La Legge di stabilità 2015 quanto "stabilizza" la famiglia? Quante incertezze toglie a genitori di bambini e figli di grandi vecchi? Quante sicurezze aggiunge all'abitazione? Quanto futuro costruisce per chi ha in mente di sposarsi? Misurata su fisco, debito pubblico, prodotto interno lordo e incentivi, la Legge di stabilità contiene anche alcune risposte a queste domande, ma non le considera una priorità. Non è una caratteristica solo della Legge di stabilità di quest'anno: è la natura stessa della legge (e del dibattito che sempre l'accompagna) a far apparire secondarie le questioni sociali.
Se la Legge di stabilità continua a rimanere uguale a se stessa, le questioni sociali sono state e sono tuttora moltiplicate, sommate, complicate dalla riduzione generalizzata di reddito e di opportunità familiari causata e riprodotta dalla lunga stagnazione. Si è formata in Italia - e non solo - la Questione sociale. Per questo non è più secondario all'inizio di quest'anno chiedere conto alla Legge di stabilità di quanto riesce ad rispondere alla Questione sociale.
Consapevolezza europea. La domanda non è solo per il governo e il parlamento italiani; è per le istituzioni dell'Unione Europea, cioè per l'unica dimensione demografica ed economica che consente di affrontare la moderna Questione sociale con soluzioni di giustizia e di libertà e non con arretramenti dei diritti e dei valori personali.
In effetti nella presentazione di EaSI, il programma UE per l'occupazione e l'innovazione sociale, si riconosce esplicitamente che, con l'occupazione, la situazione sociale è la principale fonte di preoccupazione dei cittadini e dei governi di tutta l'Unione europea. In un contesto di crisi e di incombenti sfide demografiche, ambientali e tecniche, da questa situazione deriva anche una minaccia alla coesione, alla stabilità, alla competitività e alla prosperità dell'UE nel medio e nel lungo termine.
Insomma competitività e stabilità dipendono dalla coesione sociale e non solo dalle convergenze economiche e dal mercato. Questa consapevolezza non è ancora scelta politica in Europa e in Italia, però è indispensabile per cominciare a modificare i parametri decisionali.
Soldi, non progetti. La Legge italiana di stabilità 2015 contiene comunque delle risposte alle domande iniziali.
Il "bonus bebè" introdotto per il triennio 2015-2017, ad esempio, costituisce un significativo sostegno economico alla maternità, anche perché definisce un livello minimo per chi non può usufruire di altre forme di assistenza. L'intervento si somma ad uno stanziamento di 45 milioni (solo per il 2015) per l'acquisto di beni e servizi destinati al mantenimento di figli minori in famiglie con almeno 4 figli. Inoltre nel Fondo Famiglia, istituito presso il ministero dell'Economia, ci sono 100 milioni destinati a rilanciare il sistema territoriale di servizi alla prima infanzia.
Anche per altri "fronti" familiari la Legge di stabilità generalmente non riduce l'intervento pubblico. Sono risorse che genereranno risposte: risposte ai bisogni, non risposte al progetto di vita per le famiglie e al progetto di società per lo Stato. È questo progetto che manca e lo si avvertirà proprio nell'attuazione della Legge stessa.
Prima i più deboli. Resta quindi attuale una proposta nata nella fase iniziale della discussione della Legge di stabilità e che per il 2015 non è andata in porto. Le Regioni e l'Associazione dei Comuni avevano trovato un'intesa con le Organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) e con il Forum del Terzo Settore, per proporre al governo di affiancare, almeno per il triennio di vigenza, al Documento economico e finanziario e alla Legge di stabilità 2015, un "Patto per le politiche sociali e la famiglia" che dia solidità ad un sistema sociale "essenziale". L'elaborazione del Patto era dettagliata e ne elencava anche i capitoli, partendo comunque dalla consapevolezza che sono possibili solo interventi graduati nel tempo.
Questa proposta si basa dall'analisi di Amartya Sen, premio Nobel per l'Economia, che sostiene che i diritti dei più deboli, devono essere una delle maggiori preoccupazioni di una buona amministrazione pubblica, che non c'è sviluppo, se l'economia rivolge le sue attenzioni solo a chi può partecipare al processo produttivo e quindi che per risollevare i cittadini da una crisi lo Stato deve investire a favore dei più deboli.
L'approvazione della Legge di stabilità non ha certo ridotto l'attualità di questa analisi e conseguentemente l'attualità della proposta di un "Patto per le politiche sociali e la famiglia". Poiché non è prevedibile che a settembre l'impianto della Legge di stabilità cambi spontaneamente la sua natura, appare urgente che questa proposta sia subito rilanciata e il Patto sia scritto prima della Legge di stabilità, in modo da iniziare a modificarne gli obiettivi strategici.
4 gennaio 2015