ECONOMIA E LAVORO

Il futuro comune è una scelta politica ed economica non facile, perché costringe a cambiare mentalità
Non c'è sviluppo senza giustizia: anche in Italia
Lavoratrici e lavoratori "scartabili" rischiano di aumentare
in numero e in povertà se l'unico obiettivo è la "ripresa" dopo il Covid-19

di Tino Bedin

Papa Francesco ha chiesto alla Commissione vaticana Covid-19 di "preparare il futuro" invece che "prepararsi ad esso". Incamminarsi verso il futuro comune è però una scelta politica ed economica non facile, perché costringe a cambiare mentalità; è una scelta addirittura impervia, perché lungo quella strada sarà inevitabile incrociare molte persone che la pandemia ha scartate e "nascoste".
Proprio in settori che hanno richiamato l'attenzione pubblica nei mesi di isolamento, come il lavoro di cura o la logistica, infatti, si incontrano anche molti "lavoratori poveri": persone occupate la cui retribuzione non consente una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia.

L'aumento delle diseguaglianze. In una discussione che finora non ha prodotto nulla la Camera dei deputati ha individuato in 9 euro lordi all'ora la soglia sotto la quale un lavoro è da considerare "povero": tre milioni di lavoratori italiani non arrivano a questa soglia. Hanno stipendi che a volte non superano i 500 euro al mese, perché la media settimanale è di venti ore lavorate; il lavoro povero è fatto anche di part time involontario subito dal 65,2 per cento degli occupati a tempo parziale. La pandemia ha impoverito ancora di più questi lavoratori poveri. Il blocco dei licenziamenti e il massiccio intervento della cassa integrazione hanno inevitabilmente protetto di più i lavoratori strutturati e a tempo pieno. I sostegni sono stati distribuiti in proporzione agli stipendi e quindi hanno aumentato le diseguaglianze economiche. In alcuni casi i sostegni non sono proprio arrivati: molti lavoratori del settore turismo e ristorazione non hanno potuto avere ristori perché negli anni precedenti al Covid erano stati pagati in nero; migliaia di assistenti familiari si sono trovate nella stessa condizione.
Non è una questione marginale nella nostra struttura economica, se lo questa settimana Papa Francesco ha ritenuto di partire proprio da questi lavoratori poveri nel suo videomessaggio alla Conferenza internazionale del Lavoro; la loro condizione gli consente non solo di valutare il presente ma di segnalare una strada nel futuro.
Con la fretta di tornare a una maggiore attività economica, al termine della minaccia del Covid-19, evitiamo le passate fissazioni sul profitto, l'isolamento e il nazionalismo, il consumismo cieco e la negazione delle chiare evidenze che segnalano la discriminazione dei nostri fratelli e sorelle "scartabili" nella nostra società. Al contrario, ricerchiamo soluzioni che ci aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro fondato su condizioni lavorative decenti e dignitose, che provenga da una negoziazione collettiva. (…) Siamo chiamati a dare priorità alla nostra risposta ai lavoratori che si trovano ai margini del mondo del lavoro e che si vedono ancora colpiti dalla pandemia di Covid-19; i lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si è soliti denominare "il lavoro delle tre dimensioni": pericoloso, sporco e degradante, e l'elenco potrebbe andare avanti. (…) La mancanza di misure di tutela sociale di fronte all'impatto del Covid-19 ha provocato un aumento della povertà, la disoccupazione, la sottoccupazione, l'incremento della informalità del lavoro, il ritardo nell'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, il che è molto grave, l'aumento del lavoro infantile, il che è ancora più grave, la vulnerabilità al traffico di persone, l'insicurezza alimentare e una maggiore esposizione all'infezione tra popolazioni come i malati e gli anziani.

Il rischio della parentesi. Lavoratrici e lavoratori "scartabili", secondo la realistica definizione di Papa Francesco (ed effettivamente scartati nel pieno della pandemia), rischiano di aumentare in numero e in povertà se l'unico obiettivo è la "ripresa" dopo il Covid-19. Il Papa rilancia anche in questa occasione l'avvertimento a non considerare l'esperienza pandemica una parentesi. Del resto, proprio la pandemia sta facendo vedere che le connessioni sociali sono così strette che la condizione di ciascuno è influenzata dalla condizione di molti.
La presente debolezza collettiva consente di capire che non c'è sviluppo senza giustizia, di vedere che lo sviluppo è vero se è per tutti. Sono le evidenze che San Paolo VI illustra nell'enciclica Populorum progressio: era il 1967 e il Papa ci avvertiva di tenerne conto nei rapporti tra gli Stati; mezzo secolo dopo quel richiamo è diventato necessario addirittura nei rapporti della nostra società, addirittura in Italia.

20 giugno 2021



la-087
Aggiornato: 28 ottobre 2021
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