PADOVA

Diario / GIOVEDÌ 13 APRILE 2023

I funerali di un prete teologo e pastore nella Chiesa padovana
Don Paolo Doni distribuiva alla politica
la ricchezza dell'etica

Un compagno di molte strade "in cui non ci sono più ruolo, ma persone"
   Don Paolo Doni torna oggi a Paluello. Vi arriva dalla Cattedrale di Padova: qui il vescovo mons. Claudio Cipolla celebra il suo funerale. In Cattedrale mons. Doni "ha presieduto la Santa Cena, ha rinnovato i gesti della donazione che Gesù ha fatto della sua vita per noi. Ha annunciato il Vangelo con parole di sapienza così come in tutte le sedi dove il vescovo lo inviava o dove veniva richiesta la sua testimonianza e la sua riflessione", ricorda mons. Cipolla nell'omelia funebre. Ma è a Paluello, nel cimitero della piccola parrocchia di Strà, che lo ritroveremo da oggi in poi quanti tra noi, suoi amici, vorremo non interrompere una consuetudine preziosa.
Sul finire del 2016 fummo in molti a sorprenderci che il vicario generale mons. Paolo Doni, dopo essere stato anche arciprete di Conselve, diventasse parroco a Bertipaglia, frazione di Maserà. Se n'era stupito persino il Vescovo Claudio, che con i preti del consiglio presbiterale definì "una scelta condivisa che ci indica un cammino, a volte inconsueto, ma sicuramente autentico di servizio alla Chiesa" quella compiuta da Don Paolo nel "suo essersi rimesso a disposizione per un servizio ordinario in una parrocchia, nella normalità di vita di una comunità".
Ora, nei giorni in cui la sua morte fa emergere tutta la vita di Don Paolo, capiamo che non era casuale la scelta di Bertipaglia, piccola comunità, simile a Paluello, il suo luogo della vita.
"Rivedo l'ambiente sereno della mia parrocchia di Paluello e riconosco in essa, dopo la mia famiglia, le radici della mia fede e della mia vocazione sacerdotale", ha lasciato scritto.
"Desidero essere sepolto a Paluello e sotto terra vicino ai miei genitori, per ritornare alla terra dalla quale sono stato generato; mi piacerebbe diventare un seme per far nascere e crescere altre vocazioni al sacerdozio e al servizio dei fratelli".

Quell'incrocio sulla piazza di Conselve - Non poteva sapere quando sarebbe stato il suo "ritorno" a Paluello; Bertipaglia era intanto un "prendere le misure" del suo futuro, della vita nuova.
La vita nuova è arrivata la mattina del Sabato Santo. Si era annunciata martedì in Casa del Clero, dove Don Paolo viveva da luglio, dopo aver concluso il servizio a Paluello. La potenza improvvisa di un'emorragia cerebrale non ha consentito "discussioni": né con le cure ospedaliere, necessarie ma impotenti; né con le preghiere degli amici, generosamente in cerca dei disegni della Provvidenza.
Stamattina in Cattedrale per mons. Doni il rito del "funerale di Diocesi": presiede mons. Cipolla con altri tre confratelli vescovi, concelebrano almeno 150 preti diocesani, pregano oltre 500 laici, perché "non era uno qualsiasi. Era veramente un convinto servitore della vita: tutti voi qui presenti sapete che lo faceva a causa di Gesù e del suo Vangelo, illuminato dalla Parola di Dio che traduceva con le parole degli uomini, con il linguaggio del nostro tempo entrando nei problemi soprattutto etici e sociali", ricorda nell'omelia il Vescovo Claudio, dopo aver annotato che "tanti sono stati gli ambiti in cui don Paolo è stato chiamato a servire la Chiesa, con dedizione e con quello spirito di fraternità che lo portava spesso a rivolgersi con la parola amici".
Essere "amico" non era per Don Paolo un sentimento, era in suo modo di comunicare. "Con il suo impegno si è guadagnato credibilità e autorevolezza, senza mai imporsi, ma proponendosi come amico", ha testimoniato in questi giorni mons. Giovanni Brusegan.
È stato questo il modo con cui Don Paolo ed io abbiamo comunicato lungo gli anni. Amici. Compagni di strada.
Riguarda tutt'altra persona e tutt'altra situazione una confidenza di don Paolo Doni alla giornalista Patrizia Parodi per La Difesa del Popolo (17 ottobre 2016), ma oggi la condivido con lui: "È stato bello camminare insieme, fare fatica... vivere una situazione in cui non ci sono più ruoli, ma persone. Arrivati su, ci siamo trovati di fronte a un panorama fantastico... (…) Godendo della compagnia, faticando insieme, gustando la bellezza. Guardando al futuro con speranza e fiducia. Sempre con la voglia di ripartire".
Compagni di strada, mai con la stessa "maglia", spesso con traguardi distinti, quasi sempre in tempi diversi: però abbiamo camminato conoscendo ciascuno la strada dell'altro e quindi consigliandoci a vicenda, avvertendoci reciprocamente, sperando insieme il traguardo di tappa, consapevoli entrambi che si sarebbe ripartiti.
Un incrocio fisico delle nostre strade - ad esempio - è avvenuto nella piazza di Conselve. Era il 9 settembre del Duemila, sabato pomeriggio: mons. Paolo Doni inizia il suo nuovo servizio come nuovo arciprete, continuando l'apostolato del compianto mons. Angelo Zilio; io sono il senatore del Conselvano: una comunità, due servizi, lungo la stessa strasa. Come anni prima: io giornalista della "Difesa", lui animatore del laicato sulla strada dell'inveramento del Concilio nella Chiesa padovana.
E che il "fare strada" insieme fosse il suo modo di intendere l'essere Chiesa, lo confermò proprio a conclusione del suo servizio a Conselve. Cita queste parole di mons. Paolo Doni il sito della Diocesi di Padova.
"Abbiamo fatto un po' di strada assieme: 7 anni e sono stati un dono del Signore. Ora mi accorgo che non a caso sono stati 7. Messi assieme mi pare quasi che ricostruiscano i sette giorni della creazione. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, il Signore ha creato qualcosa di grande e di bello. E ora è arrivato il settimo giorno, il Dies domini, che porta a compimento i primi sei. A me non resta che dire. Amen. Alleluia. Deo Gratias". (Dal saluto alla comunità di Conselve, 22.07.2007).

"Rianimare la politica. Come?" - Molte altre le strade che abbiamo entrambi conosciute: cito solo la Fondazione Lanza, il Cuamm e il servizio alla vecchiaia fragile.
E poi c'è la lunga strada della politica, del bene comune. Ancora per coincidenze non cercate nello stesso anno, il 1994, nel quale da giornalista della Difesa diventavo senatore, Don Paolo è tra gli autori della pubblicazione dell'Istituto Rezzara "Riamare la politica. Come?". Da vicario episcopale per l'apostolato dei laici aveva fatto nascere la Scuola di Formazione sociopolitica della diocesi di Padova. Ora, sua nipote Sabrina Doni, sindaco di Rubano, gli testimonia: "Ti devo molto del mio essere donna, madre, impegnata per il Bene comune".
La convinzione che i cattolici abbiano responsabilità nei confronti della vita civica e politica non aveva solo basi pastorali; Don Paolo l'aveva tratta (e poi elaborata e proposta) dallo studio dell'etica, in particolare dell'etica sociale, di cui era docente nel Seminario di San Gregorio Barbarigo. Una specificità teologica arricchente, la sua, in una Chiesa locale che ha potuto contare molto sulla pastorale sociale: da mons. Pietro Zaramella a Don Giuseppe Masiero, passando per mons. Angelo Zilio. E proprio mentre sta per succedere a mons. Zilio nella parrocchia di Conselve, così Don Paolo spiega - dalle pagine della Difesa del Popolo - questa sua specificità: "Quello che ho fatto finora non è stata teoria, non era sganciato dalla realtà né dalle persone. Ho paura di una pastorale vuota di teologia e spiritualità e astratta dalla cultura concreta, come pure di una ricerca teologica distante dal vissuto pastorale delle comunità cristiane".
Il nuovo tempo della sua vita sacerdotale, iniziato da qualche mese, era promettente di ricchezza teologica e comunitaria per i credenti impegnati a cercare l'etica nella politica. Anche le sue più recenti presenze nei ricordi di mons. Giovanni Nervo e del vescovo mons. Luigi Pellizzo indicavano la strada su cui invitava a farsi compagni.
A quanti tra noi si domandano in questi - come nel 2016 - perché proprio adesso egli abbia "cambiato vita", Don Paolo dà una risposta in queste parole dette a Quito, capitale dell'Ecuador, nel giugno del 2016 mentre - da vicari generale della diocesi di Padova - riconsegnava ai sacerdoti equadoregni locale la parrocchia di Santa Maria Estrella de la Evangelizacion.
"Il nostro è un servizio temporaneo, nella logica della cooperazione della Chiesa. Siamo a servizio. Anche il lasciare ha un senso: il servizio è un servizio che è legato alle necessità, non è uno stabilizzarsi o un prendere possesso".
La fotografia è tratta da La Difesa del Popolo


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21 aprile 2023
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