EUROPEI

Il richiamo della Corte costituzionale tedesca
I cittadini decidono sull'Europa attraverso i Parlamenti nazionali
Più vicina l'entrata in vigore del nuovo Trattato dell'Unione

di Tino Bedin

Il futuro Trattato dell'Unione Europea ha superato un altro esame, quello della Corte costituzionale tedesca. Il Trattato è già stato ratificato dal Parlamento tedesco, ma la ratifica non è ancora operativa perché si aspettava il parere della Corte costituzionale. Questo parere è arrivato il 30 giugno ed è molto importante per l'evoluzione dell'Europa; è anche molto interessante per tutti gli altri Stati membri.
In sintesi il parere è questo: il Trattato di Lisbona è compatibile con la Costituzione tedesca, ma la Germania deve accompagnare la ratifica con una legge per garantire le prerogative del Parlamento tedesco. Il vicepresidente della Corte ha così riassunto il verdetto: "La Costituzione dice sì al Trattato di Lisbona, ma esige a livello nazionale un rafforzamento della responsabilità del Parlamento in materia d'integrazione". Questa legge d'accompagnamento deve ribadire i diritti di codecisione del Parlamento tedesco sia "per garantire l'efficacia del diritto di voto" dei cittadini tedeschi sia per far sì che l'Unione "non superi le competenze che le sono state assegnate".

Le quattro firme mancanti. Poiché il Bundestag e Bundesrat potrebbero votare questa legge entro settembre, la prospettiva di entrata in vigore del Trattato di Lisbona in tutta l'Unione Europea si fa più concreta e soprattutto più vicina.
I presidenti Kaczynski (Polonia) e Klaus (Repubblica ceca) dovrebbero firmare le rispettive leggi di ratifica (già approvate dai due Parlamenti), poiché hanno dichiarato di legare il completamento della procedura di ratifica nei loro paesi all'esito del caso davanti alla Corte costituzionale tedesca.
Anche gli elettori irlandesi, che saranno chiamati nuovamente alle urne per il referendum sul Trattato, avranno da questa sentenza tedesca un motivo in più per rivedere il loro primo voto negativo.
Sul piano politico all'ultimo Consiglio europeo l'Irlanda ha ottenuto garanzie giuridiche su neutralità, aborto e fiscalità che, secondo il governo irlandese, favoriranno una maggioranza di sì al nuovo trattato. Sul piano economico l'Irish Farmers Association, l'importante associazione degli agricoltori irlandesi, è pienamente convinta per il sì al referendum di ottobre, perché sa che l'agricoltura avrebbe da perdere di più rispetto ad altri settori nel caso in cui il Trattato di Lisbona non passasse.

Aspettando la federazione europea. Dalla Corte costituzionale tedesca viene anche un motivo di riflessione per tutti gli Stati membri dell'Unione. Essa infatti ha posto in forma non solo politica ma giuridica ed istituzionale il tema della "legittimità democratica" dell'Unione Europea: tema che come parlamentari nazionali abbiamo spesso sollevato e cercato di sviluppare positivamente.
In discussione davanti alla Corte tedesca non erano le nuove regole introdotte dal Trattato di Lisbona: queste hanno avuto un vaglio democratico in Germania, come altrove, in quanto la ratifica è democraticamente avvenuta nei Parlamenti nazionali (o avverrà con referendum in Irlanda). In discussione erano le possibili modifiche future del funzionamento istituzionale dell'Unione. Il trattato attribuisce infatti direttamente alle istituzioni dell'Unione la facoltà di modificare alcune regole di funzionamento, ad esempio l'introduzione del voto a maggioranza in settori in cui vige ora l'unanimità. Secondo la Corte tedesca, le istituzioni dell'Unione non hanno la legittimità democratica sufficiente per introdurre disposizioni che poi diventano obbligatorie anche per gli Stati membri che vi si oppongono.
Il fatto è che l'Unione Europea non è (ancora) una federazione, mentre alcuni articoli del Trattato di Lisbona sembrano anticipare proprio un sistema federale. Finché però l'Europa unita non sarà una federazione, le competenze dei Parlamenti nazionali sulle evoluzioni giuridiche dell'Unione Europea devono essere rispettate.

Un tema posto 10 anni fa. Il tema - come ho detto - è da tempo all'attenzione dei Parlamenti nazionali e dello stesso Parlamento europeo. Durante la mia presidenza della Commissione Affari europei del Senato, il Parlamento italiano - ad esempio - ha attivamente lavorato con gli altri parlamenti per rafforzare gli strumenti di cooperazione interparlamentare e di controllo diretto sul governo e sul Consiglio europeo.
Ricordo anche che la "Dichiarazione sul futuro dell'Unione" allegata al trattato di Nizza (2001) indica il ruolo dei Parlamenti nazionali nell'Unione come centrale per il rafforzamento della legittimità democratica dell'Unione. Più tardi la "Dichiarazione di Laeken", che ha dato vita al tentativo di Costituzione europea (bocciata dai referendum olandese e francese) poneva il tema del ruolo dei Parlamenti nazionali "nei settori dell'azione europea per i quali il Parlamento europeo non è competente". Nel testo del Trattato costituzionale europeo veniva affidato ai Parlamenti nazionali il controllo del principio di "sussidiarietà", uno dei pilastri dei lavori della Convenzione: se ne prevedeva l'intervento nell'attività legislativa europea, in particolare attraverso un meccanismo di preallarme.
Una parte di questa procedura è già stata applicata dal Parlamento italiano. Si tratta ora di affinarla e renderla stabile in modo che anche in Italia la legittimità dell'Unione Europea abbia uno dei suoi pilastri nei senatori e nei deputati eletti dai cittadini.

Chi tira il gruppo. Anche su questo tema - decisivo per il futuro dell'Unione - l'Europa sta dimostrando di saper camminare più velocemente di quanto sia stabilito formalmente. Alcuni governi stanno facendo altrettanto: il Belgio - ad esempio - che assumerà la presidenza dell'Europa nel secondo semestre del 2010. Manca un anno esatto, ma il Belgio si sta già preparando, perché il Trattato di Lisbona rende formale il "metodo del trio", ossia la preparazione coordinata di tre presidenze consecutive. I primi tre paesi interessati - la Spagna, dal primo gennaio prossimo, il Belgio e, poi, l'Ungheria - hanno deciso di anticiparne la piena applicazione: stanno definendo insieme le priorità e si daranno un programma comune, che a questo punto durerà un anno e mezzo invece che un semestre.
L'Europa sarà meglio governata e quindi più comprensibile ai suoi cittadini.

30 giugno 2009


14 agosto 2009
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Tino Bedin