OGGI

A sessant'anni dalle bombe su Hiroschima e Nagasaki
L'Europa per un mondo
libero dal nucleare

C'è la base giuridica e politica per una politica unitaria

di Tino Bedin

Sessant'anni da Hiroshima e Nagasaki: commemorazione o allarme? Più commemorazione che allarme a sessant'anni esatti dal lancio dell'atomica su Hiroshima e Nagasaki.
Il pratico fallimento della quinquennale conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare, nel maggio scorso alle Nazioni Unite, è passato sotto silenzio, proprio nell'anno dell'anniversario dell'utilizzo della bomba atomica per usi militari.
A giudicare dal sentimento comune, le armi nucleari sembrano non costituire più un problema, sovrastate nella sensazione del pericolo dal terrorismo e dalle armi batteriologiche.
In questo contesto di opinioni pubbliche distratte dall'informazione, di parlamenti non preoccupati (in Italia siamo riusciti a discutere una mozione in Senato prima della Conferenza, ma non abbiamo ascoltato il nostro ministro degli Esteri dopo quell'appuntamento), di forze politiche senza la bandiera del disarmo nucleare: nel manifesto dell'Unione non se ne fa cenno) c'è invece un'Europa che non rinuncia a cercare un proprio ruolo.

L'Europa come potenza pacifica. Il punto si riferimento è la "Strategia europea in materia di sicurezza", adottata il 12 dicembre 2003 a Bruxelles con il titolo "Un'Europa sicura in un mondo migliore". La Strategia europea in materia di sicurezza considera giustamente la proliferazione delle armi di distruzione di massa come il secondo pericolo globale dopo il terrorismo internazionale. Inoltre, a nessuno sfugge che, in presenza di stati canaglia, di stati falliti o di sorveglianza inadeguata, i due problemi sono strettamente collegati.
Richiamo l'attenzione sul titolo del documento e sulla data. Il titolo, "Un'Europa sicura in un mondo migliore", conferma una posizione politica dell'Europa nell'approccio alla sicurezza globale, che periodicamente viene messo in discussione.
Anche recentemente si è affermato che nelle relazioni con gli Stati Uniti, l'Europa deve adottare una logica di potenza piuttosto che una logica di valori. La logica di potenza indurrebbe l'Unione Europea a dotarsi dei mezzi necessari alla promozione dei suoi stessi valori sulla scena internazionale. Al contrario - secondo i sostenitori di questa tesi - concentrarsi solo sui valori, senza approntare gli strumenti che servono per realizzarli, porterebbe alla distruzione della stessa logica dei valori.
Alla fine del 2003 l'Unione Europea conferma la sua scelta di potenza pacifica e mette formalmente in comune la propria politica di non proliferazione nucleare e di contrasto alle armi di distruzione di massa.

Le responsabilità delle potenze nucleari. La scelta vale per l'Europa, ma è anche la valorizzazione del Trattato di non proliferazione nucleare a livello globale.
Questo Trattato ha funzionato bene fino a qualche anno fa. Non ci sono state defezioni, e una lunga schiera di aderenti hanno abbandonato la strada del nucleare bellico: l'Egitto, la Svezia, l'Italia e la Svizzera per primi. Seguiti da Brasile, Argentina, Sudafrica e molti altri. Mentre la Bielorussia, l'Ucraina e il Kazakistan, diventati indipendenti, si sono sbarazzati delle armi ereditate dall'Unione Sovietica. Ora invece ci troviamo in una grave crisi. Paesi come Israele, India e Pakistan, anch'essi detentori di armi nucleari, restano al di fuori del Trattato e non si sentono né incoraggiati né costretti in alcun modo a sottoscriverlo. La cosa ancora più preoccupante è che la Corea del Nord sta cercando di recedere dal Trattato e sta ricattando la comunità internazionale.
Ma il punto centrale del problema non è in Corea del Nord o in Iran. Chi si limita a segnalare questi gravi rischi, fa finta di non sapere che il Trattato di non proliferazione si basa su un compromesso tra nazioni nucleari e non-nucleari. Le prime devono disarmare fino a zero, in cambio della rinuncia delle seconde ad armarsi. Mentre il resto del mondo smantellava laboratori e progetti, e concepiva nuovi accordi di disarmo, il club atomico non ha disarmato. Le cinque potenze nucleari ufficiali non hanno fatto quei passi sostanziali verso l'azzeramento della minaccia atomica che gli altri Paesi si aspettavano di vedere.

I compiti dell'Unione Europea. Pur con molte contraddizioni (due potenze nucleari fanno parte dell'Unione), l'Europa viene vista da molti come una grande forza in grado di gestire il percorso che ci può portare a un mondo libero dall'incubo nucleare.
Ciò significa inoltre che l'Unione europea deve impegnarsi a colmare le lacune del Trattato. Il divieto di test, cioè l'interdizione degli esperimenti nucleari, non è stato ancora firmato da tutte le parti; in particolare, non lo hanno sottoscritto gli Stati Uniti, che continuano altresì a costruire armi nucleari per scopi bellici.
Bisogna battersi perché i suoi membri perseguano il disarmo del continente convincendo la Francia e il Regno Unito ad applicare la parte del Trattato che li riguarda direttamente, in modo che l'Europa possa dichiararsi zona libera da armamenti nucleari.
Non possiamo sempre chiedere agli altri di desistere dall'acquisire ulteriori armi nucleari, se noi stessi non siamo disposti a disarmare e a smantellare il pericolosissimo potenziale di distruzione di massa in possesso degli Stati membri dell'Unione europea. Lo stesso scopo va perseguito nel Medio Oriente, vincolando Israele a dare seguito al suo impegno verso l'eliminazione delle armi nucleari dalla regione come parte del processo di pace con i palestinesi. E vanno fatti valere verso gli Usa, la Russia e la Cina gli obblighi che questi paesi hanno contratto firmando strumenti legali internazionali.

14 agosto 2005


17 agosto 2005
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Tino Bedin