Il più grande allargamento dell'Unione Europea, quello cominciato nel 2004, si concluderà l'1 gennaio 2007. Bulgaria e Romania, che erano rimaste fuori due anni fa, entreranno sicuramente con l'inizio del nuovo anno.
Il rapporto della Commissione europea di fine settembre non lascia dubbi.
Secondo la Commissione, la Bulgaria e la Romania sono abbastanza preparate per aderire all'Unione europea il 1° gennaio 2007, anche se la stessa Commissione dichiara che non esiterà a adottare misure restrittive nei confronti di questi due paesi, se talune carenze - in particolare nel funzionamento del sistema giudiziario, nella lotta contro la corruzione e nella gestione degli aiuti comunitari - non saranno eliminate. Per evitare l'applicazione di queste "misure di protezione", già previste negli altri trattati di adesione ma mai applicate finora nei confronti di un nuovo Stato membro, la Commissione adotterà diverse "misure di accompagnamento", combinando assistenza e minacce di sanzioni.
Insomma: Bulgaria e Romania non sono proprio pronte, ma non importa; faremo controlli e verifiche, mettiamo delle garanzie, ma facciamoli entrare.
Un anno in meno di preparazione. Da dove nasce questa "fretta" dell'Europa?
Bulgaria e Romania spingono certamente per diventare membri dell'Unione a pieno titolo; hanno compiuto notevoli progressi sia organizzativi che economici rispetto a trenta mesi fa, ma sia dal punto di vista istituzionale che da quello dei cittadini sarebbero stati certamente in grado di "sostenere" l'intero periodo di transizione che si sarebbe concluso il 31 dicembre 2007.
Per quanto riguarda il ruolo politico e strategico dell'Unione Europea, poco cambia con l'ingresso formale di Romania e Bulgaria. Nella percezione dei paesi confinanti (Russia compresa), l'Europa è già una "potenza" a 27 membri. Sul piano dell'integrazione economica si può dire lo stesso; certo, le centinaia di migliaia di romeni che vivono in Italia sono ancora "extracomunitari", ma basta contare i collegamenti diretti, sia con autobus sia con aerei, tra Italia e Romania per prendere atto di un'integrazione che esiste nei fatti.
Completata la risposta di libertà. Non sono dunque spinte interne (né interne all'Unione Europea, né interne a Romania e Bulgaria) a generare la fretta dell'Europa a completare l'allargamento.
L'urgenza nasce soprattutto dal bisogno dell'Europa di chiudere la partita che ha deciso di giocare con la caduta del muro di Berlino e la riunificazione della Germania. Il "grande allargamento" è stato infatti la risposta dell'Europa a quella straordinaria novità politica continentale; la sfida costosa ma indispensabile di rassicurare i cittadini dei paesi ex comunisti che l'Europa democratica non avrebbe innalzato i suoi muri economici al posto di quelli politici, né avrebbe sostituito i militari sovietici ai confini con i propri… finanzieri.
Più passa il tempo da quella decisione, più occasioni si creano perché quella motivazione si diluisca, anzi si perda dentro una prospettiva solo di grandezza economica e di puro mercato. Oppure che si inseriscano altre finalità, come quelle contenute nella trattativa per l'adesione della Turchia.
Potranno cominciare nuove sfide. Bisogna dunque concludere questo percorso; segnalare che una stagione storica è completata; mettersi nella condizione di poter respingere paragoni che non esistono. L'Ucraina non è la Romania, tanto per fare un esempio; ma l'Ucraina può paragonarsi alla Romania finché quest'ultima non è Unione Europea.
La Turchia va nettamente separata dal processo in corso e prossimo alla conclusione. Se mai si creeranno le condizioni per un suo ingresso nell'Unione Europea, le motivazioni saranno completamente diverse e dovranno corrispondere ad un aggiornamento della missione complessiva dell'Unione Europea, politicamente orientata non solo a conservare la pace al proprio interno (com'è nello spirito del Trattato di Roma) ma a proiettarla all'esterno.
Un processo più simile al "grande allargamento" è quello che riguarderà gli Stati dell'ex Jugoslavia. Anche in questo caso, infatti, si tratta di offrire una prospettiva a popoli che la Storia ha temporaneamente distaccato dall'evoluzione complessiva del Continente. Ma deve risultare chiaro che si tratta di un processo distinto e proprio per questo potrebbe prevedere forme di avvicinamento all'Unione diverse da quelle utilizzate nell'ultimo decennio. Probabilmente entro il 2010 ci saranno le condizioni per un'adesione della Croazia: dovrà risultare chiaro che si tratta dell'inizio di un nuovo capitolo e non della continuazione della storia precedente. Anche per questo va accelerata l'adesione ufficiale di Bulgaria e Romania.
Il ritardo della Costituzione europea. C'è un ultimo elemento che fa propendere per l'adesione rapida di Romania e Bulgaria: la situazione istituzionale dell'Europa.
L'Unione è arrivata all'allargamento del 2004 senza essere riuscita a cambiare il proprio trattato e a darsi una Costituzione. O meglio, c'era arrivata dal punto di vista degli Stati ma non aveva completato il percorso con i parlamenti e con i popoli. Allora la data dell'1 gennaio 2008 per completare l'allargamento sembrava adeguata anche per concludere il processo di ratifica della prima Costituzione europea e quindi poter affermare che a conclusione dell'allargamento l'Unione disponeva anche di istituzioni aggiornate. Oggi appare chiaro che un altro anno, cioè tutto il 2007, non basterà a superare il blocco politico delle bocciature popolari di olandesi e francesi e la successiva paralisi di iniziativa della Commissione europea. Tanto vale prenderne atto e chiudere con l'allargamento per dedicarsi poi tutti insieme all'aggiornamento delle istituzioni, lavorando perché l'Europa funzioni e quindi sia apprezzata dai suoi cittadini.
Gli orientamenti della Presidenza tedesca. L'entrata della Bulgaria e della Romania nell'Unione europea imporrà da subito una revisione della composizione della Commissione europea. Auguriamoci che non sia l'unica novità. Prima di qualsiasi altro allargamento, occorrerà infatti una riforma istituzionale in grado di assicurare l'efficacia della presa di decisione, di risolvere la questione democratica nell'Unione, di esprimere la coerenza esterna (con la creazione della figura del ministro degli affari esteri che sarebbe nello stesso tempo vice presidente della Commissione).
La gestione della prima fase dell'Europa compiuta a 27 toccherà alla Germania, presidente di turno dell'Unione nel primo semestre del 2007. Qualche giorno fa, in un Forum internazionale a Berlino, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha invocato un approfondimento dell'integrazione europea e affermato che, fino a nuove istituzioni, l'Unione non dovrebbe fare nuove promesse d'adesione oltre ai paesi dei Balcani ai quali ha già promesso una prospettiva europea.
Si tratta di orientamenti importanti, perché la Presidenza tedesca è tradizionalmente importante per l'Europa. Per l'uno e per l'altro dei due obiettivi indicati dalla Merkel servirà un'Unione "completa". A Sophia e a Bucarest il prossimo Capodanno ci sarà dunque una ragione di augurio collettivo in più.
5 ottobre 2006