EUROPEI

Nonostante la spinta dei Paesi che l'hanno già ratificato
Incerto il calendario
del Trattato costituzionale europeo

Intanto il bisogno di "più Europa" cresce in molti settori

di Tino Bedin

Il nuovo "calendario europeo" stenta ad avere date. Non lo si dice apertamente, perché la Presidenza tedesca dell'Unione Europea è attiva da quaranta giorni, ma anche Angela Merkel sta trovando difficoltà nel realizzare un punto essenziale del suo programma: fissare, appunto, il calendario che consenta di arrivare alle elezioni del 2009 per il rinnovo del Parlamento europeo con il nuovo Trattato costituzionale europeo approvato.
Un segnale di questa difficoltà si è avuto giovedì scorso all'Aja. Parlando al Parlamento olandese il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha detto fuori dai denti: il governo olandese ha firmato il Trattato costituzionale europeo; adesso è il governo olandese che deve darsi da fare a trovare una soluzione visto che sono stati i suoi cittadini a fermare la Costituzione con un referendum. Insomma, non tocca sempre agli "altri" farsi carico dei problemi degli olandesi e dei francesi.
Evidentemente la riunione, promossa dal governo spagnolo e a cui ha partecipato anche l'Italia, tra i Paesi che hanno ratificato il Trattato costituzionale europeo ha creato la consapevolezza che ormai non è più possibile farsi carico solo dei dubbi; occorre prendere atto che c'è una maggioranza di Stati membri che punta ad un'Europa costituzionale.

Tre posizioni. Per semplificare, oggi le posizioni degli Stati europei sono sostanzialmente tre.
Ci sono gli Stati membri che si sono definiti "amici del trattato costituzionale". Dicono: togliamo pure la definizione di "Costituzione" (che in effetti è eccessivo), ma per il resto il Trattato all'esame va bene, anche se con qualche aggiunta. Del resto i paesi che hanno ratificato questo progetto sono nettamente maggioritari: 18 lo hanno fatto, 2 intendono farlo, 2 sono pronti a farlo non appena ci saranno possibilità effettive di vederlo entrare in vigore.
Il secondo gruppo è costituito dagli Stati membri che ritengono che il progetto attuale sia morto. In questo gruppo ci sono il Regno Unito, la Polonia e la Repubblica ceca, nonché, per alcuni aspetti, i Paesi Bassi e, anche, l'Ungheria. Questi governi non escludono progressi nella costruzione europea, ma, vogliono che questa avvenga senza troppe ideologie e senza troppe ambizioni.
Gli ambiziosi sono invece capitanati dal primo ministro belga Verhofstadt: sono in favore degli Stati Uniti d'Europa e sono disposti a prevedere l'istituzione di due categorie di Stati membri: quelli che accettano e quelli che rifiutano il Trattato. Nessuno Stato membro ha preso iniziative formali in questa direzione; ma non è detto che iniziative in questa direzione non nascano se fallissero gli sforzi per andare avanti tutti insieme.
Anche perché di Europa politica, coesa, capace di regole comuni e di indicare percorsi alla comunità internazionale c'è sempre più bisogno. Ecco due esempi, tratti dalle cronache di queste giorni, in temi molto sentiti dalle opinioni pubbliche.

Protezione del clima. Il presidente della commissione degli affari costituzionali del Parlamento europeo, il tedesco Jo Leinen (Pse), ritiene che l'Ue dovrebbe dotarsi di un Trattato sulla protezione del clima": "L'Unione europea deve creare le condizioni politiche e legislative per una politica consistente in materia di protezione del clima. Dopo il mercato unico, l'unione economica e monetaria e l'ampliamento, la politica di protezione del clima potrebbe diventare il quarto grande progetto dell'integrazione europea".
Insomma, cinquant'anni dopo i trattati Ceca e Euratom, l'Ue ha bisogno di un nuovo trattato sull'impiego delle energie alternative e sull'efficienza energetica. Questo trattato potrebbe presentarsi sotto forma di un trattato speciale sulla protezione del clima, o essere incluso nel progetto di Costituzione europea, sotto forma di un protocollo aggiuntivo, ha affermato Leinen, che ha chiesto anche che la futura Dichiarazione di Berlino sul 50° anniversario del Trattato di Roma menzioni la protezione del clima.

Immigrazione responsabile. In tema di immigrazione, la Commissione europea, il Mali, la Spagna e la Francia si sono accordati su un progetto pilota per gestire i flussi migratori provenienti dal Mali in modo più umano e meno repressivo. L'accordo è stato sottoscritto l'8 febbraio a Bamako, in Mali, nel quadro del dialogo euro-africano sui flussi migratori e lo sviluppo.
In Mali verranno attivati "La maison des Maliens de l'Extérieur" e un "centro d'informazione e di gestione dei flussi migratori", con il sostegno della Commissione e dei due Stati membri interessati. Queste istituzioni locali avranno il compito di raccogliere e di diramare informazioni sui flussi migratori e sulle condizioni e le possibilità di lavoro e di formazione al livello nazionale, subregionale ed europeo, sui rischi e le incertezze dell'emigrazione clandestina e sull'accompagnamento dei migranti di ritorno nel paese d'origine per agevolare il loro reinserimento. Aiuteranno inoltre a valorizzare il risparmio e i trasferimenti finanziari, incoraggeranno il ritorno in patria delle competenze, sosterranno progetti comuni di sviluppo e la cooperazione decentrata e promuoveranno i legami tra i giovani della seconda generazione di emigrati in Europa con quelli del paese d'origine.
Non si tratta di un'agenzia europea trasferita in Africa - come voleva fare il governo Berlusconi - ma di un'agenzia del Mali che beneficerà del sostegno della Commissione europea e di due Stati membri.

11 febbraio 2007


3 dicembre 2006
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Tino Bedin