ECONOMIA E LAVORO

Buona Pasqua a tutte le persone che oggi devono lavorare
Il pannolone per anziani
e la gonna alla moda
hanno la stessa urgenza di risposta?

L'incredibile cifra di cinque milioni di lavoratori festivi e la difesa della libertà solo per alcuni

di Tino Bedin

Buona Pasqua ai lavoratori di AltaVita che per lavoro vivono questa domenica speciale con gli anziani padovani al Beato Pellegrino e al Pensionato Piaggi di Padova o a Palazzo Bolis di Selvazzano Dentro. Ho trascorso le dieci Pasqua precedenti con loro e con i vecchi che loro assistono come amministratore di AltaVita e a loro e ai vecchi l'augurio l'ho fatto personalmente. Quest'anno - ormai concluso il mio incarico - mi piace associare ancora il loro lavoro alla Pasqua, perché è un lavoro che produce serenità e conserva speranze sia negli anziani ospiti sia nei loro familiari.
Buona Pasqua ai lavoratori di Serravalle Designer Outlet, il più grande d'Europa in provincia di Alessandria. Li conosco solo dai mezzi d'informazione, perché hanno fatto notizia sia la decisione della McArthurGlen, la società di gestisce l'outlet, si tenere aperto il giorno di Pasqua sia la protesta delle organizzazioni sindacali che hanno anche proclamato uno sciopero. Buona Pasqua ai lavoratori che scioperano. Buona Pasqua ai lavoratori che sono nei negozi, perché non possono permettersi di scioperare o per il contratto che hanno o per il bilancio familiare già tirato.

L'attualità di un dibattito. Si risponde alla stessa urgente necessità cambiando il pannolone di un anziano non autosufficiente (come fanno i lavoratori di AltaVita) o facendo provare una gonna ad una signora in gita commerciale (all'Outlet di Serravalle)? Sono stati i sostenitori della "libertà di commercio" e della "modernità" a fare il parallelo tra le due prestazioni lavorative. L'apertura pasquale - non solo in quel centro - ha fatto ritornare di attualità il dibattito sulle aperture dei negozi tutte le ore del giorno e tutti i giorni della settimana e tutte le settimane dell'anno. Citando tutti una sola fonte, quindi l'unica che gli dà ragione, mettono in campo cinque milioni di lavoratori italiani che lavorerebbero nei giorni festivi, compresi quelli che stanno nelle case di riposo, negli ospedali, negli aeroporti, sui treni e via lavorando.
Prima di ripetere la domanda se un pannolone per incontinenti e una gonna alla moda abbiano la stessa urgenza di risposta, meritano una considerazione questi "cinque milioni di lavoratori festivi" che ho ritrovato in tutti gli organi di informazione, sbattuti in faccia ai lavoratori che innalzano cartelli con la scritta "La festa non si vende": slogan bello perché ambivalente.
Ammettiamo - senza darlo per sicuro - che le aziende e servizi che sono attivi nei giorni festivi abbiano cinque milioni di dipendenti. Questi cinque milioni non lavorano certamente tutti nei giorni di festa e certamente non lavorano tutte le feste. Faccio il caso di AltaVita, che conosco per averla amministrata: su circa cinquecento dipendenti, solo metà sono turnisti, perché gli altri - come gli amministrativi e quelli che non sono a servizio diretto della persona - di festa non lavorano mai. I turnisti invece lavorano di festa (domenica o altro giorno festivo), quando questa ricade nel loro turno. È un'organizzazione del lavoro consolidata e diffusa in tutti i servizi: ciascuno di noi conosce persone che periodicamente lavorano di festa, sulla base di un calendario comunicato generalmente con largo anticipo, nel quale c'è anche il giorno settimanale di riposo compensativo.
Sarà dunque opportuno che chi ha fatto i conti dei cinque milioni di lavoratori festivi fornisca tutte le tabelle.
Sarà utile anche allegare le tabelle degli stipendi dei lavoratori turnisti: il lavoro in turni ha infatti anche un'indennità economica prevista dai contratti nazionali di lavoro. Poi questi esperti di numeri potrebbero elaborare le tabelle degli stipendi dei lavoratori domenicali e festivi nei centri commerciali e negli outlet: tutti gli stipendi, compresi quelli di chi lavora proprio solo venerdì, sabato e domenica. Le tabelle comparative con gli stipendi di infermieri, autisti di autobus, poliziotti e via servendo saranno ancora più utili.

Libertà è reciprocità. Un altro slogan dei sostenitori della modernità è la "libertà economica". Diamola per buona, anche se al riguardo il pensiero sta mutando e non solo per le osservazioni di Papa Francesco. Uno dei fondamenti della libertà è la reciprocità: la mia libertà finisce dove comincia la tua e viceversa. Tu sei libero di aprire un negozio di festa; per aprire il negozio ti serve la mia libertà di lavorare o no di festa; dunque dobbiamo contrattare le nostre libertà. Al momento questa contrattazione è scarsa e in alcuni casi non è applicata. Non ci sono infatti relazioni sindacali consolidate. La flessibilità non è regolamentata da contratti collettivi di lavoro. L'esigenza c'è, tanto che il Parlamento se ne sta facendo carico con un disegno di legge. Per intanto la "libertà economica" dei lavoratori non è per niente comparabile a quella della grande distribuzione organizzata.
E non è un'esigenza solo italiana. Mi incuriosisce su un quotidiano di oggi questa notizia: "In Polonia, dove i grandi supermercati sono sempre aperti e non si prevede neanche una maggiorazione nei compensi dei lavoratori, il sindacato Solidarnosc è riuscito a raccogliere le firme necessarie per presentare una proposta di legge per una regolamentazione". Mi "incuriosisce" che le battaglie per la libertà della persona non finiscono davvero mai: Solidarnosc è in sindacato che dai cantieri navali di Danzica aveva aperto la strada alla caduta del comunismo…
In tema di "libertà economica" c'è una diseguaglianza tutta interna alla categoria generalista degli "imprenditori". Quanta libertà hanno avuto e hanno i piccoli negozi a conduzione diretta di tenere aperto nei giorni di festa? Nessuna: devono farlo per tentare di arginare la grande distribuzione, per non distogliere i clienti tradizionali, per sopravvivere. Anche in questo caso la libertà di uno non finisce con la libertà dell'altro, ma con il togliere la libertà all'altro.

La Pasqua cristiana è libertà. C'è una risposta di libertà anche alla domanda iniziale: hanno la stessa urgenza imboccare con pazienza chi non mangia da solo (ed evitargli la polmonite ab ingestis) e farcire di bresaola e rucola un filoncino (nella pausa dello shopping)? Nel primo caso c'è da assicurare la libertà di vivere: urgenza e tempestività sono un dovere. Nel secondo caso c'è da assicurare un piacere: lo si può fare in altri momenti o sicuramente in altri luoghi.
C'è una risposta di libertà anche nella Pasqua cristiana. È anzi la libertà essenziale: quella di vivere.
Anche per questo, di nuovo: Buona Pasqua ai lavoratori di AltaVita; Buona Pasqua ai lavoratori di Serravalle Designer Outlet.

16 aprile 2017


9 giugno 2017
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