Al Vertice mondiale di Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre
Per lo sviluppo sostenibile determinante il contributo dell'Europa
Il modello di economia agricola, ad esempio, riduce alcuni rischi della globalizzazione finanziaria di Tino Bedin
Separare lo sviluppo dal degrado ambientale: questo obiettivo è già nella scelta del titolo, "Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile", della Conferenza che si svolge a Johannesburg, Sudafrica, dal 26 agosto al 4 settembre. Il punto di riferimento per lo sviluppo sostenibile è il Vertice della Terra, che si è tenuto nel 1992 a Rio de Janerio; il prossimo appuntamento di Johannesburg ha infatti come sottotitolo "Rio + 10": a ricordare che da quel Vertice della Terra sono passati 10 anni e che le azioni lì individuate e decise sono decisamente in ritardo.
Dieci anni dopo, comunque, non basta rilanciare le decisioni di allora. La prima domanda non è quanto e quale sviluppo sia sostenibile dall'ambiente, ma quale e quanto sviluppo sia sostenibile dalle persone: donne e uomini, bambini e vecchie, persone diverse tra di loro, che la globalizzazione ha la presunzione di uniformare.
Nascono da questa nuova domanda di sostenibilità le difficoltà che si sono già registrate nella fase preparatoria della Conferenza di Johannesburg e che fanno immaginare uno svolgimento accidentato del confronto tra rappresentati delle organizzazioni mondali, degli Stati, delle organizzazioni non governative. Proprio i rischi presenti hanno spinto Romano Prodi e la Commissione Europea ad impegnarsi attivamente sia nella fase preparatoria sia nella partecipazione diretta ai lavori della Conferenza.
Il Vertice di Johannesburg, il suo successo o il suo fallimento, riguardano direttamente l'Europa come soggetto politico. L'appuntamento in Sudafrica è organizzato dalle Nazioni Unite, è espressione della multilateralità sia istituzionale che sociale nel pianeta. Il sistema multilaterale è attualmente messo in discussione dalla strategia di George Bush a sostegno della centralità degli Stati Uniti. L'Europa - nell'ambito dell'amicizia e della collaborazione con gli Usa - si affermerà come "attore globale" (secondo la definizione di Romano Prodi), se il mondo continuerà ad avere più riferimenti. Poter scegliere tra diversi modelli renderà del resto più sostenibile lo sviluppo per persone e popoli. Vediamo, per fare un solo esempio, l'agricoltura.
Il sistema di sostegno europeo alla propria agricoltura viene indicato da alcuni come una delle cause delle disparità drammatiche di alimentazioni tra persone sul pianeta. Coloro che mettono al centro dello sviluppo sostenibile la centralità del commercio e la liberalizzazione della finanza, faranno anche della Conferenza di Johannesburg una tribuna per ribadirlo.
Eppure è vero esattamente il contrario; succede esattamente il contrario. Ecco una testimonianza diretta dagli altipiani della Bolivia. "La quinoa è una pianta fantastica, ricca in proteine, che gli indiani coltivano da migliaia di anni in condizioni difficili ad alta quota. Oggigiorno la domanda di questa pianta non cessa di aumentare nei paesi occidentali. La pressione degli acquirenti può rivelarsi disastrosa e contribuire alla fine alla desertificazione. Gli indiani hanno solo questa pianta per vivere. Non bisognerebbe che siano tentati per rispondere alla domanda crescente di non rispettare i tempi di messa a maggese necessari alla ricostituzione dei suoli".
L'Unione Europea ha nella sua origine e anche nella sua esperienza molto da dire in questo settore cruciale per la sostenibilità dello sviluppo sia da parte delle persone che da parte dell'ambiente.
Ha anche molto da fare. Poche settimane fa, appena due giorni prima di presentare la propria posizione alla Conferenza sullo sviluppo sostenibile, la Commissione europea ha iniziato la procedura di infrazione contro tutti i quindici stati membri dell'Unione Europea a proposito del controllo delle sostanze che danneggiano lo strato di ozono. Nessuno degli stati membri è stato in grado di comunicare entro il 31 dicembre dello scorso anno quanto ha realizzato per togliere dall'utilizzo le sostanze che riducono lo strato di ozono.
Eppure il "buco nell'ozono" è una delle immagini che i cittadini europei evocano con maggiore frequenza di fronte a mutamenti climatici, di fronte ad alluvioni o a siccità. Se nessuno dei governi dell'Unione ha ritenuto di rispettare il regolamento che sci si è dati, vuol dire che il passaggio dalla coscienza al comportamento e quindi alla decisione politica è ancora in gran parte da compiere.
22 agosto 2002 |