Raccontantare e commentare l'attualità è stato il suo impegno più longevo. Antonio Prezioso non è solo il professore di liceo, non è solo il cattolico impegnato in politica, non è solo l'amministratore pubblico a nome della comunità; è anche il giornalista attento ai fatti politici e sociali e puntuale nel commento all'attualità.
Nell'attività giornalistica ha continuato a mettere a disposizione della comunità la sua cultura, le sue convinzioni politiche, la sua esperienza amministrativa anche quando non ha più avuto allievi da portare alla maturità con la sua cultura, né elettori da portare al voto con la sua convinzione, né istituzioni da portare a servizio dei cittadini. Lo ha fatto anche nel tempo della vecchiaia: dal Pensionato Piaggi ha diffuso articoli e lettere sui quotidiani (quelli locali, ma anche "Avvenire") e sul "suo" giornale, "La Difesa del Popolo".
La "Difesa", il suo settimanale
Il settimanale diocesano è stato il giornale di Prezioso. È qui che si trova la maggior parte della sua produzione giornalistica. La sua iscrizione all'Ordine dei Giornalisti del Veneto, elenco pubblicisti, è del 1979 con la certificazione della "collaborazione coordinata e continuativa" rilasciata dal direttore della "Difesa" don Alfredo Contran.
Eppure Antonio Prezioso non si è mai sentito un giornalista. E lo si capisce dalla scheda che dedica a questa professione nel primo suo "repertorio di idee altrui", pubblicato nel 2003. È una delle schede in cui di più usa parole di altri; ad esempio queste dello scrittore Milan Kundera: "Il potere del giornalista non si fonda sul diritto di fare domande, ma sul diritto di pretendere una risposta". Non è un gran bel giudizio; eppure è uno fra i più teneri di una scheda, che riflette non solo valutazioni sul giornalismo ma anche esperienze spiacevoli di Antonio Prezioso nei rapporti con la stampa, da presidente del Comitato di gestione dell'Unità socio-sanitaria locale di Padova tra il 1987 e il 1991.
Il giornalismo di Prezioso sottolineava settimana dopo settimana le domande poste alla politica e alla comunità e cercava ancora lì, nella politica e nella comunità, le risposte. A sé riservava l'arguzia di una sintesi, che mai era una battuta ad effetto: semmai era la prima battuta di un possibile dialogo. Eccone una, su un tema di cui era conoscitore ma soprattutto "evangelizzatore", quello della salute globale della persona.
In Italia vi è, fra gli altri, il ministero della Sanità, (…) non è il ministero della Malattia. Secondo lo stesso criterio vi è un ministero della Difesa, e non della Guerra: la "filosofia" è chiara (30 agosto 1987).
Tito Livio, lo pseudonimo rifiutato
Sulla "Difesa" ha scritto molto con il suo nome. È stato anche uno dei commentatori della vita civile e politica i cui articoli il settimanale diocesano pubblicava con la firma Civis. Era, quella, una firma collettiva, alla quale Antonio Prezioso ha prestato idee e parole per molto tempo. Per il settimanale era un modo di valorizzare le persone del territorio al di là del loro ruolo pubblico e anche di offrire una pluralità di punti di vista o di sensibilità, all'interno della tradizione cattolico-democratica della "Difesa" .
Civis raccontava e commentava quasi esclusivamente la politica nazionale. Non era però la sola "nota politica" del settimanale diocesano tra gli anni Settanta e Ottanta. Erano frequenti gli editoriali di don Alfredo Contran sul confronto politico veneto e padovano, cioè sulla Democrazia Cristiana. Antonio Prezioso era parte di quel confronto, ma pur essendo partigiano sapeva descrivere con l'obiettività del docente. Gli fu quindi affidato uno spazio continuativo sulla vita politica locale; ovviamente non con il suo nome, a meno che non dovesse essere chiaro che si trattava dell'opinione di un "moroteo", quale egli era.
I primi due articoli di questo spazio giornalistico affidato ad Antonio Prezioso portano la firma "Tito Livio". Lo pseudonimo sembrava perfetto: il richiamo alla "patavinità", il rigore dello storico e anche una spia sull'autore, docente al liceo "Tito Livio". Per Prezioso però quello pseudonimo era una irriverenza insopportabile nei confronti dell'autore di "Ab Urbe condita", che egli spiegava agli studenti. Non ne volle assolutamente sapere. Il terzo articolo di politica locale di Prezioso e i molti a seguire portano la firma "Livio Padovan", pseudonimo interamente veneto.
Come potesse Antonio Prezioso, uomo di partito (e di corrente), essere persona che si caricava prima di tutto della propria comunità intera, lo spiega proprio Livio Padovan.
"I veri riformatori in campo cattolico hanno sempre combattuto e sofferto all'interno del proprio campo, imcontrando incomprensioni e accumulando insuccessi immediati. Ma nessuno può pretendere di toccare con mano i risultati del suo lavoro. Quello che conta è lottare per la buona causa: il resto verrà" (2 agosto 1987).
6 febbraio 2022
articolo per La Difesa del Popolo