L'esercito europeo è ormai pronto. Dall'1 gennaio 2007 saranno pienamente operativi i gruppi tattici armati dell'UE (GT-1500). Si tratta di una forza militare interforze e multinazionale delle dimensioni di un battaglione di 1500 soldati, associata ad un suo quartier generale e ai mezzi di impiego necessari. Saranno contemporaneamente attivi due GT-1500.
La decisione definitiva sarà presa il 13 novembre, ma il percorso è tracciato ormai dal 2004 e si è sviluppato dal punto di vista dei contenuti ed anche delle esperienze in modo tale da considerare la data dell'1 gennaio prossimo come sicura.
Da luglio toccherà già all'Italia. Ci sono già militari con le "stellette" dell'Unione Europea. Tra quelle in corso, ricordo la missione Altea in Bosnia Erzegovina, e la forza Eufor dispiegata nella Repubblica Democratica del Congo. Sono dunque forze di un "esercito europeo". Si tratta, e si è tratto, però di missione specifiche, di contingenti composti in base ad una missione e a quella sola. Rappresentano l'esperienza europea dei caschi blu dell'Onu. L'Onu non ha un proprio esercito, anche se ha svolto e svolge molte missioni.
Con i GT-1500 a partire dall'1 gennaio 2007 tremila militari di vari paesi europei saranno stabilmente a disposizione per le possibili iniziative europee, indipendentemente dalle crisi. Pur se per periodi limitati a sei mesi, saranno militari dell'Europa. Questa è la novità. Non dipenderanno, è vero, da un comando militare europee, ma neppure dai rispettivi comandi nazionali, perché - come ho detto - si tratta di battaglioni multinazionali. Ad esempio, nel secondo semestre uno dei GT-1500 sarà formato da Italia, Ungheria e Slovenia; l'altro sarà fornito da Grecia, Cipro, Bulgaria e Romania. Ad iniziare questa nuova tappa dell'unificazione europea da gennaio saranno i GT-1500 di Francia e Belgio e di Germania, Paesi Bassi e Finlandia.
In questa maniera l'Unione Europea è in grado di intervenire in 15 giorni e di effettuare contemporaneamente due operazioni indipendenti, senza dover prima verificare la disponibilità delle truppe. Inoltre il programma di rotazione di tutte le forze armante dei singoli stati dell'Unione accrescerà l'interoperabilità fra le unità militari dei singoli paesi e accrescerà le occasioni per tutti gli stati membri di contribuire alla Politica europea di sicurezza e di difesa (Pesd).
Spese militari e parlamenti. Pur non avendo ancora a disposizione un suo Trattato costituzionale, l'Europa continua dunque a progredire anche in settori delicati come quello della Difesa, dove maggiori sono le attenzioni che i singoli paesi pongono alla rispettiva autonomia, ma anche dove maggiori dovrebbero essere i controlli dell'opinione pubblica.
Ad esempio i ministri della Difesa hanno deciso di investire circa 50 milioni di euro per tre anni per realizzare una rete di esperti nella protezione delle Forze armate sia europee che nazionali. È vero che in questi anni i singoli Stati europei hanno tutti - compresa l'Italia - ridotto gli stanziamenti per le forze armate, ma si tratta pur sempre di spese militari che non passano all'attenzione dei parlamenti nazionali.
I controlli sul commercio delle armi. Ancora più discutibile è la proposta che la Commissione europea ha presentato nel proprio programma per il 2007 relativa all'industria della Difesa. La Commissione europea ha proposto, senza particolari obiezioni da parte degli Stati membri e con pochi critiche al parlamento europeo, che l'industria della Difesa sia inserita a pieno titolo nel mercato unico europeo.
Applicare le regole del Mercato unico a questo settore, significa di fatto rendere inefficaci le norme specifiche che in tema di produzione e soprattutto di commercio delle armi alcuni Paesi dell'Unione Europea hanno da molti anni. L'Italia - pur con le deformazioni apportate dal governo di Destra nella scorsa legislatura - ha una regolamentazione della materia, in particolare sui rischi di triangolazione. Occorrerà dunque che sia i parlamentari europei che il parlamento italiano vigilino perché l'attuazione di un Mercato europeo della Difesa sia accompagnato dalla applicazione a tutti gli Stati europei di norme prudenziali presenti in Italia o in Svezia.
Non è l'unico caso in cui l'Italia ha interesse ad essere propositiva in Europa a proposito di temi riguardanti la sicurezza. L'Italia potrebbe, ad esempio, caldeggiare un impegno europeo in Afghanistan per la riforma della polizia afgana. Attualmente questo progetto è sostenuto individualmente dall'Italia, assieme a Spagna e Germania. Poiché appare necessario che la missione italiana in Afghanistan si concluda o almeno cambi caratteristiche, il coinvolgimento diretto dell'Unione Europea potrebbe facilitare una delle due esigenze.
5 novembre 2006