PADOVA |
Verso gli Stati Generali del centro-destra Non c'è un'idea di Padova da confrontare con l'esterno Così anche gli autorevoli partecipanti al dibattito saranno liberi di non assumersi impegni di Tino Bedin senatore dei Colli Euganei e della Bassa padovana Alla fine di settembre, precisamente da giovedì 27 a
sabato 29, il sindaco di Padova Giustina Destro mette in scena al Teatro Verdi una civica
rappresentazione dal titolo "Stati Generali". Gli interpreti interpreteranno se
stessi: ci sarà Silvio Berlusconi ad interpretare il presidente del Consiglio, Giancarlo
Galan ad interpretare il presidente della Regione e una serie di ministri ad interpretare
il governo della Repubblica. Questa conclusione fortunatamente è oggi impossibile a Padova, il cui ordinamento non prevede la rivoluzione. E non è l'unica differenza tra gli Stati generali del 5 maggio 1789 a Parigi e quelli del Terzo Millennio a Padova. Quelli dovevano servire a dare voce a chi solitamente non aveva modo di dire la sua opinione e non aveva potere. Questi serviranno a dare voce a chi è al potere e parla tutti i giorni alla tv. La differenza non è da poco: di ascoltare i soliti che parlano potrebbe interessare assai poco ai padovani comuni; addirittura niente, perché non solo non fanno gli interpreti nella civica rappresentazione, ma di loro neppure si parla nel copione. A dire il vero quest'ultima è - per ora - solo una mia previsione, probabilmente un mio pregiudizio. Ma non è tutta colpa mia. A due settimane dallo spettacolo infatti il "copione" non è ancora stato scritto. Il sottotitolo della rappresentazione al Verdi dice "Progetti per un Futuro in Comune" e lascia capire che l'autore abbia un filo conduttore costituito da un maiuscolo Futuro e che i singoli interpreti debbano rappresentarne i contenuti attraverso i Progetti. Lo svolgimento non è però così scontato. Se ne è avuta una avvisaglia mercoledì 12 settembre alla Sala Rossini del Pedrocchi, dove è stata organizzata una piccola prova degli Stati Generali. Non essendoci senza nessuno degli interpreti ufficiali, tranne il sindaco, mi è parso che essa sia stata fatta più per provare, appunto, il copione che le scene. Ho definito "prova" l'incontro del 12 settembre, ma non sono stato corretto. Dato il titolo settecentesco scelto per fine settembre, questa anteprima è stata opportunamente definita in inglese (in base all'evidente principio che, anche nel vocabolario, "un alto e un basso fa un gualivo"). I rappresentanti istituzionali padovani sono stati invitati ad uno "workshop", che è la parola comunemente usata dai padovani per dire di due o più persone che si trovano per fare qualcosa. I due giornali locali hanno ovviamente riferito di "workshop istituzionale" ed i cittadini devono aver capito che l'appuntamento di fine settembre al Verdi proprio li riguarda. L'inventario delle risorse e dei bisogni non è una proposta Qualche difficoltà interpretativa l'hanno invece manifestata alcuni dei partecipanti alla tavola rotonda: invece di presentare il Futuro maiuscolo di Padova hanno raccontato il presente minuscolo di una città, che per il suo sviluppo è costretta ad affidarsi a tutti (imprese, università, ospedale, Berlusconi, i Carabinieri, Galan ) tranne che a coloro che ha eletti per amministrarla. A due settimane dall'appuntamento al Teatro Verdi non è emersa dal sindaco e dalla giunta la proposta dei progetti per Padova. Non è emersa la sfida che la politica a Padova intende affrontare per indicare a se stessa e ai cittadini le ragioni delle scelte. Eppure era un incontro istituzionale, dove la gran parte degli intervenuti ha parlato non per il pubblico e per ottenere il consenso ma per verificare proprie convinzioni. Dopo questa tavola rotonda, è emerso che il contenuto con cui l'amministrazione cittadina si presenta agli Stati Generali è al massimo l'inventario delle risorse e dei bisogni presenti; l'unica chiave di lettura politica può essere l'ordine con cui questo inventario viene scritto; l'unica parola per il maiuscolo Futuro di Padova è "sviluppo". Credo che sia la stessa che hanno in mente i 62 sindaci del mio collegio senatoriale, siano dell'Ulivo o del Polo, siano eletti da mille o da ventimila concittadini. Anzi qualcuno di questi sindaci si arrischia a mettere anche un aggettivo allo sviluppo: "sostenibile", "eco-compatibile", "sociale ed economico". Lo sviluppo di cui abbiamo sentito parlare per Padova è onnicomprensivo. Non è solo troppo poco per una iniziativa, la riflessione su Padova all'inizio di un secolo, che si voleva come atto fondativo della città nuova. Se fosse solo questo, saremmo di fronte ad un'altra occasione mancata per Padova, cui comunque si può rimediare. Il rischio più grave è che chi è stato chiamato "da fuori", in assenza di un progetto padovano sul quale assumere impegni, si metta a "fare lezione" ai padovani su come devono vivere; anzi che si senta autorizzato anche ad organizzare lui le risposte alle risorse e alle esigenze che noi abbiamo; con la conseguenza che alla fine, invece di domandargli conto - come è giusto in democrazia - i padovani debbano anche ringraziarlo per essersi interessato di loro. E se fosse questo l'obiettivo degli Stati Generali? Mi ricordo di aver studiato a scuola che Luigi XVI fu indotto a convocare i suoi Stati Generali perché non sapeva come mettere le tasse. Forse il centro-destra ha indetto la civica rappresentazione al Verdi per far indicare dall'alto un progetto per Padova che non riesce a darsi? La preparazione doveva avvenire in consiglio comunale Questo miscuglio di povertà di progetto e di "dipendenza" dall'esterno, che non appartiene allo spirito dei padovani, è forse all'origine di una delle più significative mancanze degli Stati generali: l'esclusione del consiglio comunale. È questo l'organo al quale i cittadini domanderanno conto a conclusione del mandato ricevuto. È qui che i risultati delle audizioni avrebbero dovuto essere portati, per essere esaminati pubblicamente e per far derivare da questi il progetto per il futuro di Padova. Questo progetto, responsabilmente votato dal consiglio comunale, avrebbe dovuto fare da piattaforma per gli Stati generali. In questa maniera l'appuntamento avrebbe assunto un valore anche di indirizzo per il consiglio comunale, mentre con l'attuale organizzazione risulterà solo uno dei tanti convegni che solitamente settembre offre alla ribalta della cronaca, con una "compagnia" di giro di interpreti che alla fine è sempre la stessa da Capri a Cernobbio. Alla tavola rotonda in Sala Rossini del 12 settembre i capigruppo consiliari dell'Ulivo non sono venuti, seppur invitati. Hanno fatto bene, proprio per la ragione che ho appena evidenziata: nemmeno uno "workshop" può sostituire un consiglio comunale, non per sindacalismo corporativo, ma per rispetto dei cittadini che quel consiglio hanno eletto. Assente il territorio della provincia Non avendo, per parte mia, questa fondamentale obiezione, come rappresentante dei padovani in Parlamento ho accettato l'invito del sindaco Giustina Destro, come hanno fatto il senatore Paolo Giaretta, il consigliere regionale Franco Frigo e l'europarlamentare Massimo Carraro. Ho ritenuto giusto che i cittadini padovani che attraverso il voto hanno progettato con noi il futuro della loro terra potessero confermare anche in questa sede che la sfida dell'Ulivo è sul governo di Padova. C'era poi il mio dovere di rappresentanza territoriale da svolgere. Il collegio senatoriale di Este, che comprende metà della provincia di Padova, aveva titolo di verificare se - pensando al proprio futuro - la città di Padova si sentisse di svolgere un ruolo di capofila, di indirizzo per un territorio più vasto. Anche su questo versante non esiste un progetto. La scheda introduttiva è stata silenziosa sul ruolo di Padova nella provincia, sulla Grande Padova, sullo stretto legame tra Padova e i Colli Euganei con il loro bacino termale, sulla interdipendenza fra le aree produttive del Comune di Padova e nuove e vecchie aree industriali del territorio. È stata la conferma - anche in riferimento ad uno dei doveri che mi hanno portato alla tavola rotonda dei rappresentanti istituzionali - che gli Stati Generali di Padova di fine settembre riguarderanno in minima parte il futuro di Padova e dei padovani. 16 settembre 2001 |
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16
settembre 2001 pd-003 |
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