i-e031

SENATO DELLA REPUBBLICA
XIII LEGISLATURA

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Ufficio ricerche nel
Ufficio Organismi Comunitari settore giuridico e storico-politico

 


Il "terzo pilastro"
e le altre politiche di cooperazione
in materia di giustizia e affari interni
dopo Amsterdam



a cura di:
Marco D’Agostini
Francesco De Santis
ha collaborato:
Luca Briasco


Settembre 1999

Indice

1. La cooperazione in materia di giustizia e affari interni dall’Atto unico a Maastricht
1.1 Premessa
1.2 Le origini della cooperazione in materia di giustizia e affari interni
1.3 La cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni secondo il Trattato di Maastricht
1.4 La posizione del "terzo pilastro" nel contesto delle fonti comunitarie alla luce del Trattato di Maastricht
1.5 I "limiti" degli strumenti del "terzo pilastro" nel Trattato di Maastricht
2. Il Trattato di Amsterdam
2.1 Il "terzo pilastro" nel Trattato di Amsterdam: premessa
Politica dell’asilo, dei visti, dell’immigrazione, altre politiche inerenti alla libera circolazione e la cooperazione giudiziaria in materia civile ("pilastro comunitarizzato")
Procedure decisionali e ruolo della Corte di giustizia nei settori comunitarizzati
La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale ("terzo pilastro riformato")
Procedure decisionali e ruolo della Corte di giustizia nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale
La cooperazione rafforzata nell’ambito del Titolo VI del Trattato sull’Unione europea e dell’articolo 11 del Trattato sulla Comunità europea
3. Il Trattato di Amsterdam e l’acquis di Schengen
3.1 Gli accordi di Schengen
3.2 L’incorporazione dell’acquis di Schengen nel Trattato di Amsterdam
3.3 Gli adempimenti conseguenti all’incorporazione dell’acquis di Schengen
4. La lotta contro le frodi comunitarie
4.1 L’articolo 280 (ex articolo 209A) del Trattato sulla Comunità europea
4.2 Il Corpus iuris
5. Cenni sugli sviluppi della politica di cooperazione in materia di giustizia e affari interni a partire da Maastricht
5.1 La Convenzione Europol e le altre Convenzioni K.3
5.2 Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione del 4 dicembre 1998
5.3 La Risoluzione del Parlamento europeo del 13 aprile 1999
5.4 I più recenti lavori del Consiglio in materia di giustizia e affari interni e la preparazione del Vertice di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999
5.5 La Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 1999 in vista del Vertice di Tampere
6. Prospetto degli atti in materia di giustizia e affari interni adottati nel quadro del Trattato di Maastricht e soggetti a ratifica
Note

 



1. La cooperazione in materia di giustizia e affari interni dall'Atto Unico a Maastricht


1.1 Premessa
Nell’ambito del diritto comunitario, l’uso comune ha accreditato l’espressione "terzo pilastro" con riferimento al contenuto del Titolo VI del trattato di Maastricht sull’Unione Europea (TUE)1, e cioè le "Disposizioni relative alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni" (GAI), interamente sostituito, con l’introduzione di una nuova disciplina sostanziale, dal trattato di Amsterdam2(da cui l'uso dell'espressione "terzo pilastro riformato").
Per contro, il "primo pilastro" - noto anche come "pilastro comunitario" - è contenuto nei Titoli II ("Disposizioni che modificano il trattato che istituisce la Comunità economica europea per creare la Comunità europea"), III ("Disposizioni che modificano il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio") e IV ("Disposizioni che modificano il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica") del TUE. In pratica, esso comprende l’insieme degli obiettivi e degli strumenti normativi previsti e regolati direttamente dai trattati istitutivi, come modificati nel corso del tempo, in particolare dall’Atto Unico Europeo3, dallo stesso trattato di Maastricht ed, infine, dal trattato di Amsterdam.
Il "secondo pilastro" è, invece, contenuto nel titolo V TUE e comprende le "Disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune", anch'esso interamente sostituito dal trattato di Amsterdam.
Le pagine che seguono contengono una sintetica ricostruzione delle vicende normative che hanno interessato, in ambito comunitario, la cooperazione in materia di giustizia ed affari interni: tale settore ha ricevuto dal trattato di Amsterdam nuovo impulso e più forti strumenti operativi, pur nel contesto di procedure decisionali ancora, come si vedrà, complesse ed a tratti tortuose.


1.2 Le origini della cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
Dal 1975 si è progressivamente instaurata, a livello comunitario, una cooperazione intergovernativa nei settori dell'immigrazione, del diritto d'asilo e della cooperazione giudiziaria e di polizia. Il primo esempio fu il Gruppo Trevi, che riuniva i ministri dell'interno per combattere il terrorismo e coordinare, in ambito comunitario, la cooperazione di polizia. I ministri dell'interno vi trattavano questioni inerenti l'ordine pubblico e la lotta contro il terrorismo e sotto l'egida del gruppo furono creati altri gruppi e sottogruppi di lavoro. Da questo processo, impostato sulle regole della cooperazione intergovernativa, le istituzioni europee erano escluse.
L'Atto unico europeo concluso nel 1986 - che recepisce talune delle proposte elaborate dal Comitato per "l'Europa dei cittadini" (cd. "Comitato Adonnino") concernenti la soppressione dei controlli alle frontiere - segnò una svolta nella cooperazione intergovernativa, sovente accusata fino ad allora di realizzarsi in modo poco trasparente, tanto nei riguardi dei cittadini come delle istituzioni comunitarie. Nel nuovo articolo 8A del trattato istitutivo della Comunità europea (TCE), la libera circolazione delle persone fu definita uno dei quattro elementi costitutivi del mercato unico, trasferendo espressamente questo settore fra le competenze comunitarie. I nuovi gruppi di lavoro istituiti dopo la firma dell'Atto unico tennero conto di questa evoluzione ed accolsero osservatori della Commissione. Inoltre il gruppo ad hoc "Immigrazione", che riuniva dal 1986 i ministri responsabili dell'immigrazione, come pure il CELAD (Comitato europeo per la lotta contro la droga) insediarono il loro segretariato presso quello del Consiglio delle Comunità Europee e furono nel frattempo costituiti altri gruppi tra cui il GAM (Gruppo di mutua assistenza) incaricato delle questioni doganali. Inoltre si riuniva regolarmente un Consiglio dei ministri della giustizia degli Stati membri, che già allora si occupava della cooperazione giudiziaria, penale e civile, e di talune questioni di cooperazione politica europea.
Malgrado le raccomandazioni contenute nel Libro bianco della Commissione del 1985 in tema di circolazione delle persone, la giustizia e gli affari interni continuarono a costituire per lo più oggetto di cooperazione intergovernativa. Nel 1988 il gruppo intergovernativo di coordinatori "Libera circolazione delle persone" fu incaricato dal Consiglio europeo di Rodi di proporre le misure idonee a contemperare la sicurezza e la libera circolazione delle persone una volta soppressi i controlli alle frontiere interne. Nel 1989 il gruppo propose un programma di lavoro ("documento di Palma") che raccomandava di affrontare in modo più coordinato i vari aspetti della cooperazione in materia di giustizia e affari interni. I vari gruppi di lavoro costituiti nel corso degli anni avevano lavorato infatti ciascuno per proprio conto, elaborando i loro rapporti per i ministri di volta in volta competenti per materia.
Per di più il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali non potevano controllare le iniziative adottate in quel contesto proprio a causa della natura essenzialmente intergovernativa della cooperazione. Gli strumenti utilizzati erano infatti quelli del metodo intergovernativo tradizionale: convenzioni, risoluzioni, conclusioni e raccomandazioni, cioè strumenti del diritto internazionale classico, non classificabili tra gli atti di alcuna delle istituzioni comunitarie.
Nel corso degli anni ottanta alcuni Stati membri procedevano, inoltre, ad adottare strumenti giuridici più vincolanti, in primo luogo l'accordo di Schengen del 1985 e la Convenzione di esecuzione di Schengen del 19904, che hanno istituito nuove strutture operative per promuovere, fra l'altro, la cooperazione fra le forze di polizia e fra le amministrazioni doganali (Sistema d'Informazione di Schengen - SIS). Ed è proprio sul finire degli anni ottanta che emerse la necessità di inserire il sistema dei gruppi di concertazione in una struttura unificante, non soltanto per imprimere maggiore efficacia alle iniziative degli Stati membri nei campi della giustizia e degli affari interni, ma anche per coordinare l'attività di tutti gli organismi fino ad allora istituiti ed evitarne duplicazioni.

1.3 La cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni secondo il trattato di Maastricht.
L’art. K1 del titolo VI del trattato di Maastricht sull'Unione Europea (TUE) disponeva che "ai fini della realizzazione degli obiettivi dell’Unione, in particolare della libera circolazione delle persone, fatte salve le competenze della Comunità Europea, gli stati membri considerano questioni di interesse comune" le materie elencate nei punti da 1 a 9 del medesimo articolo, e cioè:
1. la politica di asilo;
2. le norme che disciplinano l’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri da parte delle persone e l’espletamento dei relativi controlli;
3. la politica d’immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi (condizioni di entrata, di circolazione e di soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi nel territorio degli Stati membri; lotta contro l’immigrazione, il soggiorno ed il lavoro irregolari);
4. la lotta contro la tossicodipendenza;
5. la lotta contro la frode su scala internazionale;
6. la cooperazione giudiziaria in materia civile;
7. la cooperazione giudiziaria in materia penale;
8. la cooperazione doganale;
9. la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di cooperazione doganale, in connessione con l’organizzazione a livello dell’Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio europeo di polizia (Europol) 5.

Tutti i settori contemplati nell’art. K1 dovevano essere trattati – in base a quanto disponeva l’art. K2 - nel rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 19506, e della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 28 luglio 19517. Inoltre, lo stesso art. K2 conteneva una clausola di salvaguardia intesa a chiarire che l'applicazione delle disposizioni in materia di cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni non esonerava le responsabilità degli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.
Le competenze decisionali nei settori di cui all'art. K1 erano affidate esclusivamente al Consiglio, che, a norma dell'art. K4, deliberava all'unanimità, salvo che non fosse diversamente disposto. In questo contesto, il Consiglio, in base a quanto stabiliva l'art. K3, poteva:
- adottare posizioni comuni e promuovere ogni forma di cooperazione utile al conseguimento degli obiettivi;
- adottare azioni comuni, nella misura in cui gli obiettivi dell'Unione meglio potessero essere raggiunti con un'azione comune piuttosto che con azioni promosse dai singoli Stati membri. Il Consiglio poteva a tal riguardo decidere (all'unanimità) che le misure di applicazione di un'azione comune fossero adottate a maggioranza qualificata (secondo un sistema di voto ponderato, consistente nell'attribuire al voto dei diversi Stati membri un peso diverso e nel prevedere il raggiungimento di un certo numero di voti per l'adozione della decisione);
- elaborare convenzioni e raccomandarne l'adozione agli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. Si prevedeva, inoltre, che le eventuali misure di applicazione di queste ultime fossero adottate dallo stesso Consiglio a maggioranza di due terzi delle Parti Contraenti. Le Convenzioni, inoltre, potevano prevedere la competenza della Corte di Giustizia per interpretarne le disposizioni e comporre le controversie connesse con la loro applicazione.

La fase preparatoria dei lavori del Consiglio era affidata ad un Comitato di coordinamento, composto da alti funzionari (art. K4, paragrafo 1). La Commissione era pienamente associata ai lavori (art. K4, paragrafo 2) e, limitatamente ai settori di cui ai punti da 1 a 6 dell'art. K1, poteva esercitare anche il diritto di iniziativa in concorso con gli Stati membri, restando lo stesso diritto, nelle restanti ipotesi, affidato soltanto agli Stati membri (art. K3, paragrafo 2). Per quanto riguarda la posizione del Parlamento europeo, l'art. K6 prevedeva che lo stesso fosse informato regolarmente dei lavori nei settori considerati e fosse consultato sui principali aspetti degli stessi; il Parlamento poteva, inoltre, rivolgere al Consiglio interrogazioni o raccomandazioni, procedendo ogni anno ad un dibattito circa i progressi compiuti nell'attuazione delle disposizioni in tale settore.

1.4 La posizione del "terzo pilastro" nel contesto delle fonti comunitarie alla luce del Trattato di Maastricht.
Le disposizioni sulla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni - che costituiscono, come si è visto, il Titolo VI del trattato di Maastricht (TUE) - non erano inserite dunque nei trattati istitutivi (TCE), né apportavano modifiche alle norme in essi contenute. Pertanto, il Titolo VI nella sua interezza - pur annoverandosi al contesto delle politiche e degli obiettivi dell'Unione - disciplinava un settore che, sulla base dell'originaria impostazione del trattato di Maastricht, fuoriusciva dall'alveo delle competenze comunitarie in senso stretto. Ciò produceva, tra le altre, due rilevanti conseguenze:
- l'impossibilità di far ricorso in tale settore ai tipici strumenti normativi del diritto comunitario rappresentati dai regolamenti, dalle direttive e dalle decisioni. Infatti, l'art. K3 del trattato di Maastricht prevedeva, come si è visto, soltanto la possibilità di adottare posizioni comuni ed azioni comuni e di elaborare schemi di convenzioni, e l'art. K8 - che pur richiamava espressamente l'applicabilità di alcune disposizioni contenute nei Trattati (in particolare di quelle regolanti il funzionamento del Consiglio, della Commissione e del Parlamento) - non faceva alcun riferimento all'art. 189 del Trattato CE (divenuto, nel testo consolidato con il Trattato di Amsterdam, l'art. 2498), che elenca, per l'appunto, gli strumenti normativi tipici delle istituzioni comunitarie;
- l'impossibilità per la Corte di Giustizia di esercitare qualsiasi giurisdizione in tale settore.

L'unica eccezione a tale assetto normativo era prevista dall'art. K9, in base al quale il Consiglio, deliberando all'unanimità su iniziativa della Commissione o di uno Stato membro, poteva decidere il passaggio - da cui il nome di "passerella" - nella sfera di applicazione delle procedure comunitarie (art. 100C del Trattato istitutivo) delle materie indicate nei punti da 1 a 6 dell'art. K1 (cioè la politica dell'immigrazione, la lotta alla tossicodipendenza ed alle frodi, la cooperazione giudiziaria in materia civile), raccomandando agli Stati membri di adottare tale decisione conformemente alle rispettive norme costituzionali. L'art. 100C - inserito nella parte del trattato istitutivo relativa al ravvicinamento delle legislazioni - prevedeva, infatti, l'adozione da parte del Consiglio a maggioranza qualificata (dal 1° gennaio 1996) di disposizioni in materia di visti per l'attraversamento delle frontiere esterne agli Stati membri. Tale norma è stata, peraltro, successivamente abrogata dal trattato di Amsterdam a causa del trasferimento alla materia comunitaria di una parte del "terzo pilastro", che - come più innanzi si vedrà - ha riguardato proprio le politiche dell'immigrazione e la cooperazione giudiziaria in materia civile. Nondimeno, il trattato di Amsterdam ha mantenuto, senza porre limiti ai settori che possono esserne oggetto, una clausola di "comunitarizzazione" nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale disciplinata dal Trattato sull'Unione Europea.9

1.5 I "limiti" degli strumenti del "terzo pilastro" nel trattato di Maastricht.
Si è ritenuto 10 che le previsioni del trattato di Maastricht (TUE) innanzi esposte prestassero il fianco ad alcune considerazioni critiche, tra le quali:
- l'eccessiva lentezza del processo decisionale, spesso dovuta alla frequente previsione del principio dell'unanimità;
- il frequente ricorso, da parte del Consiglio, ad atti normativi non vincolanti ("posizioni comuni", "azioni comuni"), talora di complessa qualificazione giuridica e di difficile collocazione nel sistema delle fonti comunitarie, in un settore che necessiterebbe di una regolamentazione di rango legislativo;
- la limitata partecipazione del Parlamento europeo al processo decisionale e di controllo degli atti adottati dal Consiglio, affidata a forme di consultazione anche non immediatamente collegata all'adozione di un atto, ovvero all'informazione preventiva;
- la sostanziale assenza di un controllo giurisdizionale affidato alla Corte di giustizia11, salva diversa disposizione contenuta nelle Convenzioni di cooperazione giudiziaria concluse ai sensi dell'art. K3.

In definitiva, le disposizioni sulla giustizia e gli affari interni introdotte dal trattato di Maastricht non sembravano fornire alcun obiettivo preciso di cooperazione nei settori elencati dall'art. K1, che venivano soltanto descritti come "materie di interesse comune". Sul piano concreto, contrariamente a quanto avveniva per le altre principali politiche comunitarie, nel Trattato di Maastricht non era precisato alcun obiettivo politico relativamente alla politica di cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.12
Le considerazioni sopra esposte facevano emergere la necessità che almeno una parte dei settori costituenti il "terzo pilastro" venisse trasferita nell'ambito del trattato istitutivo (TCE). In tale ambito, la "comunitarizzazione" di tali materie appariva motivata, tra le altre, dalle seguenti considerazioni:
- "La situazione attuale è improntata ad un'assenza totale di coerenza nell'azione. Il legame profondo che intercorre fra gli affari interni e giudiziari e alcuni settori di competenza comunitaria pone seri problemi di definizione. L'esperienza insegna che la sovrapposizione delle procedure e degli strumenti paralizza il lavoro comune;
- L'Unione deve pertanto garantire maggiore coerenza fra gli obiettivi e i mezzi della sua azione in modo da renderli più efficaci e trasparenti. Tale opera di chiarimento agevolerà altresì l'azione dell'Unione e le sue relazioni con l'esterno;
- Nel concreto, gli Stati membri si misurano tutti con la stessa realtà, ovverosia quella che le questioni di sicurezza interna si inseriscono in un contesto internazionale. Il traffico di stupefacenti, le frodi, i problemi connessi con l'immigrazione e l'asilo non conoscono frontiere.
- Per soddisfare sia il bisogno di sicurezza sia gli interessi dei cittadini, l'Unione deve pertanto far fronte alla sfida dell'internazionalizzazione.
- Data l'interdipendenza e la globalizzazione dei problemi, è gioco forza constatare che è indispensabile e nell'interesse comune degli Stati membri stabilire un approccio globale che consenta di gestire politicamente settori alla cui efficace regolamentazione le autorità nazionali non riescono più a provvedere da sole"13.

Note
Indice


2. Il trattato di Amsterdam


2.1 Il "terzo pilastro" nel trattato di Amsterdam: premessa.
Il trattato di Amsterdam ha introdotto importanti innovazioni in materia di cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni, che attengono, oltre che ai contenuti della cooperazione, anche alla collocazione sistematica della materia.
Infatti, le materie rientranti - in base al trattato di Maastricht - nell'ambito del "terzo pilastro" ed elencate nell'art. K114, risultano ora, a seguito delle modifiche introdotte dal trattato di Amsterdam, separate e ricomprese in parte nell'ambito del trattato istitutivo della Comunità (TCE) ed in parte nel trattato sull'Unione Europea, cioè del trattato di Maastricht come modificato dal trattato di Amsterdam (TUE).
Più in particolare, le materie dei visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone, nonché della cooperazione in materia civile costituiscono oggetto del Titolo IV della parte terza del TCE (articoli da 61a 69, nel testo consolidato a seguito delle modifiche apportate dai trattati di Maastricht e di Amsterdam), mentre le disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale continuano ad essere comprese, con le modifiche apportate dal trattato di Amsterdam, nel titolo VI del TUE (articoli da 29 a 42 del testo consolidato, ex articoli da K1 a K14). In pratica, il trattato di Amsterdam ha "comunitarizzato" - con importanti conseguenze anche in termini di strumenti normativi e procedure utilizzabili ai fini del raggiungimento dei relativi obiettivi - soltanto alcune parti del "terzo pilastro" (politica dell'immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile, che l'uso comune tende già ad indicare come "terzo pilastro comunitarizzato"), per le quali l'ex art. K9 del trattato di Maastricht rendeva già possibile, come si è visto, il passaggio all'ambito comunitario, sia pure attraverso una complicata procedura.
Va, inoltre, ricordato che il trattato di Amsterdam ha modificato anche l'art. 280 TCE, che prevede l'adozione di misure di lotta contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità. Tale materia, della quale si tratterà più innanzi15, pur essendo ricompresa nel titolo del trattato istitutivo (TCE) contenente disposizioni finanziarie (il titolo II della parte quinta), può sotto molti aspetti farsi rientrare nell'ambito del "terzo pilastro", attesa la collaborazione in materia penale tra gli Stati membri che la sua attuazione necessariamente comporta.

2.2 Politica dell'asilo, dei visti, dell'immigrazione, altre politiche inerenti alla libera circolazione e la cooperazione giudiziaria in materia civile ("pilastro comunitarizzato").
La materia dei visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone è disciplinata nel titolo IV della parte terza TCE, introdotta dal trattato di Amsterdam (articoli 61-69 del testo consolidato). Gli strumenti e gli obiettivi in esso previsti sono espressamente finalizzati allo scopo di "istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia".
L'art. 61 indica alcuni gruppi di "misure", che il Consiglio è tenuto ad adottare in un arco temporale di cinque anni dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. Va puntualizzato a questo riguardo che la "comunitarizzazione" di tali materie, cioè il pieno inserimento delle stesse nel contesto sistematico del trattato istitutivo, fa sì che il Consiglio possa adottare anche atti normativi vincolanti e che il termine "misure" vada inteso come riferito al complesso degli atti tipici delle istituzioni comunitarie, di cui all'art. 249 TCE: regolamenti e direttive, decisioni, raccomandazioni o pareri16.
Le misure che il Consiglio può adottare nei settori della politica dell'immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile riguardano:
- la libera circolazione delle persone nell'ambito del mercato interno; i controlli alle frontiere, il diritto di asilo e la politica dell'immigrazione; la prevenzione e la lotta alla criminalità organizzata, al terrorismo ed al traffico illecito di stupefacenti, attraverso la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati ed alle sanzioni. Su tale ultimo punto la norma richiama espressamente l'art. 31, lettera e), del trattato sull'Unione Europea che, come si vedrà17, prevede la progressiva adozione - nel quadro dell'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale - di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e delle sanzioni per quanto riguarda la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico illecito di stupefacenti. In pratica, il rinvio alla disposizione del TUE sembrerebbe attuare una sorta di recepimento nel sistema comunitario di quanto l'azione comune adottata ai sensi del TUE stabilirà ai fini del ravvicinamento delle legislazioni penali nel quadro della lotta alla criminalità organizzata ed al traffico degli stupefacenti, ma solo limitatamente all'attuazione delle misure in tema di politica dell'immigrazione ai sensi del TCE;
- la cooperazione giudiziaria in materia civile;
- il rafforzamento della cooperazione tra le autorità amministrative nelle materie in precedenza elencate;
- la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, volte ad assicurare alle persone un elevato livello di sicurezza mediante la prevenzione e la lotta contro la criminalità all'interno dell'Unione "in conformità alle disposizioni del trattato sull'Unione Europea". Anche in questo caso si potrebbe ritenere che il richiamo espresso alle disposizioni del TUE valga a "comunitarizzare" l'attività di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, ma limitatamente alla politica comunitaria dell'immigrazione.

I successivi articoli precisano il contenuto degli obiettivi generali espressi dall'art. 61, prevedendo tra l'altro:
A) libera circolazione delle persone (art. 62, n. 1). In quest'ambito il Consiglio dovrà adottare misure volte a garantire che non vi siano controlli sulle persone, sia cittadini dell'Unione sia cittadini di Paesi terzi, all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne. La materia presenta numerosi punti di contatto con le disposizioni contenute nel trattato di Schengen: la materia dei rapporti tra quest'ultima fonte convenzionale e la normativa comunitaria sarà successivamente affrontata18.
B) diritto di asilo (art. 63, punti 1 e 2). Il Consiglio dovrà adottare, a norma della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e del protocollo del 31 gennaio 1967, relativo allo status di rifugiati, norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti l'asilo negli Stati membri, alla concessione ed alla revoca dello status di rifugiato, alla protezione temporanea dagli sfollati di paesi terzi che non possono tornare nel Paese di origine. Anche relativamente a tali settori, le previsioni del TCE vanno interpretate alla luce delle norme e delle procedure previste dal trattato sull'Unione Europea (TUE) in materia di rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo19.
C) visti di soggiorno e politica dell'immigrazione (articoli 62, punti 2 e 3, 63, punti 3 e 4, e 64). Il Consiglio è chiamato ad adottare misure in materia di condizioni di ingresso e soggiorno e di norme sulle procedure per il rilascio di visti a lungo termine e di visti di soggiorno, anche a scopo di ricongiungimento familiare, nonché regole in materia di visti relativi a soggiorni non superiori a tre mesi: in tale materia non si applica, inoltre, la prescrizione relativa al periodo di cinque anni entro il quale il Consiglio è chiamato a provvedere. La regola dei cinque anni trova, invece, applicazione per le norme in materia di controlli delle persone alle frontiere esterne agli Stati membri, di diritto di spostamento e di soggiorno da parte di cittadini dei paesi terzi all'interno del territorio dell'Unione, di immigrazione e soggiorno irregolari. Va osservato inoltre che, qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata dall'afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio può a maggioranza qualificata adottare misure temporanee a beneficio degli Stati membri interessati
D) cooperazione giudiziaria in materia civile (art. 65). Gli obiettivi inclusi in tale materia comprendono, tra l'altro, il miglioramento e la semplificazione delle notificazioni transnazionali di atti giudiziari e extragiudiziari, la cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni, anche extragiudiziarie, in materia civile e commerciale, la promozione di regole di compatibilità delle norme relative ai conflitti di leggi e di giurisdizione ed, in genere, di procedura civile applicabili negli Stati membri.
E) cooperazione amministrativa (art. 66). Nelle materie ricomprese nel titolo IV TCE, il Consiglio è incaricato di adottare misure atte a garantire la cooperazione tra i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri e tra tali servizi e la Commissione.

2.3 Procedure decisionali e ruolo della Corte di giustizia nei settori della politica dell'immigrazione e della cooperazione giudiziaria in materia civile.
L'art. 67 individua una serie di regole procedurali che governano il processo di decisione nelle materie oggetto del titolo IV TCE. Si stabilisce, innanzi tutto, che durante tutto il periodo transitorio di cinque anni, il Consiglio deliberi all'unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di un suo membro, e previa consultazione del Parlamento europeo. In alcuni specifici ambiti relativi alla politica dei visti relativi a soggiorni non superiori a tre mesi (elenco dei paesi terzi ai cui cittadini è richiesto il visto; modello uniforme di visto), già comunitarizzati prima del Trattato di Amsterdam, il Consiglio - sempre su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo - delibera, nel corso di detto periodo transitorio, a maggioranza qualificata.
Trascorso il periodo transitorio di cinque anni, il Consiglio - deliberando all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo - può adottare una decisione al fine di assoggettare tutti o parte dei settori rientranti nel titolo VI alla complessa procedura di codecisione, regolata dall'art. 251 TCE, che prevede la votazione del Consiglio a maggioranza qualificata ed un maggior peso, non limitato alla mera consultazione, del Parlamento europeo20.
Il Trattato di Maastricht, come detto, aveva in linea di principio escluso tutte le materie rientranti nel "terzo pilastro" dalla giurisdizione della Corte di giustizia di Lussemburgo21. A tal riguardo, il Trattato di Amsterdam ha introdotto rilevanti modifiche, che prevedono il passaggio delle materie incluse nel titolo IV TCE sotto la giurisdizione della Corte competente a pronunziarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione dei trattati e sulla validità ed interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni comunitarie, ai sensi dell'art. 234 TCE. L'art. 68 individua, tuttavia, a questo riguardo tre limiti:
- la pronunzia in via pregiudiziale sulla validità ed interpretazione degli atti compiuti in tale materia dalle istituzioni comunitarie può essere richiesta soltanto nel corso di un giudizio pendente davanti ad una giurisdizione nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, e non, come dispone in linea generale l'art. 234 TCE, davanti ad una "qualsiasi giurisdizione";
- la Corte di giustizia non è competente a pronunciarsi sulle misure volte a garantire che non vi siano controlli sulle persone all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne qualora tali misure siano finalizzate al mantenimento dell'ordine pubblico ed alla salvaguardia della sicurezza interna;
- la decisione pronunziata dalla Corte di giustizia relativamente all'interpretazione del titolo IV (e degli atti adottati sulla base di esso) su richiesta del Consiglio, della Commissione o di uno Stato membro non si applica alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato: i singoli soggetti non potranno perciò far valere retroattivamente, dinanzi alle giurisdizioni nazionali, le decisioni della Corte emesse in base a tale disposizione.

2.4 La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale ("terzo pilastro riformato").
Le materie del "terzo pilastro" non comunitarizzate (cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale) continuano a trovare collocazione nell'ambito del trattato sull'Unione Europea (TUE), modificato dal trattato di Amsterdam, nel titolo VI (articoli 29-42 del testo consolidato). Sulla base di due distinti protocolli allegati al trattato di Amsterdam, il Regno Unito e l'Irlanda e, rispettivamente, la Danimarca non partecipano alle misure adottate dalle istituzioni comunitarie nell'ambito di tale politica di cooperazione 22.
L'obiettivo di "fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia" è ribadito dall'art. 29 anche con riferimento alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (il medesimo obiettivo è enunciato, come si è visto 23, anche dall'art. 61 TCE con riferimento alla politica dell'immigrazione ed alla cooperazione giudiziaria in materia civile); nello specifico contesto all'esame, è espresso l'ulteriore obiettivo concernente la "repressione del razzismo e della xenofobia". Più in particolare, la cooperazione di polizia e giudiziaria riguarda:
A) un'azione comune nel settore della cooperazione delle forze di polizia, attuata sia direttamente sia per il tramite dell'Ufficio europeo di polizia-EUROPOL, che assume, in tale contesto, un ruolo centrale (art. 30), notevolmente rafforzato rispetto alle previsioni della Convenzione Europol del 1995, nel contesto della quale - come si vedrà 24 - l'Ufficio svolge essenzialmente una funzione di scambio, raccolta ed analisi delle informazioni, e di mero supporto delle indagini. La cooperazione in materia di polizia disegnata dal trattato di Amsterdam si concreta, infatti, nell'impiego di strategie operative di collaborazione tra le autorità competenti degli Stati membri (polizia, dogane, servizi specializzati) attraverso la raccolta, il trattamento e lo scambio di informazioni; la formazione e lo scambio di ufficiali di collegamento; la valutazione in comune di tecniche investigative ai fini dell'individuazione di forme gravi di criminalità organizzata. Inoltre, il Consiglio promuove la cooperazione tramite EUROPOL, ed entro cinque anni dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam - oltre ad istituire una rete di ricerca, documentazione e statistica sulla criminalità transnazionale - mette EUROPOL in condizione, tra l'altro, di promuovere e coordinare specifiche operazioni investigative ed operative tra le autorità competenti degli Stati membri ed accordi di collegamento tra organi inquirenti sia di magistratura che di polizia che si specializzano nella lotta contro la criminalità organizzata in stretta cooperazione con EUROPOL 25.
B) un'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale (art. 31). Tale azione si attua attraverso: la facilitazione e l'accelerazione delle procedure di cooperazione tra i ministeri e le autorità giudiziarie degli Stati membri in relazione ai procedimenti ed all'esecuzione delle decisioni, garantendo, a questi fini, la compatibilità delle normative applicabili e prevenendo i conflitti di giurisdizione; la facilitazione delle procedure di estradizione tra gli Stati membri; la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati ed alle sanzioni con specifico riguardo ai settori della criminalità organizzata, del terrorismo e del traffico illecito di stupefacenti.

Peraltro, l'art. 42 - sul modello di quanto, nel sistema del trattato di Maastricht era stabilito dall'art. K9 26, ma senza imporre limiti ai settori che possono esserne oggetto - contiene una sorta di clausola di "comunitarizzazione" (cd. "passerella"), in quanto prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su iniziativa della Commissione o di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo, possa decidere che un'azione in settori contemplati dall'art. 29 rientri nel titolo IV TCE (cd. "passaggio al pilastro comunitario"), stabilendo nel contempo le relative condizioni di voto e raccomandando agli Stati membri di adottare tale decisione secondo le rispettive norme costituzionali. In pratica, si determinerebbe in tal caso una sorta di modifica dei trattati, che in quanto tale non può essere disposta dal solo Consiglio, ma richiede una vera e propria procedura di ratifica da parte degli Stati membri.

2.5 Procedure decisionali e ruolo della Corte di giustizia nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
Premesso che il Consiglio stabilisce le condizioni ed i limiti entro i quali le autorità competenti possono operare nel territorio di un altro Stato membro in collegamento e d'intesa con le autorità di quest'ultimo (art. 32) e che le disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale non ostano all'esercizio da parte degli Stati membri delle proprie responsabilità per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna (art. 33), il trattato configura una serie di strumenti normativi attivabili con diverse maggioranze dal Consiglio per il perseguimento degli obiettivi di cui agli artt. 29-31 27.
L'art. 34 prevede, infatti, che il Consiglio - deliberando all'unanimità su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione - può:
- adottare posizioni comuni che definiscono l'orientamento dell'Unione in merito a questioni specifiche;
- adottare decisioni-quadro intese al ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Tali strumenti normativi sono assimilabili alle direttive, in quanto non hanno efficacia diretta e sono vincolanti quanto al risultato da ottenere restando salva la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma ed ai mezzi da adottare;
- adottare decisioni diverse dalle decisioni-quadro, cioè aventi altro scopo da quello del ravvicinamento delle normative: tali decisioni non hanno efficacia diretta, pur essendo vincolanti per gli Stati membri. Le relative misure di attuazione sono adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata con voto ponderato (almeno 62 voti favorevoli espressi da almeno 10 membri) 28;
- stabilire convenzioni, che una volta adottate da almeno la metà degli Stati membri entrano in vigore per detti Stati. Le misure di applicazione sono adottate in seno al Consiglio a maggioranza dei due terzi degli Stati contraenti 29;
- per le questioni procedurali attinenti alle materie in questione, il Consiglio delibera a maggioranza dei suoi membri.

Rispetto agli strumenti previsti dall'art. K3 del trattato di Maastricht 30, si osserva che il Consiglio - oltre a poter adottare posizioni ed azioni comuni e a stabilire convenzioni 31, come già previsto dall'art. K3 - può ora anche utilizzare gli strumenti delle decisioni-quadro e delle decisioni diverse dalle decisioni-quadro, cioè atti di natura normativa, ancorché non aventi efficacia diretta, ma soltanto vincolante per gli Stati membri in ordine agli obiettivi da raggiungere.

In questo contesto decisionale, il ruolo del Parlamento europeo appare certamente più limitato rispetto a quanto previsto nell'ambito della politica dell'immigrazione e della cooperazione giudiziaria in materia civile dal titolo VI TCE, ma - sia pure in maniera non particolarmente rilevante - rafforzato rispetto alle previsioni dell'art. K3 del trattato di Maastricht. Infatti, da un lato l'art. 39 TUE non prevede - nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale - il ricorso alla procedura di codecisione, ma si limita a prescrivere che il Parlamento debba essere, oltre che informato regolarmente dei lavori che rientrano nel settore all'esame, anche consultato dal Consiglio quando si tratta di adottare decisioni-quadro o decisioni, ovvero di stabilire convenzioni. Dall'altro, la medesima norma stabilisce che il Parlamento possa esprimere un parere entro il termine fissato dal Consiglio stesso, comunque non inferiore a tre mesi. Trascorso invano tale termine, il Consiglio può deliberare anche senza il parere, la cui assenza determina pertanto l'unico effetto di procastinare la decisione per un periodo comunque non inferiore a tre mesi 32. Il Parlamento può, inoltre, rivolgere al Consiglio interrogazioni o raccomandazioni e tiene ogni anno un dibattito sui progressi compiuti nel settore.

Gli atti emanati dal Consiglio nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale sono sottoposti a norma dell'art. 35 - ed in ciò vi è una ulteriore rilevante differenza rispetto a quanto stabilito dal trattato di Maastricht - alla giurisdizione della - Corte di giustizia sotto tre possibili aspetti:
- la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità e l'interpretazione delle decisioni-quadro e delle decisioni, sull'interpretazione delle convenzioni e sulla validità e l'interpretazione delle misure di applicazione delle stesse. Tuttavia tale giurisdizione non è automatica, ma dipende da una dichiarazione pronunciata all'atto della firma del trattato o, successivamente ed in qualsiasi momento, da quegli Stati membri che abbiano deciso di accettare che la Corte sia competente a pronunciarsi in via pregiudiziale. Inoltre, gli Stati membri possono decidere se accettare che le richieste di pronuncia in via pregiudiziale provengano da una qualsiasi giurisdizione interna ovvero limitare tali richieste alle giurisdizioni avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno 33;
- la Corte è competente a pronunciarsi sulla legittimità delle decisioni-quadro e delle decisioni per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del trattato e sviamento di potere, sulla base dei medesimi presupposti previsti, in via generale, per i ricorsi in annullamento dall'art. 230 TCE. La differenza con quest'ultima norma è che, nei casi all'esame, i ricorsi in annullamento possono essere proposti soltanto dalla Commissione o da uno Stato membro e non anche, come prescrive l'art. 230, dalle persone fisiche o giuridiche qualora l'atto le riguardi direttamente ed individualmente;
- infine la Corte è competente a statuire su ogni controversia tra Stati membri concernente l'interpretazione o l'applicazione di atti adottati a norma dell'art. 34 tutte le volte in cui detta controversia non possa essere risolta dal Consiglio entro sei mesi dalla data nella quale è stato adìto da uno dei suoi membri.

La giurisdizione della Corte, così come disegnata dall'art. 35 TCE, è sottoposta ad alcune limitazioni indicate nel comma 5 della stessa disposizione: in pratica, la Corte non è competente a riesaminare la validità e la proporzionalità di operazioni effettuate dalla polizia o da altri servizi incaricati dell'applicazione della legge di uno Stato membro o l'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna 34.

2.6 La cooperazione rafforzata nell'ambito del titolo VI TUE e dell'art. 11 TCE.
L'art. 40 TUE prevede che alcuni Stati membri possano essere autorizzati a stabilire tra di loro - nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale - un sistema di cooperazione rafforzata, cioè più stringente di quanto previsto per tutti gli Stati dell'Unione dagli artt. 29 ss. TUE, a condizione che ciò avvenga nel rispetto delle competenze della Comunità europea e degli obiettivi stabiliti dal titolo VI TCE, ed abbia altresì il fine di consentire all'Unione di svilupparsi più rapidamente come spazio di libertà, sicurezza e giustizia 33.
L'autorizzazione è concessa dal Consiglio a maggioranza qualificata con voto ponderato (almeno 62 voti a favore, espressi da almeno 10 Stati membri) dopo aver invitato la Commissione ad esprimere il suo parere. Se un membro del Consiglio si oppone a tale procedura, il Consiglio, sempre deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo 34, affinché si pronunci all'unanimità.
La cooperazione rafforzata rimane aperta all'adesione - previa autorizzazione del Consiglio - anche degli Stati membri che non vi abbiano partecipato sin dall'origine.
Va sottolineato che una procedura di cooperazione rafforzata è prevista anche dall'art. 11 TCE nell'ambito delle politiche regolate dal trattato istitutivo, dunque anche della politica dell'immigrazione e della cooperazione giudiziaria in materia civile. La norma riprende sostanzialmente - per quanto attiene alle condizioni, alle procedure ed ai meccanismi della cooperazione rafforzata - quanto stabilito dalle disposizioni del TUE sopra menzionate, che anzi vengono espressamente richiamate.

Note
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3. Il trattato di Amsterdam e l'acquis di Schengen


3.1 Gli accordi di Schengen.
Il 14 giugno 1985 la Francia, la Germania ed i tre Paesi del Benelux hanno concluso l'Accordo di Schengen, relativo alla creazione di uno spazio comune, attraverso la progressiva eliminazione dei controlli, al passaggio delle loro frontiere comuni, sia delle merci che delle persone. L'Accordo è stato poi firmato da Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria e, nel dicembre 1996, da Danimarca, Finlandia e Svezia37. Nel dicembre 1996 la Norvegia e l'Islanda hanno firmato un Accordo di cooperazione che ha conferito a questi due paesi lo status di membri associati (tali Stati non fanno infatti parte dell'Unione Europea)38. Non hanno aderito all'Accordo di Schengen il Regno unito e l'Irlanda. A partire dal 26 marzo 1995 l'Accordo di Schengen è diventato operativo in sette paesi dell'Unione Europea: Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Spagna, e Portogallo. Per quanto attiene all'Italia la Convenzione è stata messa in applicazione a partire dal 26 ottobre 199739.
L'Accordo prevede misure a breve termine e misure a lungo termine. Le prime hanno carattere amministrativo-organizzativo e non comportano modifiche alle leggi nazionali, le seconde sono dirette ad introdurre innovazioni di maggior rilievo a livello nazionale. Tra le misure a breve termine, sono comprese le modalità da applicare per un alleggerimento dei controlli alle frontiere, per la semplificazione dello scorrimento del traffico frontaliero, per l'unificazione dei controlli da parte di due Stati confinanti, per la facilitazione del sistema dei trasporti di merci alle frontiere stesse.
Le seconde sono dirette a consentire la creazione di un'area omogenea, delimitata verso l'esterno anzitutto da condizioni omogenee di sicurezza, come presupposto per l'abolizione interna dei controlli. Tali obiettivi devono essere perseguiti attraverso una serie di impegni tra i Paesi firmatari, che, per la realizzazione dell'Accordo, hanno adottato il 19 giugno 1990 anche una Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen, che è entrata in vigore il 1° settembre 1993 ed è stata messa in applicazione il 26 marzo 199540.
La Convenzione si compone di 142 articoli, che riguardano sostanzialmente i seguenti settori:
-
soppressione dei controlli alle frontiere interne e circolazione delle persone;
-
cooperazione tra polizie e cooperazione giudiziaria in materia penale e di estradizione;
-
creazione di un sistema di scambio di informazioni denominato SIS (Sistema informativo Schengen) e protezione di dati personali;
-
trasporto e circolazione di merci.

3.2 L'incorporazione dell'acquis di Schengen nel trattato di Amsterdam
Gli obiettivi e le procedure previsti dall'Accordo di Schengen insistono, come si è visto, in settori ampiamente coperti anche dalla competenze comunitarie, in particolare quelle nei settori della politica dell'immigrazione e della cooperazione in materia di giustizia. Un protocollo allegato al trattato di Amsterdam integra, pertanto, l'acquis41 di Schengen nel quadro dell'Unione Europea.
L'acquis comprende, sulla base di quanto dispone l'allegato al protocollo, l'Accordo del 14 giugno 1985, la Convenzione del 19 giugno 1990, i protocolli e gli accordi di adesione relativi a tali strumenti convenzionali, le decisioni e le dichiarazioni adottate dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione, nonché gli atti per l'attuazione della Convenzione adottati dagli organi cui il Comitato esecutivo abbia conferito poteri decisionali.
In pratica, gli Stati membri firmatari degli Accordi di Schengen sono autorizzati ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel campo di applicazione di tali Accordi e delle disposizioni ad esse collegate, stabilendosi che tale cooperazione è realizzata nell'ambito istituzionale e giuridico dell'Unione Europea e nel rispetto delle pertinenti disposizioni del TUE e del TCE.
Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam l'acquis si applica immediatamente ai predetti Stati, ed il Consiglio determina all'unanimità sia le disposizioni di attuazione sia la base giuridica - cioè le norme giustificatrici rinvenibili nei testi giuridici fondamentali dell'Unione Europea - di ciascuna delle disposizioni o decisioni che fanno parte di esso. In pratica, il Consiglio è chiamato a decidere, di volta in volta, se le singole disposizioni che rientrano nell'acquis di Schengen vadano inquadrate - con le relative diverse conseguenze di ordine procedurale ed applicativo -nell'ambito della parte comunitarizzata del "terzo pilastro" (cioè del titolo IV TCE: politica dell'immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile), ovvero del "terzo pilastro riformato" (titolo VI TUE, che, come visto, reca le norme sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale)42, fermo restando che, fino a che il Consiglio non abbia deliberato, l'acquis di Schengen è considerato fondato sul titolo VI TUE.
Una disposizione specifica del protocollo precisa, inoltre, che la Corte di giustizia esercita le competenze ad essa conferite dalla pertinenti disposizioni applicabili dei trattati: in pratica, se la disposizione si trova nell'ambito del titolo IV TCE, la competenza della Corte risulterà dall'art. 68 TCE43; se, per contro, rientra nel titolo VI TUE (cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale), troverà applicazione l'art. 35 TUE44.
Il protocollo dichiara, infine, formalmente che il Regno Unito e l'Irlanda non sono vincolate dall'acquis, non avendo sottoscritto l'Accordo di Schengen, ma che possono chiedere, in qualsiasi momento, di parteciparvi in tutto o in parte. In merito a tale richiesta decide il Consiglio all'unanimità dei suoi membri e del rappresentante dello Stato interessato.

3.3 Gli adempimenti conseguenti all'incorporazione dell'acquis di Schengen
Il Protocollo al Trattato di Amsterdam relativo all'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea prevedeva, all'articolo 2, che il Consiglio, sostituitosi, a partire dall'entrata in vigore del trattato stesso, al Comitato esecutivo45, deliberando all'unanimità, determinasse la base giuridica di ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis.
Con le Decisioni 1999/435/CE e 1999/436/CE, del 20 maggio 1999, il Consiglio ha conseguentemente definito l'acquis ai fini della determinazione della base giuridica e ha determinato la base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis di Schengen.
In particolare, la Decisione n. 435 include all'interno dell'acquis l'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra Benelux, Germania e Francia relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni; la Convenzione del 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen; i protocolli e gli accordi di adesione all'accordo del 1985 e alla convenzione di applicazione con Italia, Spagna e Portogallo, Grecia, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia; le decisioni e le dichiarazioni del Comitato esecutivo Schengen e le decisioni la cui adozione in seno al Gruppo centrale è stata autorizzata dal Comitato esecutivo.
L'articolo 2 della stessa Decisione n. 435 stabilisce per quali disposizioni, facenti pienamente parte dell'acquis, non si renda necessaria la determinazione della base giuridica, restando comunque impregiudicati gli effetti giuridici degli atti in vigore adottati sulla base di dette disposizioni. In sostanza, si tratta di disposizioni:
- non giuridicamente vincolanti;
- rese superflue dal tempo trascorso dalla loro adozione o da fatti intervenuti;
- riguardanti regolamentazioni istituzionali che dovranno essere considerate come sosti- tuite da procedure dell'Unione europea;
aventi un oggetto contemplato da una disposizione giuridica della Comunità o dell'Unione europea o da un atto adottato da tutti gli Stati membri e pertanto reso obsoleto;
- rese superflue dall'accordo concluso con la repubblica di Islanda e dal regno di Norvegia (in data 17 maggio 1999);
- riguardanti un settore che non rientra nel campo di attività della Comunità né fa parte degli obiettivi dell'Unione europea e nel quale gli Stati membri si riservano pertanto il diritto di agire singolarmente.

La Decisione n. 436 procede alla determinazione della base giuridica, salvo evidenziare come tale determinazione non pregiudichi in alcun modo:
- gli obblighi tuttora vigenti in virtù della Convenzione del 1990;
- l'esercizio delle responsabilità spettanti agli Stati membri ai sensi dell'articolo 64 del TCE e dell'articolo 33 del TUE per quanto concerne il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna;
- il diritto degli Stati membri di effettuare controlli sulle merci soggette a divieti o restrizioni stabiliti dagli Stati stessi e compatibili con il diritto comunitario;
- le norme attuali in materia di riconoscimento della validità dei documenti di viaggio.

In sintesi, e con particolare riferimento alla Convenzione di Schengen, la base giuridica dell'acquis è fornita dalle seguenti norme del Trattato:
- per quanto attiene al passaggio delle frontiere esterne e interne, ai visti, alle condizioni di circolazione degli stranieri, ai titoli di soggiorno e segnalazioni ai fini della non ammissione e alle relative misure di accompagnamento, essenzialmente dall'art. 62 TCE;
- per quanto attiene alla cooperazione tra forze di polizia, all'assistenza giudiziaria in materia penale, all'applicazione del principio ne bis in idem, all'estradizione e agli stupefacenti, dagli artt. 30, 31, 32 e 34 del TUE, facenti parte del Titolo VI relativo alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Ad alcune delle norme sugli stupefacenti si applicano altresì gli artt. 95 e 152 del TCE, nella misura in cui le disposizioni della Convenzione trattano esclusivamente di misure relative al commercio legale di droghe controllate, aventi per oggetto il funzionamento del mercato interno e, rispettivamente, profili di natura sanitaria. L'art. 95, sulle misure di armonizzazione normativa finalizzate all'instaurazione ed al funzionamento del mercato interno, costituisce base giuridica anche degli artt. 82 e 91 della Convenzione, relativi rispettivamente alle armi il cui acquisto non è soggetto ad autorizzazione e sullo scambio di informazioni in merito all'acquisizione di armi da fuoco da parte di persone residenti nel territorio di un'altra Parte contraente;
- per quanto concerne la protezione dei dati di natura personale dai già citati articoli del TUE relativi alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, nonché dal citato art. 95 del TCE;
- per quanto riguarda infine il caso di negoziati condotti da una Parte contraente con uno Stato terzo in materia di controlli alle frontiere, dall'art.62, punto 2) del TCE, relativo all'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, tenuto conto anche del Protocollo al TCE sulle relazioni esterne degli Stati membri in materia di attraversamento delle frontiere esterne.

Va infine rilevato che non è stato raggiunto un accordo sulla base giuridica per le norme di cui agli artt. 92-119 della Convenzione, relativi all'istituzione, alla gestione e all'utilizzazione del Sistema di informazione Schengen (SIS), alla protezione dei dati personali e alla sicurezza dei dati nell'ambito del Sistema stesso nonché alla ripartizione dei costi che esso comporta. Tale mancato accordo viene segnalato, nell'allegato di cui all'art. 2 della Decisione, dalla sigla p.m. in corrispondenza della base giuridica.

Note
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4. La lotta contro le frodi comunitarie


4.1 L'articolo 280 (ex articolo 209A) del trattato sulla Comunità europea.
L'art. 209A TCE, introdotto dal trattato di Maastricht, stabiliva il principio in base al quale gli Stati membri, al fine di combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, adottassero le stesse misure da adottarsi per combattere le frodi che ledono i propri interessi finanziari, organizzando, nel quadro di un'azione coordinata e con l'aiuto della Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra i servizi competenti delle rispettive amministrazioni.
Il trattato di Amsterdam ha modificato tale norma - che, nella nuova numerazione, è diventata l'art. 280 TCE - ribadendo il principio dell'equivalenza delle misure messe in campo per combattere le frodi comunitarie e quelle interne, ma rafforzando il peso dei provvedimenti adottati direttamente in sede comunitaria. Il nuovo testo prevede, infatti, che il Consiglio, deliberando secondo la procedura di codecisione di cui all'art. 251 TCE, previa consultazione della Corte dei conti, adotti esso stesso misure nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire ad una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri. Tali misure - che sembrano essere volte più ad un efficace coordinamento delle legislazioni nazionali, da attuarsi a mezzo di opportune direttive, che all'adozione di vere e proprie norme di "diritto penale comunitario" - non possono riguardare l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate in attuazione della norma all'esame.
Circa le iniziative concrete di armonizzazione assunte dalle istituzioni comunitarie in materia, va innanzi tutto ricordata l'adozione - ai sensi dei vecchi artt. K1, n. 5, e K3 TUE (nella versione originaria introdotta dal Trattato di Maastricht) - della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996 e del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione. Tali atti internazionali sono in corso di ratifica da parte del Parlamento italiano46.
La Convenzione prevede, tra l'altro, l'obbligo per gli Stati membri di considerare come illeciti penali taluni comportamenti lesivi degli interessi finanziari della Comunità (ad esempio, la presentazione o l'utilizzo di documenti falsi, inesatti o incompleti ovvero la mancata comunicazione di informazioni in violazione di un obbligo giuridico cui consegue un danno per il bilancio comunitario, ovvero la distrazione di fondi comunitari per fini diversi da quelli per i quali sono stati concessi) e vincola gli stessi anche nella scelta delle sanzioni, prevedendo per le frodi gravi (cioè quelle che superano una certa soglia quantitativa) l'introduzione di pene privative della libertà personale47. Tale sistema è completato dalle disposizione dei Protocolli aggiuntivi che sanciscono tra l'altro: l'obbligo per i legislatori nazionali di introdurre nei rispettivi ordinamenti fattispecie penali aventi ad oggetto i fatti di corruzione propria dei funzionari comunitari e dei funzionario di altri Stati membri nella misura in cui ledono gli interessi finanziari della Comunità; il potere della Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione della Convenzione.

4.2 Il Corpus Juris
Tra il novembre del 1995 ed il maggio del 1996, un gruppo di esperti insediato presso la Direzione generale per il controllo finanziario della Commissione europea ha elaborato un "Corpus Juris contenente disposizioni penali per la tutela degli interessi finanziari dell'Unione Europea". La proposta - che ha suscitato vasta risonanza nel dibattito corrente in tale materia48 - contiene l'indicazione di un numero ristretto di disposizioni penali (di carattere sia sostanziale che processuale) volte ad assicurare una tutela uniforme nei diversi Stati membri degli interessi finanziari comunitari: esse, pertanto, non assumono la forma dell'immediata applicabilità, ma necessitano di un più o meno ampio completamento a mezzo di regole penali e processuali nei singoli ordinamenti nazionali.
In quest'ambito, la prima parte del progetto delinea una serie di fattispecie penali (frode in danno del bilancio comunitario, corruzione, abuso d'ufficio, malversazione, ricettazione e riciclaggio, etc.), mentre la seconda parte è dedicata ai profili processuali, raccolti intorno ai tre principi di territorialità comunitaria, di garanzia giudiziaria e di processo informato al contraddittorio. Si prevede l'istituzione di un "pubblico ministero europeo" incaricato della conduzione delle indagini preliminari, essendo affidata ai giudici nazionali la fase dibattimentale e l'adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale. La scelta dell'autorità giudiziaria competente per il dibattimento è affidata al pubblico ministero europeo, il quale esercita l'azione penale dinanzi alla giurisdizione che sembra più appropriata nell'interesse di buona amministrazione della giustizia.

Note
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5. Cenni sugli sviluppi della politica di cooperazione in materia di giustizia e affari interni a partire da Maastricht


5.1 La Convenzione Europol ed altre Convenzioni K.3.
Nonostante i limiti operativi e politici esaminati in precedenza49, le disposizioni sul "terzo pilastro" contenute nel trattato di Maastricht sono a fondamento dell'adozione, da parte delle istituzioni comunitarie, di una discreta quantità di atti programmatici e normativi50.
In particolare, la precedente consuetudine di articolare la cooperazione in materia di giustizia e affari interni a livello intergovernativo e la necessità della successiva ratifica da parte dei parlamenti nazionali hanno spinto il Consiglio essenzialmente verso l'elaborazione di convenzioni ai sensi dell'art. K3, comma 2, lettera c), TUE51. Nondimeno, alcune convenzioni - come la Convenzione Europol, le Convenzioni sull'estradizione e la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione - costituiscono importanti punti di riferimento in settori nevralgici della cooperazione in materia di polizia e di giustizia52.
La Convenzione che istituisce istituisce un ufficio europeo di polizia (Europol), fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995 si basa, per l'appunto, sull'art. K3 del trattato di Maastricht53. Con essa gli Stati membri dell'Unione europea hanno istituito un Ufficio europeo di polizia denominato "Europol" con sede nei Paesi Bassi, all'Aja, e con l'obiettivo di rafforzare, nel quadro della cooperazione nel settore della giustizia e affari interni, l'efficacia dei servizi competenti di ciascuno Stato e la cooperazione tra di loro, al fine di prevenire e combattere il terrorismo, il traffico illecito di stupefacenti, e altre gravi forme di criminalità internazionale. Europol svolge prioritariamente le seguenti funzioni:
- agevolare lo scambio di informazioni fra gli Stati membri;
- raccogliere e analizzare le informazioni;
- comunicare ai servizi competenti degli Stati membri le informazioni che li concernono e informarli immediatamente dei collegamenti constatati fra fatti delittuosi;
- facilitare le indagini negli Stati membri;
- gestire raccolte informatizzate di informazioni.

Ciascuno Stato membro crea o designa un'unità nazionale incaricata di svolgere le funzioni di cui sopra. L'unità nazionale è l'unico organo di collegamento fra l'Europol e i servizi nazionali competenti.
Per lo svolgimento delle sue funzioni, Europol gestisce un sistema di informazione alimentato direttamente dagli Stati membri, ed accessibile alla consultazione delle unità nazionali, degli ufficiali di collegamento, del direttore, dei vicedirettori e degli agenti di Europol, debitamente autorizzati.
Oltre ai dati a carattere non personale, possono figurare in tale sistema di informazione dati a carattere personale. Tutti gli archivi automatizzati contenenti dati a carattere personale devono essere oggetto, da parte di Europol, di una decisione che richiede l'approvazione del consiglio di amministrazione54. Sulla gestione della banca dati vigila un'autorità indipendente.

L'art. K3 del trattato di Maastricht ha costituito la base normativa anche per l'adozione di due importanti convenzioni in materia di estradizione. In primo luogo, con atto del Consiglio del 10 marzo 1995 è stata elaborata la Convenzione relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea. La Convenzione prevede una forte semplificazione per la consegna delle persone ricercate: ferma restante la facoltà di chiedere altri elementi d'informazione se quelli comunicati risultano insufficienti, gli Stati membri hanno, infatti, l'obbligo di consegnarsi le persone ricercate ai fini dell'estradizione sulla base della mera comunicazione dei seguenti dati:
- identità della persona ricercata,
- autorità che ha chiesto l'arresto,
- esistenza di un ordine di arresto o di un atto di pari efficacia oppure di una sentenza avente forza esecutiva,
- natura e qualificazione giuridica del reato,
- descrizione delle circostanze del reato,
- per quanto possibile, conseguenze del reato.

Con successivo atto del Consiglio del 27 settembre 1996, è stata elaborata la più generale Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea, che precisa innanzi tutto i fatti che possono giustificarla: deve trattarsi di reati punibili dalla legge dello Stato membro richiedente con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore, nel massimo, a dodici mesi e punibili dalla legge dello Stato membro richiesto con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore, nel massimo, a sei mesi. Eventuali differenze fra la misura di sicurezza prevista dallo Stato membro richiedente e quella prevista dallo Stato richiesta sono irrilevanti55.
Nessun reato può essere considerato dallo Stato membro richiesto alla stregua di reato politico. Nell'ipotesi che siano state violate le leggi fiscali, l'estradizione viene concessa se il fatto corrisponde ad un reato della stessa natura secondo la legge dello Stato richiesto. L'estradizione non può essere rifiutata per il motivo che secondo la legge dello Stato richiesto l'azione penale o la pena sono prescritte; inversamente, essa non è concessa per reati coperti da amnistia nello Stato richiesto56.

La Convenzione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, adottata con atto del Consiglio il 26 maggio 1997 sulla base dell'art. K3, paragrafo 2, lettera c), del trattato di Maastricht57, ha come scopo la repressione della corruzione attiva e passiva dei funzionari statali o comunitari (cioè dipendenti delle istituzioni comunitarie ovvero comandati dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee). Più in particolare, ai fini della Convenzione vi è corruzione passiva quando il funzionario deliberatamente sollecita o riceve, direttamente o tramite un intermediario, vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o previsto nell'esercizio di queste, in violazione dei suoi doveri d'ufficio; vi è, invece,
corruzione attiva quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un intermediario, un vantaggio di qualsiasi natura a un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o previsto nell'esercizio di queste, in violazione dei suoi doveri d'ufficio.
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che i comportamenti sopra descritti, nonché la complicità e l'istigazione ad essi relative, siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti, almeno nei casi gravi, pene privative della libertà che possono comportare l'estradizione58, e prende i provvedimenti necessari per consentire che i dirigenti delle imprese, ovvero qualsiasi persona che eserciti poteri decisionali o di controllo all'interno di un'impresa, possano rispondere penalmente, secondo i principi stabiliti dal diritto nazionale, per i predetti atti di corruzione, commessi da persona soggetta alla loro autorità e per conto dell'impresa.
Per quanto attiene all'esercizio della potestà punitiva, essa è naturalmente rimessa agli Stati membri, che adottano i provvedimenti necessari per stabilire la propria competenza sugli illeciti previsti dalla Convenzione nei casi in cui:
- l'illecito è commesso, in tutto o in parte, sul proprio territorio;
- l'autore dell'illecito è un proprio cittadino o funzionario;
- l'illecito è commesso nei confronti di un funzionario comunitario o di uno dei membri delle istituzioni delle Comunità europee (Commissione delle Comunità europee, Parlamento europeo, Corte di giustizia e Corte dei conti delle Comunità europee);
- l'autore dell'illecito è un funzionario comunitario al servizio di un'istituzione delle Comunità europee o di un organismo costituito a norma dei trattati che istituiscono le Comunità europee, e che ha sede nello Stato membro interessato.

Infine, gli Stati membri applicano, nel loro diritto penale nazionale, il principio ne bis in idem, in virtù del quale la persona che sia stata giudicata con provvedimento definitivo in uno Stato membro non può essere incriminata in un altro Stato membro per gli stessi fatti, purché la pena eventualmente comminata sia stata eseguita, sia in fase di esecuzione o non possa essere più eseguita ai sensi della legislazione dello Stato membro che ha pronunciato la condanna59.

Oltre ai casi sopra illustrati, l'art. K3 TUE costituisce la base normativa anche di altre importanti convenzioni nel settore della cooperazione in materia di giustizia e affari interni, tra le quali:
- la Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale, elaborata dal Consiglio il 26 luglio 199560, che prevede la creazione di un sistema automatizzato comune a fini doganali, consistente in una base dati centrale, alimentata dagli Stati membri ed a cui ogni Stato membro può accedere attraverso propri terminali, nel rispetto di talune garanzie in ordine alla protezione dei dati personali;
- la Convenzione relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione in materia doganale, elaborata dal Consiglio il 18 dicembre 1997, che si propone come finalità di creare un sistema di mutua assistenza e di cooperazione tra gli Stati membri tramite le rispettive amministrazioni doganali al fine di prevenire ed accertare le violazioni alle regolamentazioni doganali, nonché di perseguire e punire le infrazioni alle regolamentazioni doganali comunitarie e nazionali. Una più stretta cooperazione transfrontaliera è prevista in ordine alla repressione, tra l'altro, del traffico di droghe e di armi;
- la Convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell'Unione Europea di atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, elaborata dal Consiglio il 26 maggio 199761. La Convenzione prevede che la trasmissione degli atti avvenga nel rispetto di determinate procedure di garanzia e di certezza, attraverso gli ufficiali ministeriali, le autorità o altre persone designate dagli Stati membri.

5.2 Il Piano d'azione del Consiglio e della Commissione del 3 dicembre 1998.
A seguito del rinnovato quadro normativo nei settori della politica dell'immigrazione e della cooperazione giudiziaria in materia civile da un lato, e della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale dall'altro, così come definito dal trattato di Amsterdam, il Consiglio e la Commissione - su mandato del Consiglio europeo di Cardiff - hanno presentato al Consiglio europeo di Vienna dell'11 e 12 dicembre un Piano d'azione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, adottato il 3 dicembre.
Il documento - che non riveste efficacia immediatamente precettiva, ma costituisce piuttosto un programma di lavoro futuro per le istituzioni comunitarie62 - si segnala per il fatto che contiene una indicazione dettagliata di priorità che l'Unione intende perseguire nei settori della cooperazione in materia di affari interni e giustizia, con una scansione precisa del tempo di realizzazione dei diversi obiettivi: come si è in precedenza visto, infatti, il trattato di Amsterdam impone un doppio limite temporale (due o cinque anni) entro il quale dovranno essere attuate le diverse iniziative normative in materia. In relazione a ciò il Piano d'azione individua, tra le altre, le seguenti priorità e misure, destinate a riempire per i prossimi anni di contenuto concreto le disposizioni dei trattati finora esaminate:
- Politiche connesse con la libertà di circolazione delle persone. Entro due anni si dovrà, tra l'altro, incrementare l'attuazione della Convenzione di Dublino63 trasferendone la base giuridica verso il trattato di Amsterdam, dare attuazione ad Eurodac64 adottare norme minime sulle procedure applicabili negli Stati membri per la concessione o la revoca dello status di rifugiato65definire le norme relative ad un visto uniforme. Sul più lungo periodo quinquennale acquista particolare rilievo l'intenzione di elaborare una normativa per le condizioni di ingresso e soggiorno e norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine, nonché di estendere i meccanismi di rappresentazione di Schengen in materia di visti;
- Cooperazione giudiziaria in materia civile. Entro due anni si dovranno concludere i lavori relativi alla revisione delle Convenzioni di Bruxelles del 27 settembre 1968 e di Lugano del 16 settembre 198866 concernenti la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, mentre, nel periodo quinquennale, dovrà essere posta all'esame la possibilità di istituire uno strumento giuridico sulla legge applicabile in materia di divorzio67 ed assicurare una migliore e più semplice cooperazione tra organi giudiziari dei diversi Paesi membri nella raccolta delle prove;
- Cooperazione tra forze di polizia. Nei due anni successivi all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam occorrerà migliorare la cooperazione in seno ad Europol nei settori della lotta contro le reti di immigrazione clandestina e contro il terrorismo ed esaminare la possibilità di creare una base di dati sulle indagini in corso; si dovrà, inoltre, valutare la possibilità di mettere a punto tecniche investigative comuni tra le forze di polizia dei diversi Paesi ed avviare la riflessione sulle modalità di intervento di un servizio incaricato dell'applicazione della legge di uno Stato membro sul territorio di altro Stato membro. Nel quinquennio la cooperazione in ambito Europol prevederà, tra l'altro, la promozione di accordi di collegamento tra organi inquirenti sia di magistratura che di polizia specializzati nella lotta contro la criminalità organizzata e l'attuazione di sistemi sempre più perfezionati di cooperazione operativa e di scambio di informazioni;
- Cooperazione giudiziaria in materia penale. La priorità nel biennio è costituita dall'attuazione in modo efficace e, se del caso, dall'ulteriore sviluppo della "rete giudiziaria europea"68; non mancano, peraltro, tra gli obiettivi la messa a punto di una convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale, la facilitazione dell'estradizione e del reciproco riconoscimento delle decisioni tra Stati membri69 e la lotta al riciclaggio di denaro. Nei cinque anni saranno, inoltre, approfondite le problematiche relative all'estradizione ed alla cooperazione transfrontaliera in materia di trasmissione dei procedimenti, esecuzione delle sentenze e scambio di informazioni sui casellari giudiziari, nonché alla possibilità di prevenire i conflitti di competenza tra Stati membri;
- Ravvicinamento delle norme di diritto penale. Nei primi due anni saranno prioritariamente messe allo studio misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi ed alle sanzioni nei settori della criminalità organizzata, del terrorismo e del traffico di stupefacenti, da mettere complessivamente a punto nel quinquennio dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

5.3 La Risoluzione del Parlamento europeo del 13 aprile 1999.
Sul Piano d'azione al quale si è fatto riferimento nel paragrafo precedente il Parlamento europeo ha adottato, in data 13 aprile 1999, una Risoluzione70 che - nel manifestare, in linea generale, condivisione per gli obiettivi ed i tempi in esso indicati - auspica che i Capi di Stato e di Governo ed il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali definiscano una strategia comune sui temi:
- della cittadinanza europea e dei diritti fondamentali di quanti vivono sul territorio dell'Unione. In particolare, il Parlamento ha affermato la necessità di una definizione più avanzata dei diritti fondamentali, della cittadinanza europea e della lotta contro qualsiasi forma di discriminazione, attraverso l'elaborazione di una "Carta dei diritti fondamentali" redatta congiuntamente dal Parlamento europeo, dai parlamentari nazionali e dalla Corte di giustizia. Tale proposta è stata recepita dal Consiglio europeo di Colonia del 3 e 4 giugno 199971;
- della piena realizzazione della libertà di circolazione delle persone, nonché dell'immigrazione e dell'asilo. Tale tematica dovrà essere ripensata "secondo un'impostazione veramente comunitaria", tra l'altro mettendo a punto un quadro giuridico che consenta all'Unione di affrontare efficacemente le situazioni di arrivi massicci di profughi;
- della definizione di uno spazio giuridico e giudiziario europeo. In tale contesto è necessario semplificare la relazione dei cittadini con la giustizia e rendere la risposta giudiziaria più efficace in uno spazio integrato europeo, garantendo a ciascuno, su un piano di parità processuale, il diritto alla difesa, ad un giudice indipendente ed imparziale, nonché ad un processo equo retto dal principio della presunzione di innocenza;
- del rafforzamento della cooperazione giudiziaria in materia civile, in particolare avviando le necessarie procedure per il riconoscimento e l'esecuzione automatica delle sentenze tra gli Stati membri e favorendo la reciproca compatibilità delle norme di procedura civile;
- del rafforzamento della cooperazione amministrativa, giudiziaria, doganale e di polizia, instaurando un clima di maggiore fiducia reciproca tra gli Stati membri e rafforzando altresì il ruolo di agenzie comuni quali Europol. In particolare, occorre tra l'altro ampliare l'attività di prevenzione dei reati svolta da Europol ed elaborare una strategia comune tra gli Stati membri per un'azione coordinata nel perseguire i crimini contro l'umanità ed i reati transnazionali, la cui portata oltrepassa il territorio di un singolo Stato membro (terrorismo e criminalità organizzata internazionali, tratta di esseri umani, pedofilia, traffico di droga, contraffazione dell'euro e violazione degli interessi finanziari dell'Unione, etc.);
- del miglioramento dei metodi di lavoro e delle relazioni tra le istituzioni comunitarie, anche attraverso: l'attività di sensibilizzazione ed informazione dei cittadini dell'Unione; l'attività di verifica della legittimità - alla luce del rinnovato quadro istituzionale dopo il trattato di Amsterdam - dei testi normativi già approvati ed in corso di approvazione, trasformando in decisioni-quadro le convenzioni per le quali il processo di ratifica non sia stato ancora avviato o che abbia interessato soltanto una minoranza di Stati membri.

5.4 I recenti lavori del Consiglio in materia di giustizia e affari interni e la preparazione del Vertice di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999.
Il Consiglio Europeo di Colonia del 3 e 4 giugno 1999 ha deciso - a partire dal Piano d'azione del 4 dicembre 1998 e dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 13 aprile 1999, illustrati nei precedenti paragrafi - di definire nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 gli orientamenti per la futura politica europea in materia di giustizia e affari interni.
Le priorità che il Vertice sarà chiamato ad affrontare sono illustrate in un documento che contiene il programma della presidenza finlandese dell'Unione Europea per il secondo semestre 1999, dove si preannunzia, tra l'altro, che la riunione "si incentrerà sull'instaurazione di una politica più omogenea in materia di immigrazione e asilo, che dia maggior rilievo al principio di solidarietà, sull'intensificazione degli sforzi nella lotta alla criminalità transnazionale attraverso lo sviluppo della cooperazione tra autorità di polizia e giudiziarie, e sul miglioramento dell'accesso alla giustizia dei cittadini europei, ad esempio rafforzando la protezione delle vittime dei reati"72.
Il documento articola, inoltre, l'agenda dei lavori del Vertice nei tre settori della politica in materia di immigrazione e di asilo, della lotta alla criminalità transnazionale, e dello spazio europeo di giustizia e l'accesso dei singoli alla giustizia. Molti degli obiettivi individuati in riferimento a ciascuno dei tre settori hanno costituito oggetto di discussione e di preparazione in occasione delle più recenti riunioni del Consiglio giustizia e affari interni. Più in particolare:
A) politica in materia di immigrazione e asilo. Tra le priorità di questo specifico settore il documento della presidenza finlandese indica: l'introduzione di controlli efficienti alle frontiere esterne dell'Unione e di un grado sufficiente di uniformità delle norme e procedure per l'attraversamento delle frontiere73; la discussione di norme comuni per quanto riguarda le procedure in materia di asilo74; la conclusione dell'esame del "regolamento" Eurodac relativo ad un registro delle impronte digitali dei richiedenti asilo. A tal riguardo, è significativo rilevare come il documento adoperi il termine "regolamento", con ciò facendo trasparire la tendenza - che si può osservare nelle prese di posizione più recenti delle istituzioni comunitarie - di "convogliare" i contenuti delle Convenzioni concluse sulla base dell'articolo K.3 del trattato di Maastricht in strumenti normativi comunitari (preferibilmente regolamenti), nei casi in cui le relative materie rientrino, dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, nel pilastro comunitario. Infatti, si è già in precedenza ricordato75 che Eurodac nasce come progetto di Convenzione adottato dal Consiglio in ambito K.2 del trattato di Maastricht nel dicembre 1998. Successivamente la Commissione ha adottato, il 26 maggio 1999, una proposta di regolamento intesa a disciplinare la medesima materia, che, in quanto attinente all'asilo ed all'immigrazione, rientra ora - sulla base delle disposizioni del trattato di Amsterdam - nelle competenze comunitarie. Il Consiglio giustizia e affari interni del 27 e 28 maggio 1999 ha di conseguenza incaricato gli organi competenti di esaminare la proposta della Commissione al fine di giungere ad un accordo definitivo entro la fine dell'anno;
B) lotta alla criminalità transnazionale. Nel documento della presidenza finlandese si dichiara la disponibilità a compiere ogni sforzo per portare a conclusione i negoziati per la convenzione sull'assistenza giudiziaria ed il relativo protocollo, che si prefigge di integrare ed agevolare l'applicazione della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del Consiglio d'Europa del 1959, nonché di adottare nuovi metodi investigativi per rendere più efficiente e rapida la cooperazione giudiziaria in materia penale76. Altri punti in agenda riguardano il riconoscimento reciproco delle sentenze penali, l'elaborazione di disposizioni minime sugli elementi costitutivi e le sanzioni per determinati tipi di reato, la cooperazione transfrontaliera tra autorità giudiziarie, la lotta alla criminalità economica, ad esempio la frode e la falsificazione relativa ai mezzi di pagamento diversi dai contanti, nonché alla protezione dell'euro;
C) spazio europeo di giustizia ed accesso dei singoli alla giustizia. In tale settore, il documento della presidenza finlandese individua, tra le altre, due priorità. La prima riguarda il miglioramento delle modalità di accesso dei singoli alla giustizia sia nell'ambito del diritto privato che del diritto penale, ravvicinando ed armonizzando le legislazioni e riconoscendo ed attuando le sentenze e le decisioni giudiziarie nel modo più ampio possibile. La seconda priorità - qualificata come un "obiettivo fondamentale" - riguarda la "conversione" di alcune Convenzioni relative al terzo pilastro in strumenti comunitari. Le Convenzioni che in tale ambito vengono in rilievo sono tra le altre: la Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, e la Convenzione di Lugano del 1988, che estende le disposizioni della Convenzione di Bruxelles a Svizzera, Norvegia e Islanda (il Consiglio giustizia e affari interni del 27 e 28 maggio 1999 ha confermato l'accordo sulla revisione di tali Convenzioni raggiunto a livello di esperti); la Convenzione del 1998 sulla giurisdizione, riconoscimento ed efficacia delle sentenze in materia matrimoniale (cd. "Brussells II") e la Convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell'Unione Europea di atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, elaborata dal Consiglio il 26 maggio 199777 (della revisione di tali Convenzioni ha discusso il Consiglio giustizia e affari interni del 2 marzo 1999). La presidenza finlandese sembra, inoltre, annettere grande importanza ad un progetto di proposta basato su un'iniziativa finno-tedesca per un regolamento sulle procedure di insolvenza, presentato al Consiglio giustizia e affari interni del 27 e 28 maggio 1999.

5.5 La Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 1999 in vista del Vertice di Tampere.
Con Risoluzione del 16 settembre 1999, il Parlamento europeo, rinnovato a seguito delle elezioni di giugno, ha indirizzato al Consiglio europeo in vista del Vertice di Tampere una serie di raccomandazioni per l'adozione, tra le altre, delle seguenti strategie:
- Semplificare e rendere coerente il quadro istituzionale dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. In tale contesto, il Parlamento invita il Consiglio a promuovere un consolidamento nel pilastro comunitario della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, e ritiene che il periodo di cinque anni stabilito nel trattato di Amsterdam per la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia sia da considerare una scadenza fissa;
- Facilitare e rendere trasparente il processo decisionale in seno all'Unione;
- Assicurare la libera circolazione delle persone in seno all'Unione, anche al fine di facilitare l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi legalmente residenti nel territorio dell'Unione;
- Definire una politica di immigrazione e di asilo. Il Parlamento considera, tra l'altro, inammissibile l'assenza di una strategia europea in materia di politiche migratorie;
- Prevenire efficacemente il crimine a livello europeo. Il Parlamento considera urgente l'adozione sotto forma di decisione comune del piano d'azione contro il crimine per gli anni 2000-2004, integrando in tale piano i piani specifici di lotta e prevenzione di manifestazioni gravi della criminalità internazionale con riferimento, tra l'altro, alla tratta delle persone, ai reati contro i bambini, al razzismo e xenofobia, al riciclaggio, al terrorismo;
- Creazione di uno spazio giuridico europeo, atto a facilitare, tra l'altro, l'accesso alla giustizia, il riconoscimento dei provvedimenti giudiziari pronunziati in altri Stati membri, la prevenzione della criminalità, specie di quella giovanile. Il Parlamento ha, inoltre, richiesto agli Stati membri di adottare le norme necessarie a perseguire sul proprio territorio casi di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità ed atti di tortura, a prescindere dal luogo in cui i crimini sono stati commessi.
- Rafforzamento del dialogo fra istituzioni dell'Unione e degli Stati membri.

Note
Indice


6. Prospetto degli atti in materia di giustizia e affari interni adottati nel quadro del trattato di Maastricht e soggetti a ratifica.

Titolo

Pubblicazione

Note

Stato ratifica

Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Dublino in data 15 giugno 1990 GU C 254, 19/08/97   Legge 23/12/1992, n. 523
La Convenzione è entrata in vigore il 1° settembre 1997 per quanto riguarda i 12 firmatari originari, il 1° ottobre 1997 per l’Austria e la Svezia e il 1° gennaio 1998 per la Finlandia
Protocollo relativo alle conseguenze dell’entrata in vigore della Convenzione di Dublino al riguardo di determinate disposizioni della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen 78     Ratificato con Legge 16/06/97, n. 178
Proposta di decisione che stabilisce la Convenzione sull’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri GU C 11, 15/01/94 La proposta di decisione è rimasta ferma alla prima lettura del Parlamento europeo (approvazione con emendamenti).La Commissione europea racco- mandava la ratifica della Convenzione entro il 31/12/94  
Atto del Consiglio, del 10 marzo 1995, adottato in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, che stabilisce la Convenzione relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell’Unione europea GU C 78, 30/03/95    
Atto del Consiglio, del 26 luglio 1995, che stabilisce la Convenzione basata sull’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea che istituisce un ufficio europeo di polizia (Convenzione Europol) GU C 316, 27/11/95   Legge 23/03/98, n. 93
La data di entrata in vigore della Convenzione è il 1° ottobre 1998

 

Titolo

Pubblicazione

Note

Stato ratifica

Protocollo relativo all’interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, della Convenzione che istituisce l’Ufficio europeo di polizia GU C 299, 09/10/96   Legge 23/03/98, n. 93
Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità di Europol, dei membri dei suoi organi, dei suoi vicedirettori e agenti GU C 221, 19/07/97   Legge 07/06/99, n. 182
Atto del Consiglio, del 26 luglio 1995, che stabilisce la Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee GU C 316, 27/11/95   DDL C5491/S3915
Approvato dalla Camera dei deputati in data 24/03/99
In corso d’esame al Senato
Primo Protocollo della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari (relativo agli illeciti connessi con la corruzione) GU C 313, 23/10/96   DDL C5491/S3915
Approvato dalla Camera dei deputati in data 24/03/99
In corso d’esame al Senato
Protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee GU C 151, 20/05/97   DDL C5491/S3915
Approvato dalla Camera dei deputati in data 24/03/99
In corso d’esame al Senato
Secondo Protocollo della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (relativo alla responsabilità delle persone giuridiche, la confisca e il riciclaggio di denaro, nonché la cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e della protezione dei dati personali ad essi connessi) GU C 221, 19/07/97    
Terzo Protocollo della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (relativo al riciclaggio di denaro sporco, la responsabilità delle persone giuridiche e il ruolo della Commissione in materia di cooperazione giudiziaria) In via di convalida al Consiglio    

 

Titolo

Pubblicazione

Note

Stato ratifica

Atto del Consiglio 95/C 316/02, del 26 luglio 1995, che elabora la Convenzione sull’uso dell’informatica nel settore doganale GU C 316, 27/11/95   Legge 30/07/98, n. 291
Protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, della Convenzione sull’uso della tecnologia dell’informazione nel settore doganale GU C 151, 20/05/97   Legge 30/07/98, n. 291
Protocollo alla Convenzione sull’uso dell’informatica nel settore doganale, relativo al riciclaggio di proventi illeciti e all’inserimento nella Convenzione del numero di immatricolazione del mezzo di trasporto GU C 91, 31/03/99    
Atto del Consiglio del 27 settembre 1996, adottato in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, che stabilisce la Convenzione relativa all’estradizione tra gli Stati membri dell’Unione europea GU C 313, 23/10/96    
Atto n. 97/C/261/01 del Consiglio del 26/05/97 che stabilisce in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea la Convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell’Unione europea di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale GU C 261, 27/08/97   S 3221/C5446
Approvato dal Senato il 24/11/98, in corso d’esame alla Camera dei deputati
Protocollo concernente l’interpretazione, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, della Convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell’Unione europea di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale GU C 261, 27/08/97   S 3221/C5446
Approvato dal Senato il 24/11/98, in corso d’esame alla Camera dei deputati

 

Titolo

Pubblicazione

Note

Stato ratifica

Atto del Consiglio, 97/C 195/01, del 26 maggio 1997, che stabilisce, sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del Trattato sull’Unione europea, la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea GU C 195, 25/06/97   DDL C5491/S3915
Approvato dalla Camera dei deputati in data 24/03/99
In corso d’esame al Senato
Proposta di atto del Consiglio che stabilisce la Convenzione relativa alle norme di ammissione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri GU C 337, 07/11/97
(COM (97) 387)
La proposta di Atto è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo (approvazione con emendamenti)  
Atto del Consiglio 98/C 24/01, del 18 dicembre 1997, che stabilisce la Convenzione, in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra amministrazioni doganali GU C 24, 23/01/98    
Proposta di atto del Consiglio che stabilisce la Convenzione relativa alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all’esecuzione, negli Stati membri dell’Unione europea, delle decisioni in materia civile e commerciale GU C 33, 31/01/98    
Atto del Consiglio che stabilisce la Convenzione relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida GU C 216, 10/07/98    

 

Titolo

Pubblicazione

Note

Stato ratifica

Atto del Consiglio che stabilisce la Convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali GU C 221, 16/07/98    
Protocollo concernente l’interpretazione, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, della Convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali GU C 221, 16/07/98    
Progetto di atto del Consiglio che stabilisce la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea GU C 251, 02/09/99    

Note
Indice

Note

1 Il trattato sull'Unione Europea con 17 protocolli allegati e con atto finale che contiene 33 dichiarazioni, fatto a Maastricht il 7 febbraio 1992, è stato ratificato e reso esecutivo in Italia con l. 3 novembre 1992, n. 454, ed è entrato in vigore il 1° novembre 1993.
2 Il trattato che modifica il trattato sull'Unione Europea, i trattati che istituiscono le Comunità Europee ed alcuni atti connessi, con allegato e protocolli, è stato ratificato e reso esecutivo in Italia con l. 16 giugno 1998, n. 209, ed è entrato in vigore il 1° maggio 1999.
3 L'Atto Unico Europeo, aperto alla firma a Lussemburgo il 17 febbraio 1986, con atto finale e dichiarazioni ad esso allegate, è stato ratificato e reso esecutivo in Italia con l. 23 dicembre 1986, n. 909, ed è entrato in vigore il 1° luglio 1987.
4 Cfr. infra, § 3.1.
5 Sui contenuti e le problematiche del "terzo pilastro" del trattato di Maastricht, cfr., in generale, la trattazione collettanea Giustizia e affari interni nell'Unione Europea. Il "terzo pilastro" del Trattato di Maastricht, a cura di N. Parisi e D. Rinoldi (presentazione di A. Tizzano e contributi di: N. Parisi, D. Rinoldi, M.G. Garbagnati, G. Magno, L. Salazar, A. Corvo, M. Pastore), Torino, 1996.
6 Ratificata e resa esecutiva nell'ordinamento italiano con l. 4 agosto 1955, n. 848.
7 Ratificata e resa esecutiva nell'ordinamento italiano con l. 24 luglio 1954, n. 722
8 L'art. 12 del trattato di Amsterdam stabilisce, infatti, che agli articoli, ai titoli ed alle sezioni del trattato sull'Unione Europea (TUE) e del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), come modificati dalle disposizioni del trattato di Amsterdam, si applica una nuova numerazione, secondo le tabelle di corrispondenza contenute in un allegato a quest'ultimo trattato, che ne costituiscono parte integrante. Pertanto, la nuova numerazione è entrata in vigore con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam e ad essa si farà riferimento nel prosieguo della trattazione.
9 Cfr. § 2.4.
10 Sugli aspetti accennati nel testo v. A. Tizzano, Brevi note sul "terzo pilastro" del Trattato di Maastricht, in Il diritto dell'Unione europea, n. 2/1996, p. 395 ss..
11 La Corte di giustizia ha avuto, peraltro, modo di affermare la sussistenza della propria competenza ad esaminare il contenuto di un atto emanato in base all'art. 100C per verificare che esso non pregiudichi le competenze attribuite alla Comunità da questa disposizione e per annullarlo qualora risultasse che esso avrebbe dovuto essere basato su tale articolo e fosse stato, per contro, adottato sulla base di altre disposizioni. In pratica, la Corte risulta comunque investita della funzione di vegliare sul riparto di competenze tra i pilastri dell'Unione (sentenza 12 maggio 1998 in causa C-170/96, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1998, p. 393 ss., con nota di C. Novi, La competenza della Corte di giustizia in materia di atti contemplati dal titolo VI del trattato UE).
12Cfr. J. Monar, Giustizia e affari interni nel Trattato di Amsterdam: sviluppi e carenze di una "comunitarizzazione" incompleta, in Europa-Europe, n. 1/1998, p. 116 s..
13 Le ragioni riportate nel testo possono leggersi nelle pagine di "Scadplus", che è uno dei siti Internet dell'Unione Europea (http://www.europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/l33022.htm).
14 Cfr. § 1.3.
15 Cfr. § 4.1.
16 Un giudizio non completamente lusinghiero sulle disposizioni inserite nel titolo IV della parte terza TCE dal trattato di Amsterdam esprime Tizzano, Il trattato di Amsterdam, Padova, 1998, p. 73 s., secondo il quale si tratterebbe - a causa, tra l'altro, dell'accorpamento di materie non omogenee, delle possibili interferenze con le disposizioni del "terzo pilastro riformato" (cfr. il successivo § 2.4), delle incertezze sugli sbocchi del periodo transitorio - di "una normativa pesante, approssimativa (se non improvvisata nelle convulse fasi finali del negoziato), segnata da gravi deviazioni ai meccanismi tradizionali del diritto comunitario, ma soprattutto così incredibilmente confusa e intricata da risultare, almeno per qualche anno, di assai difficile applicazione".
17 Cfr. § 2.4
18 Cfr. § 3.1.
19 Si ricorda infatti che, a norma degli artt. 6 e 7 TUE, l'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dello Stato di diritto; l'Unione rispetta, inoltre, i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. Il Consiglio, riunito nella composizione dei Capi di Stato e di Governo, può constatare all'unanimità l'esistenza di una violazione grave ai predetti principi da parte di uno Stato membro e può decidere a maggioranza qualificata di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in applicazione del TUE, compresi i diritti di voto del rappresentante del Governo di tale Stato in seno al Consiglio. Il Protocollo sull'asilo per i cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea, allegato al trattato di Amsterdam, stabilisce inoltre che gli Stati membri dell'Unione Europea, dato il livello di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali da essi garantito, si considerano reciprocamente Paesi d'origine ai fini dell'esercizio del diritto d'asilo. Pertanto, la domanda d'asilo presentata da un cittadino di uno Stato membro può essere presa in esame da un altro Stato membro soltanto se lo Stato membro di cui il richiedente è cittadino abbia adottato misure che deroghino agli obblighi previsti dalla Convenzione del 1950, ovvero sia stato avviata a suo carico la procedura di constatazione dell'esistenza di una violazione grave ai principi dell'art. 6 TUE. Inoltre, sulla base di un altro Protocollo allegato al trattato di Maastricht, il Regno Unito e l'Irlanda si riservano il diritto di esercitare alle frontiere controlli sulle persone che intendono entrare nel loro territorio, in particolare sui cittadini di Stati che sono parti contraenti dell'accordo sullo Spazio economico europeo o di qualsiasi altro accordo che vincoli il Regno Unito o l'Irlanda e di autorizzarli ad entrare nel loro territorio. Parallelamente, gli altri Stati membri potranno esercitare controlli sulle persone che provengono dal Regno Unito o dall'Irlanda. L'Irlanda ha manifestato il desiderio di partecipare per quanto possibile alle misure adottate in applicazione del Titolo IV se ed in quanto consentano di mantenere la sua "zona di spostamento comune" con il Regno Unito, che è uno spazio di libera circolazione fra l'Irlanda e il Regno Unito.
20 Quando si deve seguire questa procedura, il Consiglio può adottare un atto a maggioranza qualificata, ma soltanto allorché approvi tutti gli emendamenti formulati dal Parlamento alla proposta avanzata dalla Commissione, ovvero allorché non vi siano emendamenti del Parlamento. Negli altri casi, più frequenti, il Consiglio deve inizialmente limitarsi ad adottare una posizione comune, che si trasforma in un atto quando il Parlamento la approvi ovvero non la esamini nei tre mesi successivi al momento in cui ne ha avuto comunicazione. Se, invece, il Parlamento respinge la posizione comune a maggioranza assoluta dei suoi componenti, l'atto si avrà come non adottato; se, per contro, il Parlamento adotta, con la medesima maggioranza, emendamenti alla posizione comune, il Consiglio potrà adottare l'atto a maggioranza qualificata soltanto accettando tutti gli emendamenti del Parlamento (salvo che non vi sia un parere negativo della Commissione, nel qual caso occorre l'unanimità). Se infine il Consiglio non accetta gli emendamenti proposti dal Parlamento, è convocato un Comitato di conciliazione, composto da membri del Consiglio e del Parlamento, con l'incarico di definire, in una sede più ristretta ed a maggioranza qualificata, un progetto comune, che dovrà poi essere adottato dal Consiglio a maggioranza qualificata e dal Parlamento a maggioranza assoluta dei voti espressi.
21 Nel Rapporto della Corte di giustizia su alcuni aspetti dell'applicazione del Trattato sull'Unione europea per il 1995, la stessa Corte ha sottolineato che il deficit di controllo giudiziario che risultava da tale esclusione appariva particolarmente serio in materia di protezione giudiziaria dei singoli, che avrebbero potuto essere colpiti da misure adottate nei settori della giustizia e degli affari interni.
22 Ciò non toglie che il Regno Unito e l'Irlanda possano notificare al Consiglio l'intenzione di partecipare all'adozione ed all'applicazione di una proposta o di un'iniziativa assunta nell'ambito del titolo VI, ovvero di accettare una misura già adottata. In quest'ultimo caso, tuttavia, la richiesta deve essere autorizzata dal Consiglio a maggioranza qualificata, con la procedura cd. di "cooperazione rafforzata" di cui all'art. 11 TCE (cfr. infra, § 2.6). Per quanto riguarda la Danimarca, il protocollo chiarisce che le misure che determinano quali siano i Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso di un visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e le misure relative all'instaurazione di un modello uniforme per i visti, adottate in base al titolo VI TCE, trovano comunque applicazione anche alla Danimarca. Si prevede, inoltre, la possibilità che la Danimarca recepisca nel proprio diritto interno le altre decisioni adottate dal Consiglio sulla base del titolo VI TCE nel contesto dell'integrazione dell'acquis di Schengen (cfr. infra, § 3.3).
23 § 2.2.
24 Crr. § 5.1.
25 Va rilevato, a tale riguardo, che il trattato di Amsterdam attua sul punto un parziale assorbimento di strumenti creati da un precedente atto normativo convenzionale, avente, nel sistema delle fonti comunitarie, rango inferiore a quello dei trattati istitutivi. Il fenomeno potrebbe aprire problematiche interpretative connesse alla definizione delle relazioni fra le norme primarie sulla cooperazione giudiziaria e quelle contenute nella Convenzione Europol.
26 Cfr. § 1.4.
27 L'art. 36 istituisce un comitato di coordinamento - ai cui lavori è pienamente associata la Commissione - composto da alti funzionari, con il compito di formulare pareri e svolgere la fase preparatoria dei lavori del Consiglio.
28 Le modalità di ponderazione, che attribuiscono cioè un diverso "peso" ai voti espressi dai singoli Stati membri (Italia, Germania, Francia e Regno Unito hanno, in questo contesto, la maggiore ponderazione, pari a 10 voti) sono stabilite, in linea generale, dall'art. 205 TCE e valgono tutte le volte in cui è richiesta la maggioranza qualificata in seno al Consiglio.
29 L'art. 38 stabilisce, inoltre, che gli accordi con Stati terzi od organizzazioni internazionali conclusi nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune a norma dell'art. 24 TCE possono riguardare anche le materie della cooperazione di polizia e giudiziaria a norma del titolo VI TCE. Tali accordi sono conclusi dal Consiglio, che delibera all'unanimità su raccomandazione della Presidenza.
30 Cfr. § 1.3.
31 Si osserva, sotto il profilo del linguaggio normativo, che mentre l'art. K3 adoperava l'espressione "elabora convenzioni", l'art. 34 adopera l'espressione "stabilisce convenzioni", senza tuttavia introdurre sul punto specifico sostanziali innovazioni rispetto alla disciplina precedente.
32 Si ricorda che nel sistema dell'art. K6 il Parlamento doveva essere semplicemente consultato, senza che il parere da esso espresso potesse avere alcun effetto, ancorché meramente ritardante, sulla procedura: ciò ha fatto sì che, nella prassi concreta, il Parlamento è stato per lo più semplicemente informato, piuttosto che consultato.
33 Osserva J. Monar, op. cit., p. 132, che la più ampia scelta rimessa agli Stati membri in ordine all'accettazione della giurisdizione della Corte muove da "un approccio à la carte che non contribuirà ad accrescere la consistenza e la coerenza nell'acquis giuridico dell'UE e che potrebbe creare delle differenze tra gli Stati membri in ordine alla protezione giurisdizionale dei singoli nella giustizia e negli affari interni dell'UE".
34 Secondo J. Monar, ivi, p. 133, "poiché è probabile che tutta l'azione comune abbia ripercussioni sull' "ordine pubblico" e sulla "sicurezza interna", relativamente alle questioni rientranti nella cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, un'interpretazione estensiva di questa clausola potrebbe comportare una limitazione dell'effettiva giurisdizione della Corte ex titolo sesto del TUE persino maggiore di quella prevista dal titolo quarto del TCE".
35 Poiché l'art. 40 richiama anche l'art. 43 - che detta i principi generali in tema di cooperazione rafforzata, a prescindere dai settori specifici in cui essa viene realizzata (tale norma è nota anche come "clausola di flessibilità") - dovrebbe ritenersi la necessità che ricorrano, oltre a quelle viste, anche le altre condizioni indicate dall'art. 43, tra le quali: che tale procedura venga utilizzata solo in ultima istanza, qualora non sia stato possibile raggiungere gli obiettivi dei trattati con le procedure da essi contemplate; che la cooperazione riguardi almeno la maggioranza degli Stati membri; che la stessa non pregiudichi l'acquis comunitario e le competenze, diritti, obblighi ed interessi degli Stati membri che non vi partecipano.
36 Il Consiglio europeo non fa parte in senso stretto delle istituzioni comunitarie indicate dall'art. 7 TCE (Parlamento europeo, Consiglio, Commissione, Corte di giustizia, Corte dei conti), ma di esso fa menzione l'art. 4 TUE come di quell'organismo che riunisce i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri ed il Presidente della Commissione e che dà all'Unione "l'impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici generali". In pratica, "il Consiglio europeo, sin dalle prime sue riunioni tenute con la denominazione di "vertice", costituisce l'organismo nel cui ambito gli Stati membri provvedono ad un esame periodico delle questioni pendenti di maggiore rilevanza per lo sviluppo della Comunità e, più recentemente, dell'Unione, con la finalità di raggiungere una soluzione globale" (così G. Gaja, Introduzione al diritto comunitario, 2^ ed., Bari, 1999, p. 14).
37 Gli accordi di adesione di Danimarca, Finlandia e Svezia, fatti a Lussemburgo il 19 dicembre 1996, sono stati ratificati e resi esecutivi all'ordinamento italiano con l. 27 maggio 1999, n. 198.
38 L'accordo di cooperazione, fatto a Lussemburgo il 19 dicembre 1996, è stato ratificato e reso esecutivo nell'ordinamento italiano con l. 27 maggio 1999, n. 197.
39 Come è noto, l'Italia, pur avendo ratificato l'Accordo e la Convenzione con l. 28 luglio 1993, n. 300, non poteva ancora far parte, a livello operativo, del sistema di Schengen essenzialmente per due ragioni. Anzitutto, la mancata approvazione, da parte del Parlamento, di una legge sulla protezione dei dati personali. La Convenzione applicativa dell'Accordo prevede infatti all'articolo 117 che ogni Paese firmatario si impegni a introdurre al proprio interno delle disposizioni necessarie per raggiungere un livello di protezione dei dati di natura personale almeno uguale a quello derivante dai principi della Convenzione del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981. Tale Convenzione, la cui ratifica è stata autorizzata dalle Camere nel 1989, con la legge n. 98/1989, non aveva ancora completato il proprio iter di deposito degli strumenti di ratifica, poiché l'Italia non aveva ancora adempiuto all'impegno, previsto inderogabilmente dalla stessa Convenzione, di adottare una disciplina nazionale sulla tutela dei dati informatici; con l'approvazione della legge 31 dicembre 1996, n. 675 recante Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, questo ostacolo è stato rimosso. Il secondo ostacolo riguardava la partecipazione al sistema d'informazione Schengen (SIS). L'articolo 92 della Convenzione d'applicazione dell'Accordo di Schengen prevede infatti che sia creato un sistema comune d'informazione costituito da una Sezione nazionale, istituita presso ciascun Stato e incaricata di istituire e gestire una archivio di dati su base nazionale, e da una Unità di supporto tecnico con sede a Strasburgo e con il compito di gestire un archivio di dati con il quale sia garantita l'identità e quindi l'omogeneità degli archivi nazionali mediante la trasmissione in linea delle informazioni. Il SIS ha l'obiettivo di garantire, grazie ai dati disponibili per il suo tramite, la sicurezza e l'ordine pubblico ed altresì l'attuazione delle disposizioni della Convenzione nell'ambito della circolazione delle persone. Per quanto riguarda l'Italia, terminata una prima fase di sperimentazione denominata "data loading test" per verificare la congruità e la compatibilità del sistema nazionale con quello centrale di Strasburgo sul piano esclusivamente tecnico, è stata completata la fase di caricamento dei dati dei paesi tra i quali gli accordi di Schengen sono già operativi nel SIS nazionale.
40 Per dare seguito alle misure previste dalla Convenzione di applicazione, gli Stati firmatari hanno dato vita, secondo quanto previsto dagli articoli 131-133 della Convenzione, ad un Comitato esecutivo, all'interno del quale ogni Paese ha diritto ad un seggio. Il Comitato - che decide all'unanimità - è composto, a seconda della volontà degli Stati, da un rappresentante dei Ministeri degli Esteri, Interno o Giustizia e si riunisce generalmente due volte ogni sei mesi.
Con il compito di verificare la corretta esecuzione delle disposizioni della Convenzione per quanto riguarda l'unità di supporto tecnico del sistema informativo Schengen (SIS) è stato inoltre istituita l'Autorità di controllo comune. Tale organo - al quale sono attribuite anche competenze più generali in materia di protezione dei dati - si compone di due rappresentanti di ogni singola autorità di controllo nazionale. Esiste inoltre un Gruppo centrale, formato da rappresentanti degli Stati membri, che tiene riunioni mensili, con il compito di preparare i lavori del Comitato esecutivo e dal quale dipende un apposito Comitato di orientamento SIS. Infine, il Comitato esecutivo ha creato una serie di Gruppi di lavoro, composti da rappresentanti delle amministrazioni delle Parti contraenti, per facilitare le decisioni del Comitato nei diversi settori strategici dell'Accordo (Gruppo Stupefacenti, Gruppo Trattati, Gruppo SIS, Gruppo Asili e Gruppo Visti).
41 Il termine francese acquis significa letteralmente "ciò che è stato acquisito o conquistato" (es. acquis social), o anche "bagaglio di conoscenza"; di esso viene fatto uso comune nel linguaggio comunitario, in particolare per indicare il patrimonio in campo giuridico e normativo delle realizzazioni comunitarie (cd. acquis communautaire).
42 Osserva L. Corrado, L'intégration de Schengen dans l'Union Européenne: problèmes et perspectives, in Revue du Marché commun et de l'Union européenne, n. 428, maggio 1998, p. 344, come l'integrazione dell'acquis di Schengen e la sua ripartizione tra il primo ed il terzo pilastro (cd. ventilation) pongono complessi problemi: non soltanto perché l'acquis spesso deve esso stesso essere ben definito - la gran parte delle decisioni degli organi esecutivi di Schengen non sono infatti pubblicate - ma anche perché la determinazione della base giuridica (TCE ovvero TUE) è influenzata da tutta una serie di preoccupazioni relative alla "sicurezza" e da considerazioni di ordine politico che la rendono inevitabilmente più complicata.
43 Cfr. § 2.3.
44 Cfr. § 2.5.
45 Cfr. nota 39.
46 Più precisamente, la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura nella seduta del 24 marzo 1999 il disegno di legge di ratifica, che attualmente è assegnato alle Commissioni riunite giustizia ed esteri del Senato in sede referente. Il medesimo disegno di legge reca anche la ratifica della Convenzione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, adottata con atto del Consiglio il 26 maggio 1997 sulla base dell'art. K3, paragrafo 2, lettera c), del trattato di Maastricht (sulla quale cfr. il successivo § 5.1).
47 Nella materia, si rileva che, nell'ambito dell'ordinamento penalistico italiano, gli articoli 316-bis e 640-bis del codice penale già prevedono i reati di malversazione a danno dello Stato e, rispettivamente, di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, disciplinando per larga parte fattispecie descritte dalla Convenzione richiamata nel testo.
48 La traduzione italiana del Corpus è pubblicata nella collana Pubblicazioni del Centro di Diritto Penale Europeo di Catania, con il titolo Verso uno spazio giudiziario europeo, Milano, 1997, con prefazione di G. Grasso, Il Corpus Juris e le prospettive di formazione di un diritto penale dell'Unione Europea.
49 Cfr. capitolo I, §§ 1.3, 1.4, 1.5.
50 Un prospetto degli atti in materia di giustizia e affari interni adottati nel quadro del trattato di Maastricht è contenuto nel successivo capitolo 6.
51 Al ricorso a strumenti diversi dalla convenzione è stato, peraltro, impresso nuovo slancio dall'adozione del programma d'azione per la lotta contro la criminalità organizzata, adottato dal Consiglio il 28 aprile 1997, che contempla trenta raccomandazioni che dovranno essere attuate dagli Stati membri, dalla Commissione europea e da Europol. Queste raccomandazioni vertono sia su azioni nel campo della repressione che su interventi preventivi, e traducono la volontà di servirsi degli strumenti legislativi comunitari non meno che di quelli che rientrano nel terzo pilastro. I provvedimenti previsti dal programma d'azione sono destinati sia a definire le strategie che a istituire nessi operativi tra le autorità degli Stati membri e ad adottare strumenti giuridicamente vincolanti, nell'intento di migliorare la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia di lotta contro la criminalità organizzata. Dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, la tendenza che sembra profilarsi è, come si vedrà più innanzi (cfr. in particolare § 5.4), quella di ricondurre il contenuto di Convenzioni nel contesto di tradizionali strumenti normativi comunitari (ad esempio i regolamenti), laddove la relativa materia rientri in quelle del "pilastro comunitarizzato" (cfr. § 2.2).
52 Per una rassegna puntuale degli atti adottati sulla base delle disposizioni del "terzo pilastro" del trattato di Maastrich, aggiornata al 1996 e suddivisa per aree tematiche, cfr. E. Chiti, M. Favilla e L. Limberti, Il terzo pilastro: una rassegna, in Riv. it. dir. pubblico comunitario 1997, p. 807 ss.. Un quadro sintetico e ragionato delle iniziative normative assunte nell'ambito della cooperazione in materia di affari interni e giudiziari è offerta da G. della Cananea e F. Megale, Cronache comunitarie, in Riv. trim dir. pubblico 1994 (p. 890 s.), 1995 (p. 455 ss.), 1996 (p. 783 ss.), 1997 (p. 501 ss.), 1998 (p. 444 s.).
53 La Convenzione è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 23 marzo 1998, n. 93, unitamente al Protocollo concernente l'interpretazione, in via pregiudiziale, della medesima convenzione, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee (che gli Stati membri possono accettare con apposita dichiarazione al momento della firma del Protocollo), fatto a Bruxelles il 24 luglio 1996. Successivamente, con l. 7 giugno 1999, n. 182, è stato ratificato e reso esecutivo il Protocollo relativo ai privilegi ed alle immunità di Europol, redatto sulla base dell'art. K3 TUE e dell'art. 41, paragrafo 3, della Convenzione Europol, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997. La Convenzione Europol è entrata in vigore il 1° ottobre 1998.
54 Chiunque desideri accedere ai dati memorizzati presso Europol che lo riguardano, può a tale scopo presentare a titolo gratuito una domanda, in uno Stato membro di sua scelta, all'autorità nazionale competente, che la sottopone a Europol e avvisa il richiedente che quest'ultimo gli risponderà direttamente. Chiunque ha il diritto di chiedere a Europol che i dati errati che lo riguardano siano rettificati o cancellati.
55 La convenzione indica espressamente il caso in cui la legge dello Stato membro richiedente configuri alcuni reati come cospirazione o associazione per delinquere e preveda per questi fatti pene privative della libertà (o misure di sicurezza privative della libertà) non inferiori a dodici mesi; in tali casi la domanda di estradizione non può essere respinta dallo Stato richiesto per il motivo che il suo sistema penale non prevede che gli stessi fatti costituiscano reato, purché la cospirazione o l'associazione per delinquere abbiano per fine la commissione di reati in materia di terrorismo ovvero qualsiasi altro reato grave riguardante il traffico di stupefacenti o altre forme di criminalità lesive dei diritti della persona o comportanti un pericolo per la collettività.
56 Per i fatti commessi anteriormente alla consegna (allo Stato richiedente) diversi da quelli che hanno dato luogo alla domanda di estradizione, la persona estradata può, senza che occorra l'assenso dello Stato richiesto, essere sottoposta a procedimento penale o essere giudicata quando i fatti non sono punibili con una pena o una misura di sicurezza restrittive della libertà personale. Al contrario, se, successivamente alla sua consegna, la persona estradata rinuncia espressamente al beneficio della regola della specialità, essa potrà essere sottoposta a procedimento penale, giudicata o detenuta ai fini dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza restrittiva della sua libertà personale.
57 La Convenzione è in corso di ratifica nell'ambito dell'ordinamento italiano. Il relativo disegno di legge (Atto Senato 3915) è stato già approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati nella seduta del 24 marzo 1999, ed è attualmente all'esame delle Commissioni riunite giustizia ed esteri del Senato in sede referente. Il medesimo disegno di legge reca anche la ratifica della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee del 1995 e di due Protocolli a tale convenzione del 1996, tutti elaborati sulla base dell'art. K3 TUE (v. il precedente § 4.1).
58 Ciascuno Stato membro adotta, inoltre, i provvedimenti necessari affinché, ai sensi del diritto penale nazionale, le previsioni in materia di corruzione attiva e passiva commessi da ministri del governo, membri eletti del Parlamento, membri degli organi giudiziari supremi o membri della Corte dei conti nell'esercizio delle rispettive funzioni, o nei loro confronti, si applichino allo stesso modo ai casi in cui gli illeciti sono commessi da membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee, rispettivamente nell'esercizio delle loro funzioni o nei loro confronti.
59 La Convenzione stabilisce anche che qualsiasi controversia tra gli Stati membri in merito all'interpretazione o all'applicazione della stessa, che essi non abbiano potuto risolvere bilateralmente, deve formare oggetto di un primo esame in sede di Consiglio, secondo la procedura di cui al titolo VI del trattato di Maastricht, al fine di giungere a una soluzione. Se non si è potuto trovare una soluzione entro sei mesi, la controversia può essere sottoposta alla Corte di giustizia delle Comunità europee da una delle parti in causa.
60 Ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 30 luglio 1998, n. 291.
61 Il disegno di legge di ratifica della Convenzione - nonché del Protocollo concernente l'interpretazione della stessa da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, fatto a Bruxelles il 26 maggio 1997 - è stato approvato in prima lettura dal Senato ed è attualmente all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati (Atto Camera 5446).
62 Dal punto di vista cronologico il Piano è stato elaborato prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (che è avvenuta il 1° maggio 1999), ma il contenuto e la scansione temporale delle diverse iniziative in esso individuate appaiono chiaramente calibrate sugli obiettivi, i tempi e gli strumenti del trattato di Amsterdam.
63 Si tratta della Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità Europee, firmata il 15 giugno 1990, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 23 dicembre 1992, n. 523, ed entrata in vigore il 1° settembre 1997 per i dodici Stati membri originariamente firmatari, il 1° ottobre 1997 per l'Austria ed il 1° gennaio 1998 per la Finlandia. Il principio fondamentale affermato dalla Convenzione di Dublino è quello in base al quale per l'esame della domanda di asilo vi è la competenza di un solo Stato membro, individuata sulla base di una serie di criteri tipicamente indicati, che si applicano nell'ordine in cui sono presentati (ad esempio, è competente quello Stato membro presso il quale il richiedente l'asilo abbia già un familiare cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra, o abbia un titolo di soggiorno o visto in corso di validità, etc.); in ogni caso, se nessuno dei criteri tipici risulta applicabile, l'esame della domanda di asilo è di competenza del primo Stato membro al quale essa è stata presentata. Va ricordato altresì che in data 26 aprile 1994 è stato firmato a Bonn un Protocollo relativo alle conseguenze dell'entrata in vigore della Convenzione di Dublino al riguardo di determinate disposizioni della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, ratificato e reso esecutivo in Italia con l. 16 giugno 1997, n. 178.
64 Eurodac è un progetto di convenzione adottato dal Consiglio giustizia ed affari interni del 3 e 4 dicembre 1998, il cui fine è la creazione di una banca dati centralizzata a livello comunitario per la comparazione delle impronte digitali di coloro che richiedono asilo, tale da facilitare la determinazione dello Stato membro responsabile per l'esame della domanda d'asilo ai sensi della Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990. Fatto salvo quanto si dirà nel successivo § 5.4 circa la preparazione, da parte della Commissione, di uno strumento giuridico comunitario che riprenda il contenuto del progetto di Convenzione Eurodac (ragione per la quale il Consiglio ha deciso di "congelare" l'adozione di tale atto in attesa dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam), si fa presente che il Parlamento europeo, nella seduta del 13 aprile 1999, ha comunque respinto la proposta di atto del Consiglio che elabora un protocollo della Convenzione che istituisce l'Eurodac per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo, a causa della mancata applicazione di tale Convenzione agli immigrati clandestini. Tali obiezioni sono state successivamente recepite dal Consiglio con l'elaborazione di un progetto di protocollo al sistema Eurodac, che estende l'applicazione della Convenzione agli immigrati clandestini.
65 In materia si ricorda che il Consiglio ha adottato la posizione comune 96/196/GAI, del 4 marzo 1996, definita sulla base dell'articolo K.3 del trattato di Maastricht, riguardante l'applicazione armonizzata della definizione del termine "rifugiato" ai sensi dell'articolo primo della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati. Il fattore determinante per concedere lo status di rifugiato è individuato dalla posizione comune, in conformità della Convenzione di Ginevra, nell'esistenza di un timore fondato di persecuzione per motivi attinenti alla razza, alla religione, alla nazionalità, all'opinione pubblica o all'appartenenza a un gruppo sociale determinato. La fondatezza di tale timore di persecuzione deve essere determinata alla luce delle circostanze relative a ogni singolo caso. Spetta al richiedente presentare gli elementi necessari alla valutazione della realtà dei fatti e delle circostanze cui viene fatto riferimento.
66 La Convenzione di Bruxelles (che vige in tutti gli Stati membri in seguito alla notificazione della ratifica dal parte del Belgio in data 25 luglio 1997) è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 21 giugno 1971, n. 804, mentre quella di Lugano con la l. 10 febbraio 1992, n. 198.
67 Il 28 maggio 1998, il Consiglio ha adottato un atto elaborativo, sulla base dell'articolo K.3 del trattato di Maastricht, della convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali.
Tale convenzione mira ad estendere alle questioni matrimoniali il campo d'applicazione della convenzione di Bruxelles del 1968, stabilendo, a livello di Unione Europea, norme uniformi di competenza giurisdizionale per quanto riguarda l'annullamento del matrimonio, la separazione personale dei coniugi, il divorzio e la responsabilità dei genitori al fine di agevolare il riconoscimento rapido ed automatico delle decisioni fra gli Stati membri.
68 Si fa riferimento all'azione comune 98/428/GAI, del 29 giugno 1998, adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea concernente l'istituzione di una rete giudiziaria europea. L'azione comune istituisce, infatti, una rete di punti di contatto giudiziari tra gli Stati membri ("rete giudiziaria europea") composta dai seguenti soggetti: le autorità centrali responsabili in ciascuno Stato membro della cooperazione giudiziaria internazionale, una o più persone di contatto designate in ciascuno Stato membro, che abbiano una conoscenza sufficiente di una lingua dell'Unione europea diversa dalla lingua nazionale, i magistrati di collegamento, di cui all'azione comune 96/277/GAI, che possono essere associati alla rete giudiziaria europea dagli Stati membri che li designano, una persona di contatto designata dalla Commissione per i settori di sua competenza. La rete giudiziaria europea ha il compito di facilitare l'istituzione di adeguati contatti tra gli agenti dei vari Stati membri, organizzare riunioni periodiche tra i rappresentanti degli Stati membri, fornire stabilmente alcune informazioni di base sempre aggiornate, in particolare attraverso una rete di telecomunicazione adeguata.
69 Circa le Convenzioni sull'estradizione elaborate dal Consiglio sulla base dell'art. K.3 del trattato di Maastricht cfr. il precedente § 5.1.
70 La Risoluzione è stata preceduta da una conferenza, tenutasi il 22 e 23 marzo 1999, con i rappresentanti dei parlamenti degli Stati membri.
71 La Carta sarà deliberata da un organismo composto dai delegati dei Capi di Stato o di Governo e del Presidente della Commissione europea, nonché da membri del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali.
72 Tali priorità sono state sostanzialmente confermate in occasione della riunione informale del Consiglio giustizia e affari interni di Turku del 16 e 17 settembre 1999 (cfr. Agence Europe del 17 settembre, n. 7553).
73 Il Consiglio giustizia e affari interni ha in discussione un progetto di azione comune relativa ad un modello uniforme di foglio utilizzabile per l'apposizione del visto rilasciato dagli Stati membri a persone titolari di un documento di viaggio non riconosciuto nello Stato membro che emette il foglio o a persone sprovviste di qualsiasi documenti di viaggio. Nella riunione del 3 e 4 dicembre 1998, il Consiglio non è riuscito, tuttavia, a raggiungere un accordo definitivo su tale progetto.
74 La Commissione ha presentato al Consiglio, il 3 marzo 1999, un documento di lavoro sulle norme comuni in materia di procedure di asilo, intese ad accelerare le relative procedure, sul quale il Consiglio giustizia e affari interni del 27 e 28 maggio 1999 ha proceduto ad un primo scambio di opinioni. La discussione si è, in particolare, incentrata sulla scelta di un approccio graduale più elastico, secondo il quale taluni principi di base sarebbero vincolanti per tutti gli Stati membri che avrebbero però facoltà di definire le necessarie modalità amministrative, ovvero di un approccio più prescrittivo che imporrebbe a tutti gli Stati membri di utilizzare esattamente le medesime procedure, con un effetto di maggiore armonizzazione nel settore.
75 Cfr. § 5.2.
76 Uno dei punti oggetto di maggiore discussione - da ultimo nel corso dei Consigli giustizia e affari interni del 3 e 4 dicembre 1998 e del 27 e 28 maggio 1999 - riguarda le disposizioni in materia di intercettazione delle telecomunicazioni applicabili alle reti tradizionali, alle reti GSM ed alle reti internazionali via satellite. In questo settore, il progetto di convenzione mira, infatti, a stabilire norme - per quanto riguarda le intercettazioni effettuate nel contesto di un'indagine penale - che forniscano la base giuridica necessaria per un'adeguata cooperazione per quanto concerne l'intercettazione, l'obbligo di informare un altro Stato membro all'atto dell'effettuazione di un'intercettazione nel territorio dello stesso, nonché l'obbligo di astenersi dall'intercettare e di interrompere in talune circostanze l'intercettazione in corso. Il progetto stabilisce inoltre in quale misura lo Stato membro visitato può fissare condizioni per l'uso di materiale già intercettato.
77 Cfr. il precedente § 5.1.
78 Atto non pubblicato sulla GUCE in quanto non si tratta, in senso stretto, di un atto dell'Unione europea bensì di un atto di modifica della Convenzione di applicazione di Schengen volto a sopprimere le disposizioni incompatibili con la Convenzione di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l’esame delle domande d’asilo.

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18 ottobre 1999
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