Lavorare tutti, lavorare meno. È sabato 16 ottobre 2021 e ne parla Papa Francesco. Il Pontefice non ne parla al passato, non fa citazioni storiche degli anni Settanta del Novecento, quando quelle parole erano uno slogan presto silenziato dalla globalizzazione e dal terrorismo. Papa Francesco guarda al presente svelato dalla pandemia e al futuro già ipotecato dalla finanza.
"La pandemia ha fatto vedere le disuguaglianze sociali che colpiscono i nostri popoli e ha esposto - senza chiedere permesso né scusa - la straziante situazione di tanti fratelli e sorelle, quella situazione che tanti meccanismi di post-verità non hanno potuto occultare. Molte cose che davamo per scontate sono cadute come un castello di carte. Abbiamo sperimentato come, da un giorno all'altro, il nostro modo di vivere può cambiare drasticamente, impedendoci, per esempio, di vedere i nostri familiari, compagni e amici".
Ma non è detto che dalla pandemia si uscirà verso il futuro: "Mi preoccupa il fatto che, mentre siamo ancora paralizzati, ci sono già progetti avviati per riarmare la stessa struttura socioeconomica che avevamo prima, perché è più facile".
La prospettiva è preoccupante: "Questo sistema, con la sua logica implacabile del guadagno, sta sfuggendo a ogni controllo umano. È ora di frenare la locomotiva, una locomotiva fuori controllo che ci sta portando verso l'abisso. Siamo ancora in tempo. (…) È necessario che insieme affrontiamo i discorsi populisti d'intolleranza, xenofobia, aporofobia - che è l'odio per i poveri -, come tutti quelli che ci portano all'indifferenza, alla meritocrazia e all'individualismo, queste narrative sono servite solo a dividere i nostri popoli e a minare e neutralizzare la nostra capacità poetica, la capacità di sognare insieme".
È "tempo di agire" e Papa Francesco propone alcune misure concrete: un reddito minimo (o salario universale) e la riduzione della giornata lavorativa. In questo modo ogni persona potrebbe permettersi di "accedere ai beni più elementari della vita".
"È giusto lottare per una distribuzione umana di queste risorse. Ed è compito dei Governi stabilire schemi fiscali e redistributivi affinché la ricchezza di una parte sia condivisa con equità, senza che questo presupponga un peso insopportabile, soprattutto per la classe media, generalmente, quando ci sono questi conflitti, è quella che soffre di più".
I vantaggi della riduzione della giornata lavorativa, per il Papa si possono ritrovare nella storia.
"Nel XIX secolo gli operai lavoravano dodici, quattordici, sedici ore al giorno. Quando conquistarono la giornata di otto ore non collassò nulla, come invece alcuni settori avevano previsto. Allora - insisto - lavorare meno affinché più gente abbia accesso al mercato del lavoro è un aspetto che dobbiamo esplorare con una certa urgenza. Non ci possono essere tante persone che soffrono per l'eccesso di lavoro e tante altre che soffrono per la mancanza di lavoro".
Lavorare tutti, lavorare meno, lavorare meglio: questa la sintesi completa della proposta che Papa Francesco ha inserito in questo lungo videomessaggio in occasione del quarto incontro dei Movimenti popolari.
Il lavoro fonte di dignità. L'accesso al mercato del lavoro è per il Pontefice prima di tutto l'accesso alla propria dignità di persona. Il lavorare "bene" non si misura dalla produttività, ma dalla dignità del lavoratore.
L'aveva ben chiarito lo stesso Papa Francesco due giorni prima, in un altro videomessaggio, destinato alla Fondazione Idea e all'Unione dei lavoratori dell'economia popolare, promotori del Colloquio "Realizziamo un'Argentina sostenibile". È un testo molto breve, ma rivelatore della dottrina sociale di Papa Francesco: ancora una volta fonda la sostenibilità sul lavoro delle persone.
"Chi non ha lavoro sente che gli manca qualcosa, gli manca quella dignità che dà proprio il lavoro, che unge di dignità. (…) Il lavoro esprime e alimenta la dignità dell'essere umano, gli consente di sviluppare le capacità che Dio gli ha donato, lo aiuta a tessere relazioni di scambio e di aiuto reciproco, gli permette di sentirsi collaboratore di Dio per prendersi cura di questo mondo e svilupparlo, lo fa sentire utile alla società e solidale con le persone a lui care. Per questo il lavoro, al di là delle fatiche e delle difficoltà, è il cammino di maturazione, di realizzazione della persona, che mette le ali ai sogni migliori".
I due videomessaggi, entrambi originalmente in spagnolo, si legano anche sulla prima delle due misure suggerite dal Papa, quella del salario minimo. Il salario minimo non è l'alternativa al lavoro: è piuttosto uno degli strumenti di redistribuzione delle risorse ("Non dimentichiamo che le grandi fortune di oggi sono frutto del lavoro, della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnica di migliaia di uomini e donne nel corso di generazioni"), dice nel secondo messaggio, con la premessa chiarissima fatta nel messaggio agli argentini: "I sussidi possono essere solo un aiuto provvisorio. Non si può vivere di sussidi, perché il grande obiettivo è offrire fonti di lavoro diversificate che consentano a tutti di costruire il futuro con la fatica e l'ingegno. Proprio perché diversificate, aprono il cammino affinché le diverse persone trovino il contesto più adeguato a sviluppare i propri doni, poiché non tutti hanno le stesse capacità e inclinazioni".
Papa Francesco sa che quelle da lui proposte sono "misure necessarie, ma naturalmente non sufficienti. (…) Ma ho voluto menzionarle perché sono misure possibili e segnerebbero un positivo cambiamento di direzione".
Direzione non rivoluzionaria, infatti. Il salario minimo ha molti nomi (anche in Italia) e numerose applicazioni in Europa e nel mondo. Quanto alla riduzione dell'orario di lavoro, è anch'esso oggetto di sperimentazioni e di applicazioni in Paesi diversi per struttura economica e dimensione, dalla Finlandia alla Germania. E - come dice lo stesso Pontefice - si tratta di una tendenza di lungo periodo: a guardare l'andamento storico, infatti, si vede che è assolutamente possibile lavorare meno, lavorando tutti. Ho letto una ricerca che segnala che tra i Paesi Ocse, più una nazione è ricca, minori sono le ore di lavoro, tanto che il paese in cui si lavora di più è il Messico, quello in cui si lavora di meno la Germania.
Silenzio e discredito su chi ne parla. "È bene sapere - commenta Papa Francesco - che in questo non siamo soli. Le Nazioni Unite hanno cercato di stabilire alcune mete attraverso i cosiddetti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS), ma purtroppo non conosciute dai nostri popoli e dalle periferie; e questo ci ricorda l'importanza di condividere e di coinvolgere tutti in questa ricerca comune".
Un'osservazione, quest'ultima, con la quale il Papa sottolinea l'assenza di un dibattito politico e di un'opinione pubblica sul tema del lavoro. Non è un'assenza neutrale. Essa determina l'isolamento di chi invece affronta pubblicamente l'argomento, di chi se ne fa carico a nome di chi non ha voce.
Dice Papa Francesco di se stesso: "A volte mi sorprende che ogni volta che parlo di questi principi alcuni si meravigliano e allora il Papa viene catalogato con una serie di epiteti che si utilizzano per ridurre qualsiasi riflessione alla mera aggettivazione screditante. Non mi fa arrabbiare, mi rattrista. Fa parte della trama della post-verità che cerca di annullare qualsiasi ricerca umanistica alternativa alla globalizzazione capitalista; fa parte della cultura dello scarto e fa parte del paradigma tecnocratico".
Due giorni prima nel messaggio al Colloquio su "Realizziamo un'Argentina sostenibile", aveva già messo le mani avanti: "Alcuni mi hanno fatto dire cose che non sostengo: che propongo una vita senza fatica, o che disprezzo la cultura del lavoro. Immaginatevi se si può dire questo di un discendente di piemontesi, che non sono venuti nel nostro paese con la voglia di essere mantenuti, ma con un enorme desiderio di rimboccarsi le maniche per costruire un futuro per le loro famiglie".
Immaginiamoci se il discendente di emigranti italiani in Argentina può farsi zittire dal paradigma tecnocratico, se può accettare "la paralisi che l'egoismo del forte e il conformismo del debole vogliono imporre".
"Ai governi in generale, ai politici di tutti i partiti, voglio chiedere, insieme ai poveri della terra, di rappresentare i propri popoli e di lavorare per il bene comune. Voglio chiedere loro il coraggio (…) di sapere che il bene di un popolo è molto più di un consenso tra le parti. Si guardino dall'ascoltare soltanto le élite economiche tanto spesso portavoce di ideologie superficiali che eludono le vere questioni dell'umanità".
Insistente nel chiedere, dice di se stesso Papa Francesco.
17 ottobre 2021