In questa prima domenica di Avvento il Natale sta provocando uno scontro diplomatico in Europa. Non è il Natale del Bambino Gesù la causa dello scontro; è il "Bianco Natale", quello della neve e dello sci. Causa Covid, i credenti andranno alla Messa di Mezzanotte alle 8 di senza recriminare e con la benedizione dei loro vescovi e di Papa Francesco. Causa Covid sarebbe meglio non affollarsi sugli impianti di sci, dicono i governi di Italia, Germania e Francia, che se la devono vedere non solo con i loro presidenti di Regione ma anche con l'opposizione di Austria, Slovenia e Svizzera.
La Svizzera è fuori dall'Unione Europea: dovrà accontentarsi eventualmente di far sciare i suoi, che non sono tanti; non so quanti italiani, tedeschi e francesi avranno voglia di chiudersi in quarantena obbligatoria al ritorno dalla sciata in Svizzera.
Austria e Slovenia staranno dentro un accordo europeo; non solo perché la cancelliera Angela Merkel ha argomenti "persuasivi" nei confronti dei cugini confinanti, ma anche perché in questo autunno di Covid-19 c'è un'Europa ben diversa da quella che aveva cominciato il 2020.
In soli 100 giorni di pandemia l'Unione Europea è cambiata più che negli ultimi trent'anni.
Chi l'avrebbe mai detto?
Nelle precedenti crisi finanziarie o politiche l'Europa era arretrata, aveva provato a difendersi con le regole che aveva, ma nella trincea del passato aveva perso il futuro, che è lo spirito vitale dell'Unione, ed era entrata in affanno. Anche all'inizio dell'offensiva del Covid-19 l'Europa era tornata nella trincea del passato: chiuse le frontiere interne, "ognuno per sé" alla forsennata ricerca di mascherine e respiratori, nessun coordinamento sanitario. La disgregazione era imminente.
In quel momento, proprio la dimensione dello shock pandemico ha esaltato valore e necessità dell'Unione Europea: la riposta adeguata non poteva che essere a livello continentale e i contenuti della risposta dovevano riguardare tutti i cittadini, tutti gli Stati. Il rischio di morte si è trasformato nel germoglio di vita.
L'Unione Europea ha organizzato il rimpatrio di oltre 600 mila cittadini europei bloccati all'esterno dalla pandemia: è stato il segnale che le persone si aspettavano, il segnale che ciascuno di noi può contare sull'aiuto dell'Unione; è stato il segnale che l'Europa era uscita dalla trincea del passato e respirava futuro. Nel giro di pochi giorni - e questo riguardava gli Stati membri - è stato sospeso il Patto di Stabilità. E infatti i cambiamenti sono seguiti rapidamente. Thierry Breton, il commissario europeo al Mercato interno, li riassume efficacemente così: "Al di là della necessità del rilancio, l'Europa ha concepito un'azione comune all'altezza delle sfide che aveva di fronte. Tre i principi fondanti: nessun Paese sarà lasciato indietro; nessuna economia sarà sacrificata alla pandemia; tutti gli Stati membri dovranno avere accesso, a condizioni analoghe, all'indebitamento necessario per finanziare i piani di ripresa e rilancio. L'Europa, che per la prima volta si indebita a vantaggio dell'Europa intera e che sospende le proprie norme di governance finanziaria. Chi l'avrebbe mai detto?".
Nelle sue memorie del 1978, Jean Monnet, uno dei Padri fondatori dell'Europa, francese come Thierry Breton, una risposta ce l'ha: "Gli uomini accettano il cambiamento solo in caso di necessità e vedono la necessità solo nella crisi".
Nel rispetto dei diritti personali
Pur nella necessità noi europei abbiamo imparato ad imparato ad imporre al cambiamento il rispetto delle persone e dello Stato di diritto. Pur nell'urgenza della risposta al Coronavirus, l'Unione Europea ha pienamente rispettato queste regole. Ad esempio, nessuna attività di sorveglianza e di controllo sulle persone è stata collegata al tracciamento sanitario della propagazione del virus, respingendo all'origine qualsiasi tentazione autoritaria negli Stati membri.
Con questa certezza noi europei possiamo leggere senza preoccupazioni per la nostra identità, anzi con curiosità ed ammirazione che a gennaio prenderà il via Odeuropa, un progetto europeo per individuare, salvaguardare e promuovere gli odori che hanno contraddistinto l'Europa nei secoli passati. Sotto l'egida dell'Unione Europea il consorzio internazionale ha come soci principali il Knaw Humanities Cluster, la Fau Elangen-Nürnberg, la Fondazione Bruno Kessler di Trento, Eurecom, la Anglia Ruskin University, l'Istituto "Jožef Stefan" e lo University College di Londra. Si tratta di centri specializzati in vari settori, dalla storia dell'arte, alla chimica e alla linguistica computazionale.
Oltre che un segnale di vitalità culturale, Odeuropa è un altro dei modi con cui l'Europa risponde all'offensiva della pandemia: il Covid-19, infatti, priva le sue vite dell'olfatto. E anche per chi non si ammala, la pandemia ci toglie odori e profumi, costringendo all'uso della mascherina, al distanziamento e alla sanificazione.
29 novembre 2020