 77 ospiti anziani, non autosufficienti, non si possono spostare. E contesta la scelta della Provincia
«Dico no al nuovo liceo Marchesi in via Reni»
«Ce ne andremo quando sarà pronta la nostra nuova residenza, nel 2010. Ma siamo interessati anche a comprare questa»
La scorsa settimana il consiglio provinciale ha approvato la nascita del liceo Marchesi nell'area dell'ex Configliachi,in via Reni, mettendo nei guai il Comune cui tocca la parola finale. I guai riguardano quello che ha da dire l'Ira il cui presidente, Tino Bedin , parla per la prima volta, ed è molto chiaro: «Non possiamo spostare gli anziani da via Reni. Lo faremo quando sarà pronta la nostra residenza sanitaria assistita a Selvazzano, non prima del 31 dicembre del 2010».«Mi sembra che anche il fatto di dividere gli ospiti non autosufficenti in altre sedi sia un'opzione che è già stata accantonata nel maggio scorso durante un tavolo informale fra tutte le istituzioni». Bocciata dunque sia l'idea della Provincia che dei partecipanti alla fiaccolata di qualche settimana fa a sostegno della sede del nuovo liceo classico Marchesi proprio in via Reni, con lo spostamento di almeno 38 dei 77 ospiti dell'Ira, alla Fondazione Breda.
Il presidente Bedin spiega poi ulteriormente la storia di questa tormentata vicenda, ovvero della nuova sede del liceo classico Marchesi, prevista dalla Provincia comprando il terreno del Configliachi in fondo all'Arcella, dove c'è un immobile che è stato dato in affitto all'Ira, che vi ospita 77 anziani non autosufficienti. «Vorrei chiarire che ci siamo detti favorevoli a comprare l'area e l'immobile allo stesso prezzo della Provincia (4.5 milioni di euro) solo perché il Configliachi ci aveva detto che voleva venderlo per ristrutturare la sede centrale. Se l'Istituto vuole tenerlo ci va benissimo, allo stesso modo se vuole farci un istituto per anziani. Ma dal momento che il Comune ha già previsto all'Arcella una rsa per anziani perchè tutta la zona a nord ne è priva, siamo pronti ad acquistarlo. Ma il Comune deve decidere in fretta perché occorre tempo per entrare nella programmazione regionale e avere il via dall'Usl. Insomma il via libera all'acquisto equivarrebbe per noi ad un mandato per sistemarla, visto che ci siamo dentro da vent'anni e così obbedire alla linea espressa un tempo dal Comune. Ma ce lo devono dire».
Ce n'è anche per il Configliachi. «L'Istituto ha chiesto ancora il 4 novembre del 2005 a Comune e Provincia se volevano acquistare l'immobile. Ma a noi, che siamo inquilini e gestori di un servizio, no. Ci è arrivata solo la richiesta di andarcene, datata 18 gennaio 2006. E l'allora presidente Giancarlo Rossi non ha potuto che rispondere ciò che dico io oggi: non possiamo farlo prima del 2010: traslocare oggi in istituti privati ammesso che ci sia posto, sarebbe troppo costoso per gli ospiti. Tra l'altro almeno 60 famiglie oggi gravitano nella zona a nord della città».
«Debbo anche chiarire che il nostro edificio non fa parte di quella zona che versa in condizioni di abbandono e che si affaccia su via Reni e su piazzale San Gregorio e sulla quale cittadini e commercianti richiedono soluzioni» annota Bedin . Questa parte è di proprietà del Configliachi. «Dunque credo che dobbiamo rispettare le missioni di entrambi gli enti, avendo come obiettivo generale la permanenza nell'area dell'Arcella di un servizio alle famiglie con anziani non autosufficienti». Bedin parla anche di un progetto di trasloco anticipato, attivato il 20 luglio del 2006 a testimonianza che l'Ira ha tentato altre strade per consegnare l'immobile al Configliachi prima della scadenza. Il progetto si chiamava "Verso Terranegra" ed è naufragato per «una situazione di incertezza patrimoniale della società con cui l'Ira avrebbe dovuto sottoscrivere il contratto per l'immobile destinato a rsa».
«Dunque non possiamo chiudere in pochi mesi e senza alternative la residenza dell'Arcella perchè le famiglie padovane non possono fare a meno di 80 posti per anziani non autosufficienti in una struttura pubblica e poi saremmo costretti a procedere ad una riduzione del personale dell'ordine di una settantina di persone, una perdita umana e professionale incredibile. Infine non potremo rinunciare al 20 per cento della nostra attività senza che tutto questo non influisca sui nostri bilanci».
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