EUROPEI

Gruppi di almeno 9 stati potranno procedere a cooperazioni rafforzate
Più Europe nell'Unione Europea
Una delle novità del nuovo Trattato che sarà pronto entro quattro mesi

di Tino Bedin

La bandiera e l'inno dell'Europa continueranno ad essere dei segni e non dei simboli ufficiali. Le decisioni prese dal Consiglio dell'Unione o dal Parlamento europeo non si chiameranno leggi. Il patto che lega i 27 Paesi dell'Unione Europea non sarà una Costituzione, ma un Trattato. Molto probabilmente lo chiameremo Trattato di Lisbona e sostituirà quello il vigore, il Trattato di Nizza firmato nel 2000. Tra luglio e ottobre, infatti, l'Unione Europea aggiornerà le proprie regole attraverso una Conferenza intergovernativa che inizierà il 23 luglio. Al vertice europeo informale del 19 ottobre a Lisbona il nuovo testo dovrebbe essere approvato.
La presidenza portoghese dall'Unione ha in mano un mandato molto articolato che la Presidenza tedesca è riuscita a far approvare il 23 giugno, una settimana prima della conclusione del proprio incarico. Il lavoro di Angela Merkel è stato preciso e duro. Il testo affidato il 23 giugno dal Consiglio europeo alla Conferenza intergovernativa ha già chiarito tutti i punti politicamente controversi. Prima della sua definizione, si è addirittura valutata la clamorosa esclusione della Polonia: dalla trattativa successiva: segno che sono praticamente già state scritte le regole aggiornate con cui funzionerà l'Europa a 27.
A meno di voltafaccia, il testo definitivo del nuovo trattato, su cui poi si esprimeranno i Paesi membri, sarà pronto in quattro mesi.

L'azzardo della Costituzione. Finisce per l'Europa un periodo di sbandamento durato due anni, cioè dalla bocciatura del Trattato costituzionale da parte prima degli olandesi e poi dei francesi. Finisce con una retromarcia? Sul piano simbolico certamente sì. Sul piano sostanziale e politico certamente no.
La Costituzione europea più che una scommessa era stata un azzardo da parte dei parlamentari europei e nazionali per la prima volta chiamati a scrivere con i governi le regole dell'Unione. I governi non avevano avuto la forza politica di riportarli al primitivo mandato che il Consiglio europeo di Nizza aveva affidato alla Convenzione. Anzi li avevano seguiti nel cammino successivo fino alla dichiarazione di Atene che adotta il Trattato costituzionale.
Per rendere spendibile l'azzardo non c'erano state né una preparazione delle opinioni pubbliche né una realistica valutazione delle condizioni dell'Unione. Il più massiccio allargamento dell'Europa, da 15 a 25 e subito dopo a 27, era (ed è) di per se stesso una sfida tremenda; era impossibile che ad essa si potesse aggiungere la sfida di trasformare l'Unione europea in un'effettiva entità politica.
Il mandato che il Consiglio europeo del 23 giugno ha affidato alla Conferenza intergovernativa dei prossimi quattro mesi recupera il realismo che era mancato alla Convenzione e soprattutto focalizza l'attenzione sulla sfida immediata: far funzionare al meglio l'Europa a 27 membri.

Valorizzato il lavoro precedente. Il mandato ha il merito di preservare la sostanza dell'evoluzione dell'Europa: la personalità giuridica UE, il maggior ricorso al voto a maggioranza qualificata, l'inserimento nel trattato della Carta dei diritti fondamentali e il suo carattere vincolante (tranne che nel Regno Unito, ma toccherà agli inglesi giustificarsi con se stessi), una presidenza stabile per il Consiglio, una figura istituzionale che rappresenti la voce unica dell'Europa al livello internazionale con un servizio diplomatico.
Nulla è acquisito ma vari risultati divengono possibili. Tra questi anche alcune trasformazioni della struttura dell'Unione Europea sia per i paesi membri che vogliono consolidarla, sia per quelli che hanno confermato con il proprio atteggiamento il rifiuto di farne parte a tutti gli effetti. Non necessariamente insomma, quando avremo il "Trattato di Lisbona" i 27 andranno avanti tutti insieme. Esso infatti conterrà una nuova disposizione (il mandato per la Conferenza intergovernativa è chiaro) che fisserà a nove il numero di Stati membri che potranno avviare una cooperazione rafforzata.

Già individuati i nuovi spazi europei. C'erano già due deroghe sull'euro, non tutti i paesi dell'Unione sono anche nello Spazio Schengen, adesso abbiamo una deroga sulla Carta dei diritti fondamentali, l'eccezione britannica in materia di cooperazione giudiziaria, una piccola deroga che ha assunto la forma di una dichiarazione unilaterale della Polonia sul diritto di famiglia e sulla moralità. Siamo già arrivati su alcuni punti all'Europa a due velocità o, meglio, a geometria variabile.
Credo che occorra sempre tentare di andare avanti in 27. Ma si potrà agire in nove, quando si rivelerà apertamente che non tutti condividono la stessa ambizione. Non è una minaccia, ma un'opportunità. Il meccanismo delle cooperazioni rafforzate si applicherà infatti all'interno delle regole generali dell'Unione e non provocherà in alcun modo lo smantellamento dell'entità politica e istituzionale dell'Europa. Al contrario, permetterà di attuare nuovi campi per un'Unione più stretta.
Ad esempio sarà possibile sperimentare da parte di almeno 9 Stati un progresso sull'Unione economica e monetaria, sul sociale, sull'energia: si tratta di settori decisivi per la vita degli europei e che meritano di essere affrontati, almeno da chi è pronto. Non ho scelto a caso questi temi.
Secondo quanto già sottoscritto il 23 giugno dal Consiglio europeo, nel nuovo trattato tutte le iniziative della Commissione europea saranno verificate per la compatibilità con l'Europa sociale, i servizi di interesse generale saranno rafforzati e non vi sarà concorrenza nei settori in cui i servizi sono organizzati dai poteri pubblici, l'euro rimane un elemento essenziale; l'Unione economica e monetaria (UEM), definita come obiettivo dell'UE, deve rafforzarsi come l'euro; riferimenti specifici saranno introdotti nel futuro trattato sul mutamento del clima e sulla sicurezza energetica.

Prima delle elezioni del 2009. IUn ultimo elemento positivo è il calendario. Ci sono le condizioni perché il "Trattati di Lisbona" sia in vigore prima delle elezioni europee del 2009.
Il primo ministro portoghese e attuale presidente dell'Unione europea José Socrates ha ribadito in questi giorni che vuole concludere i negoziati sul trattato alla riunione informale dei capi di Stato e di governo dell'UE, i 18 e 19 ottobre a Lisbona, senza riaprire il mandato di negoziato. Poi c'è la fase di ratifica. Al riguardo è incoraggiante la prospettiva indicata dal primo ministro inglese Gordon Brown nessun referendum nel Regno Unito sul nuovo trattato se il mandato di negoziato sarà rispettato.
Sarà importante che alle elezioni europee del 2009 i cittadini siano chiamati a votare sul futuro di un'Europa che sarà in grado di progredire e non a partecipare ad un referendum su un trattato non ancora ratificato. Chi spingesse in quest'ultima direzione farebbe lo stesso azzardo dei parlamentari a proposito della Costituzione.

1 luglio 2007


13 agosto 2007
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Tino Bedin