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Il libro di Claudio Baccarin "Che fine ha fatto la Dc?
"di Tino Bedin
Il racconto del libro di Claudio Baccarin "Chi fine ha
fatto la Dc" (Gregoriana libreria editrice, 2000) dà conto di una realtà: ci sono i
democristiani, è finita la Dc.Ci sono i democristiani: tra il personale politico (e la
documentazione del libro è esauriente); tra gli elettori (e questo non rientrava
nell'oggetto della ricerca storico-politica). Tante esperienze personali non fanno un
partito, non fanno la Dc: segno che la Dc non torna.
E' una constatazione non scontata. Il cartello elettorale tra Cdu e Ccd sotto il simbolo
del "Biancofiore" è la prova più recente della convinzione ancora diffusa che
sulla porta chiusa
della Dc sia scritto "Torno subito". Lo strumento
politico scelto da Sergio D'Antoni per passare dal sindacato alla politica corrisponde
anch'esso alla identica convinzione: che sia stata solo casuale la scomparsa della Dc;
anzi che essa non sia scomparsa per niente, ma si sia solo assentata per un momento,
preoccupandosi di tenere ben presidiata la casa.
Ho sempre pensato che la Democrazia Cristiana dovesse finire. Il suo progetto era stato
realizzato, sia nella parte costruttiva (diffondere la giustizia sociale in Italia) sia
nella parte difensiva (evitare che per cercare la giustizia gli italiani finissero
comunisti). A questo punto un partito di riferimento cristiano aveva di fronte le sfide
che Giovanni Paolo II continua ad indicare dall'inizio del suo pontificato e per le quali
occorre uno strumento politico nuovo.
Se avesse avuto qualche possibilità storica di riproporsi la Dc sarebbe rinata tra il
1996 e il 1998. Il libro di Baccarin ricorda che in quel periodo tre democristiani
ricoprivano tre fra le quattro principali cariche repubblicane: Scalfaro, Mancino e Prodi.
La cronaca non cita un particolare rilevante: non erano solo democristiani, erano
Popolari, cioè appartenevano tutti alla stessa parte della diaspora democristiana. A
livello locale molti popolari erano sindaci; la vera guida della provincia era
riconosciuta dal punto di vista del progetto in Tonino Ziglio; il presidente regionale
dell'Anci era un altro popolare.
In quello stesso periodo la sconfitta elettorale aveva in parte appannato la figura
personale di Berlusconi e Forza Italia appariva scopertamente quello che era: un partito
televisivo frutto di un'azienda.
Era quello il periodo della predicazione secessionista, ma soprattutto della posizione
"pagana" (il dio Po) e anticlericale (attacchi diretti non solo alla Chiesa
italiana ma soprattutto al Papa) della Lega Nord.
Forte potere del Ppi, debolezza di Forza Italia, contrapposizione ideologica della Lega:
tre situazioni che risultavano ideali per una ricomposizione democristiana che partisse
dal Ppi, di cui era segretario Franco Marini e di cui faceva parte il senatore Giulio
Andreotti (voglio dire, non direttamente la ex Sinistra democristiana).
Ricordo che anche a livello padovano questa situazione ha determinato attenzione. Il
convegno di studio organizzato in autunno del 1996 ad Este, con una rilevanza nazionale
per la presenza di Bodrato, Bindi e Bianco ha visto tra i partecipanti numerosi
"democristiani dell'attesa" e democristiani che, dopo aver fatto scelte con il
centro-destra, ritenevano possibile ricominciare a ricostituire la Dc.
Ma - come abbiamo visto - quella situazione non ha avuto sbocchi. Non è rinata la Dc, né
a Roma né in Veneto.
La Dc non è rinata nemmeno più tardi, in Forza Italia.
Questo progetto di trasformare Forza Italia in Forza Dc va riconosciuto e va considerato
uno degli elementi che hanno consentito e stanno consentendo il fortissimo recupero del
partito di Berlusconi rispetto alla sconfitta elettorale del 1996. Si è tratta di un
progetto elaborato e realizzato con coerenza e precisione, sia a livello nazionale che a
livello europeo. Al suo sorgere, Forza Italia aveva al centro della sua proposta politica
la "rivoluzione liberale e liberista"; il suo modello era la signora Tatcher, il
suo slogan "meno Stato, più mercato". Oggi Forza Italia non ha abbandonato il
programma liberista, ma cerca di ammobidirne l'impatto con un cristianesimo minimo, la cui
funzione sociale è quella per un verso di addolcire la durezza del liberismo, per un
altro verso di favorire il formarsi di un blocco moderato potenzialmente maggioritario.
I manifesti di Silvio Berlusconi nella campagna elettorale in atto costituiscono l'atto
finale, per ora, di questa trasformazione. Sul piano politico questa trasformazione è
segnalata dalla decisione di votare a favore di quella parte della manovra finanziaria in
corso relativa alle pensioni. Basta ricordare che sul tema delle pensioni è finita
l'esperienza di governo di Berlusconi per sottolineare quanto peso mediatico Berlusconi
attribuisca a questa trasformazione.
Sul piano esterno Forza Italia ha perseguito l'obiettivo della partecipazione a pieno
titolo nel Partito Popolare Europeo.Sul piano locale si sono ricostruite le reti
democristiane e anche molti democristiani dell'attesa ora hanno scelto.
Ma nessuna di queste tre situazioni trasformerà Forza Italia nella Dc. Il libro lo dice
chiaramente nel racconto dei fatti e delle persone. E non è perché manchi una parte
dell'area dei cattolici democratici. E' che la Dc aveva una visione della società; era
appartenenza culturale anche per coloro che non facevano politica ma faceva dell'altro ed
avevano la stessa visione della vita.
I cosiddetti mondi vitali erano serbatoio, certo di voti ma anche di idee per la Dc, in
modo da renderla socialmente rilevante. Oggi i mondi vitali non sono più grado di
esprimere una visione della vita e quindi di partecipare ad un'esperienza sociale e
politica rappresentata da una rinata Dc. Si annoda qui il tema della rappresentanza dei
corpi sociali. Nel caso del Veneto credo che la domanda vera dovrebbe essere: ma c'è
ancora qualcuno che vuole essere rappresentato?
La constatazione e l'interrogativo sono tanto più rilevanti nel Veneto che è fra le
culle del cattolicesimo sociale e che, non a caso, è stata la culla del Partito Popolare.
Non è stato successivamente sottolineato (e soprattutto vissuto) un fatto: qui in Veneto
il Partito Popolare è stato certamente concepito dalla Democrazia Cristiana, ma
all'assemblea costitutiva di Abano (che ha anticipato quella nazionale) i contributi di
idee e di persone erano almeno paritariamente provenienti dai "mondi vitali". Se
esaminiamo le candidature alle elezioni politiche del 1994 presentate dal Ppi che si
misurava per la prima volta, potremmo ricavare una indicazione di quale era stata allora
la scommessa progettuale.
Il progetto attuale di Forza Italia non parte invece da una visione complessiva della
società e non ha come obiettivo la composizione sociale. Se ne è avuto un esempio, di
cronaca, nella presa di posizione sulla Carta dei diritti dei cittadini europei, contro la
quale Forza Italia ha assunto alla Camera una posizione lontana da quella del Partito
Popolare europeo. E' un episodio illuminante, e lo cito perché è solo l'ultimo, della
lontananza di un partito strutturato all'americana, rispetto a una storia politica
strutturata sulla progettualità sociale. Forza Italia non diventerà Forza Dc per sua
natura; e questo nonostante il contributo di molti democristiani.
Ci sarebbe a questo punto da affrontare il tema del cambiamento sociale e culturale della
società europea (di cui il Veneto è sempre più parte significativa) e quindi del
confronto a livello europeo che la società veneta deve necessariamente vivere per
ricavare anche da questo il venir meno delle condizioni di un partito di riferimento
cattolico.
Cito anche qui uno dei punti che hanno fatto discutere a proposito della Carta europea dei
diritti dei cittadini: la sostituzione dell'aggettivo "religioso" con l'aggetto
"spirituale" collegato con i valori europei. La sostituzione è stata richiesta
non dalla sinistra ma dal presidente francese Chirac, che nella geografia politica europea
appartiene al "centro-destra".
E' solo una citazione per ricavare la certezza che la natura di una possibile
"Democrazia cristiana" oggi in Veneto non può che essere quella di un partito
plurale, espressione delle soggettività sociali che vogliono essere protagoniste
piuttosto che rappresentate, e quindi disponibile a sperimentare forme originali di
co-decisione.
Un tentativo in questa direzione è stato costituito dalla formula originaria dell'Ulivo.
E' un tentativo che è risultato troppo difficile per le forse disponibili. Un nuovo
tentativo, che non a caso ha preso avvio dal Veneto, è costituito dalla nascita di
Insieme per il Veneto. Proprio perché ha radici in Veneto che sia possibile e giusto
riprovarci. Personalmente non so se sia in caso di scommetterci; intanto però mi impegno
a lavorarci.
4
novembre 2000 webmaster@euganeo.it |
il
collegio senatoriale di Tino Bedin |