EUROPEI

Il Trattato di Lisbona ratificato dal Parlamento italiano
Dall'Europa comunitaria alla Federazione europea
In molti particolari, giuridicamente decisivi e simbolicamente eloquenti, c'è una parte del nostro futuro

di Tino Bedin

Non c'è alternativa all'Unione Europea. Il Parlamento italiano lo ha ufficialmente constatato ratificando il Trattato di Lisbona. Più che votata, questa constatazione è stata proclamata con un voto tanto significativo quanto inconsueto: prima al Senato e poi alla Camera il rinnovato patto tra europei è stato approvato all'unanimità: nessun voto contrario, nessuna astensione, tutti i senatori favorevoli, tutti i deputati favorevoli.
Anche i colonnelli e i sergenti leghisti, che alle loro truppe lanciano slogan contro Bruxelles (molto simili a quelli destinati a Roma), si sono arresi all'evidenza: l'Italia non può fare a meno dell'Unione Europea; così come non ne possono farne a meno gli altri 26 Stati membri.

Ora l'Italia più attiva. Il Trattato di Lisbona contiene d'altra parte novità molto importanti che giustificano l'approvazione del Trattato, sia da parte di coloro che sono molto favorevoli alla prospettiva federalista dell'Europa, sia da parte di coloro che guardano l'Europa come uno strumento do autodifesa dei singoli Paesi.
Certo questa unanimità ha anche motivazioni di politica interna e di coesione della maggioranza di Destra, ma quello che conta è che dopo il voto di giovedì 31 luglio alla Camera, l'Italia è nelle condizioni di riprendere un ruolo attivo nelle istituzioni europee, forte proprio dell'unanimità del Parlamento. Unanimità che ha cancellato anche la sgradevole sensazione di essere stati il ventiquattresimo stato a dire "sì" al Trattato su 27 membri: l'Irlanda ha detto "no", la Repubblica Ceca ha un dubbio costituzionale da risolvere; la Svezia voterà in autunno.

Il valore dell'Europa nel mondo. Il Trattato di Lisbona, sottoscritto nel dicembre dello scorso anno e che dovrebbe entrare in vigore nel 2009, si merita questo voto "straordinario" del Parlamento italiano?
Sono sicuro di sì e non solo perché l'Europa a ventisette membri, con le regole di un'Europa più piccola e con minori differenze interne, è ormai esausta e il Trattato di Lisbona risponde all'esigenza di fornire a questa Europa le istituzioni minime di cui ha bisogno per funzionare e per decidere.
Senza avere le ambizioni proclamate e quindi avversate del Trattato Costituzionale, mai entrato in vigore, il Trattato di Lisbona non è solo un aggiornamento funzionalistico dell'Unione Europea. Basta qualche particolare, giuridicamente decisivo ma altrettanto eloquente simbolicamente per ritrovare nel Trattato una parte del nostro futuro.
L'Unione europea ha finalmente un nome ed uno solo; è un soggetto con personalità giuridica, scompaiono la CE e le Comunità europee. L'Unione europea ha propria personalità giuridica.
I due trattati su cui si basa l'Unione Europea cambiano nome: il Trattato sull'Unione europea si chiamerà Trattato di riforma di riforma dell'Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea diventerà il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. È come se gli Stati membri dicessero: l'Unione Europea è definitivamente una realtà per tutti e non si discute; discutiamo invece su come migliorarla e su come farla funzionare.
Parte integrante del Trattato di Lisbona diventa la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Ed anche questo è un altro particolare simbolicamente eloquente, ma anche giuridicamente rivoluzionario: la Corte europea di Lussemburgo diventerà competente anche nella salvaguardia dei diritti dei cittadini europei. A guidare le sue decisioni sarà anche il Preambolo del nuovo Trattato Lisbona, che si ispira alle eredità, culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili, dei diritti della persona, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza e dello Stato di diritto.

Ritornare alle avanguardie. Anche sul piano istituzionale le innovazioni sono importanti.
Questo è importante ed è perciò irrinunciabile per l'Europa: mette ordine nelle disposizioni esistenti, riprende i risultati più importanti della Costituzione sul piano dei principi, dei valori, delle istituzioni e delle competenze.
Assume forma giuridica il Consiglio europeo con un presidente eletto per due anni e mezzo (decade il principio della rotazione semestrale della presidenza dell'Unione europea). Il voto in Consiglio sarà a maggioranza qualificata e riguarderà anche materie come la cooperazione giudiziaria e di polizia, anche se la sicurezza nazionale rimane una prerogativa degli Stati membri.
Dal 2014 la maggioranza sarà binaria: 55 per cento degli Stati e 65 per cento della popolazione.
C'è un Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza che è anche vicepresidente della Commissione; crescono le funzioni del Parlamento europeo e sono inseriti nel processo legislativo i Parlamenti nazionali. Non si tratta di innovazioni solo organizzative. Esse contengono - come è nella storia dell'Europa unita - potenzialità di evoluzione sul piano politico ed istituzionale. La maggiore novità è il presidente stabile dell'Unione Europea. Indubbiamente crescerà il potere del Consiglio a scapito della Commissione Europea. Il rischio è che la dimensione intergovernativa prevalga su quella comunitaria. Ma potrà anche accadere che proprio perché il Consiglio di rafforza, l'Europa sperimenti una evoluzione in senso federale che valorizzando i singoli paesi, li accompagni in decisioni comuni.

Insieme con i cittadini. In questa ottica può essere valutato anche il nome unico dell'Unione Europea e la cancellazione di Comunità europee: la dimensione comunitaria probabilmente andava bene quando si era in pochi, quando i poteri dell'Europa erano limitati e ci si poteva affidare ad un organismo di garanzia quale è la Commissione. Il futuro è invece più ragionevolmente federale.
Un Trattato come quello di Lisbona meritava dunque il voto "speciale" del Parlamento italiano.

3 agosto 2008


3 agosto 2008
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Tino Bedin