DAlla politica tocca generalmente individuare con precisione le condizioni per realizzare e rafforzare la democrazia. Questa esigenza è particolarmente viva proprio per quanto riguarda l'Europa.
Nei discorsi degli europeisti è diventata quasi un intercalare l'espressione "deficit di democrazia" delle istituzioni comunitarie. Detto così, potrebbe sembrare che il problema della politica sia quello di riformare Parlamento, Consiglio e Commissione dell'Unione in modo che siano maggiormente rappresentativi. Il decifit riguarderebbe la struttura di Bruxelles e dintorni. Non nego che questa sia una parte del problema. Non è però il cuore della sfida politica che abbiamo di fronte.
In questi decenni noi europei abbiamo realizzato una organizzazione istituzionale che non ha precedenti e quindi non consente paragoni. Se ci limitiamo a cercare di applicare a questa organizzazione le regole della democrazia che conosciamo, non solo non aumentiamo la democrazia ma probabilmente ingabbiamo l'Europa.
Le consapevolezze dei cittadini e dei governi
Il cuore della sfida è come fare dell'Unione Europea uno dei luoghi in cui si esercita la sovranità popolare. I cittadini europei sono titolari della loro Unione, così come lo sono del loro Comune o del loro Stato. L'Europa non è un luogo di sovranità delegata. Non è corretto continuare a descrivere le competenze dell'Unione come "cessione di sovranità" degli Stati membri: così si toglie potere ai cittadini e lo si affida a delegati senza mandato o con un mandato indiretto. Occorre invece decidere ed operare per fare dell'Unione uno dei luoghi della cittadinanza diretta e personale.
Per centrare questo obiettivo, prima ancora dei partiti - che pure hanno ruoli importanti nella rappresentanza - servono i parlamenti: il parlamento europeo e i 25 parlamenti nazionali, ciascuno per la sua parte ed anche in collaborazione fra loro. Anche questa è una evoluzione rispetto al pensiero corrente, che certo non elenca i parlamenti nazionali fra le "istituzioni dell'Unione".
Sovranità popolare europea e ruolo dei parlamenti sono i temi che approfondirò con voi come elementi della democrazia nell'Unione. Mi sembrano gli elementi capaci di interpretare e di sviluppare la più recente evoluzione culturale e politica dell'Europa, sempre più avvertita come cittadinanza e non come un mercato (anche se il mercato unico europeo è fisicamente e concretamente una espressione irrinunciabile di questa cittadinanza).
Da una parte c'è nei cittadini un senso di "appartenenza europea" assai più avanzato rispetto alla realtà giuridica dell'Unione. È l'Europa che i cittadini ormai sentono come un bisogno.
Dall'altra parte c'è nelle istituzioni europee, a cominciare dal Consiglio, la consapevolezza ormai consolidata che il cambio di dimensioni dell'Unione Europea significa necessariamente una evoluzione definitiva della natura politica dell'Unione: "allargamento" e "approfondimento" dell'Unione sono considerati da anni due obiettivi concomitanti e convergenti. Il risultato deve essere quello di "avvicinare l'Europa ai cittadini", prima che essa diventi troppo grande e quindi troppo distante.
Sempre capace di pensare al futuro
So che ci sono molte ragioni per lamentarsi delle incertezze europee dei governi, ma proprio dal Consiglio europeo, cioè dai governi, sono venute negli anni recenti spinte ed innovazioni significative sul terreno della democrazia e della cittadinanza.
Se si supera, anche di poco, la cronaca europea (ad esempio quella del Semestre italiano di Presidenza) si vede che l'Europa non si è mai "arresa" alle difficoltà interne: dopo il Trattato di Amsterdam è partita subito una nuova Conferenza intergovernativa che ha portato al Trattato di Nizza (2000) e subito dopo Nizza è iniziato il percorso per arrivare ad un nuovo Trattato (si sperava di firmarlo a Roma, dicembre 2003). Soprattutto si vede che l'Europa non ha mai smesso di pensare al futuro, anche quando gestire il presente appariva molto difficile, al limite dell'impossibile.
Mentre non riusciva a venire a capo della "ponderazione dei voti", il Consiglio europeo lanciava l'idea di mettere nero su bianco i diritti dei cittadini dell'Unione e per scrivere la Carta dei diritti fondamentali degli europei dava vita ad un'istituzione nuova di zecca: la Convenzione (un po' vecchiotta solo nel nome, ambiziosamente americano). La Convenzione era nuova non solo perché non c'era prima, ma perché consacrava i Parlamenti nazionali fra le istituzioni dell'Unione.
Dopo il Consiglio di Nizza, con la proclamazione ufficiale della Carta dei diritti e con molto meno esaltanti risultati sul piano costituzionale, ancora un balzo in avanti: la prima preoccupazione dell'Unione non doveva più essere il trattato fra Stati ma la condivisione dei cittadini. La Dichiarazione di Nizza prepara la decisione del Consiglio europeo di Laeken: si forma ancora una Convenzione (il primo esperimento aveva dunque funzionato) con un'ambizione più ampia: scrivere non un trattato fra stati ma una costituzione fra cittadini.
Forse la Costituzione è imminente
Le due Convenzioni, quella per la Carta dei diritti e quella per il Trattato, hanno fatto il loro lavoro. A fondare la cittadinanza giuridica ora non c'è solo la spessa sedimentazione di legislazioni europee che si è andata accumulando negli anni. C'è uno spirito europeo, che è stato compendiato nella Carta europea dei diritti fondamentali, adottata al Consiglio di Nizza nel dicembre del 2000, e c'è un progetto di Trattato Costituzionale, che la seconda Convenzione ha offerto al Consiglio nel giugno dello scorso anno, perché lo facesse diventare la prima Costituzione fra europei. Quest'ultimo traguardo è stato mancato nel corso del semestre di Presidenza italiana dell'Unione Europea, ma è ormai a portata di mano.
Fra le responsabilità del governo italiano nel semestre scorso c'era la mancata individuazione di una via d'uscita in caso di disaccordo. Fortunatamente l'Irlanda ha prudentemente evitato di pronunciare l'atto di resa ed ora la Conferenza intergovernativa è di nuovo in piedi.
Gli Stati membri e le istituzioni europee sembrano finalmente coscienti dell'urgenza di adottare la Costituzione. Torna a prevalere lo spirito di Nizza e di Laeken. Il numero di avvertimenti, a volte solenni, aumenta: attenzione, l'UE sta tagliando i ponti con la propria opinione pubblica e le prossime elezioni europee rischiano di svolgersi nell'indifferenza dei cittadini. È urgente riprendersi, dare un'altra immagine dell'Europa, lasciare da parte alcune battaglie istituzionali che sono percepite soltanto come una lotta di potere tra le diverse istituzioni (anche se questo modo di vedere è in parte ingiusto). E un numero sempre maggiore di responsabili politici riconosce che l'unico atto che può permettere di superare questo immobilismo è l'approvazione della Costituzione.
I diritti molto concreti di cittadinanza
Il Trattato costituzionale è indispensabile nei prossimi anni per dare concretezza al principio di cittadinanza europea. La cittadinanza deve essere concreta e tangibile; i cittadini devono poterla vivere nel quotidiano. Solo così la cittadinanza prende sostanza e supera le dichiarazioni d'intenti contenute negli accordi intergovernativi.
L'Unione collabora già con i governi nazionali per garantire un livello omogeneo dei diritti individuali, della sicurezza, della protezione e della qualità della vita su tutto il suo territorio. Questo riguarda ad esempio la lotta contro il crimine e il terrorismo, che da tempo non conoscono frontiere. Riguarda la gestione comune delle frontiere. Riguarda lo sviluppo di quei servizi di interesse generale che sono la spina dorsale del modello sociale europeo, come sanità, sicurezza alimentare, istruzione, energia e trasporti.
La difesa dei valori e della democrazia europei è anche la difesa di un modello fondato sull'economia sociale di mercato. Per questo negli ultimi mesi Romano Prodi ha rilanciato in Europa la riflessione sul nostro rapporto con il mercato. Il mercato produce prosperità e favorisce il benessere sociale a condizione che esistano delle regole chiare, che tutti condividono e tutti rispettano.
Così un livello adeguato di servizi di interesse generale in settori come la salute, l'educazione, l'energia, i trasporti, le telecomunicazioni e i servizi postali fa parte integrante di un modello europeo che punti sempre a rafforzare innanzi tutto la dimensione europea della cittadinanza e della partecipazione civica.
Per questo le differenze e le esclusioni che altre società tollerano non sono accettate in Europa. L'Europa deve restare vigilante, per evitare che nel suo seno si creino delle sacche di povertà e di emarginazione, per garantire a tutti i suoi cittadini un livello di istruzione adeguato, che è la chiave dell'emancipazione personale, ma anche della crescita economica e sociale dei popoli.
La trasparenza nelle decisioni
Nella sua realtà istituzionale e nelle attese dei suoi cittadini già oggi l'Europa è diventata dunque troppo importante per la vita delle persone e della comunità per lasciare che le scelte siano fatte in solitudine dai governi quando si incontrano a livello europeo oppure dalla Commissione europea, anche se sempre più spesso con la codecisione del Parlamento dell'Unione.
Non è in discussione la natura democratica dell'Unione Europea. Euroscettici ed euroentusiasti si ritrovano spesso dalla stessa parte nel presentare l'Europa come una macchina burocratica. Invece la democrazia è sempre stata la condizione di base di adesione al progetto europeo. L'Europa è stata il fattore essenziale di sei decenni di democrazia che noi stiamo vivendo. Questa Europa ha agito come stimolo ai paesi dell'Est ancora prima della caduta del muro di Berlino ed essa ha fornito la molla per la transizione dei paesi dell'Est.
È invece oggetto di discussione la partecipazione alla vita dell'Unione da parte dei cittadini, ai quali nel presente e nel futuro dell'Europa occorre garantire il controllo democratico. L'Europa - come ho già detto - non deve essere un luogo dove trasferire la sovranità popolare garantita dalla nostra Costituzione; deve essere uno dei luoghi nei quali si esercita la sovranità popolare.
La condizione indispensabile per l'esercizio della sovranità è l'informazione: i cittadini devono essere informati dei dibattiti nelle istituzioni europee in modo da potervi partecipare in contemporanea con le istituzioni.
Il Parlamento italiano su impulso del governo sta da tempo discutendo di previdenza: il lungo dibattito parlamentare ha consentito a tutte le parti di dare i loro contributi. Nessuno insomma si troverà tra coppa e collo la nuova previdenza.
Non altrettanto si può dire delle decisioni che arrivano "da Bruxelles": spesso i cittadini hanno l'impressione che siano prese senza tenere conto delle realtà specifiche dei singoli paesi. Bisogna cambiare e cambiare in fretta, se si vuole evitare che i cittadini sentano l'Europa come una burocrazia invece che come un rafforzamento della democrazia.
Ancorare l'Unione nei parlamenti nazionali
Una strada da completare è quella che porta i parlamenti nazionali nel cuore dell'Unione. I parlamenti nazionali hanno uno specifico ruolo da svolgere in seno all'Unione e ampliare il loro coinvolgimento contribuirà a rafforzare la legittimità democratica dell'Unione e ad avvicinarla ai cittadini. Per raggiungere tali obiettivi è molto importante "ancorare" l'Unione Europea negli Stati membri e rinsaldare il senso della sua appartenenza agli Stati stessi.
I parlamenti nazionali hanno lavorato in questi anni per assumere un ruolo nelle decisioni comunitarie. Il primo Trattato costituzionale dovrebbe prenderne atto definitivamente. Esso dovrà contenere una formulazione specifica che riconosca l'importanza del coinvolgimento attivo dei parlamenti nazionali nelle attività dell'Unione europea, in particolare assicurando la supervisione dell'azione dei governi nell'ambito del Consiglio, inclusa la sorveglianza del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.
Non si tratta di una concorrenza tra i parlamenti nazionali da un lato e il Parlamento europeo dall'altro. Ciascuno ha il suo ruolo distinto ma entrambi condividono l'obiettivo comune di avvicinare l'Unione ai cittadini, contribuendo in tal modo a rafforzare la legittimità democratica dell'Unione.
In questa direzione, ad esempio, va una norma del Progetto di Trattato costituzionale europeo che stabilisce che per gli accordi internazionali e la politica commerciale comune sia ora necessario, in linea generale, il parere conforme del Parlamento europeo.
Positiva è anche l'elezione del presidente della Commissione europea da parte del Parlamento europeo, che costituisce un importante progresso verso un migliore sistema di democrazia parlamentare a livello europeo.
Un Consiglio a porte aperte
Anche i governi possono diventare luoghi di espressione della sovranità europea dei cittadini. Ora il Consiglio europeo agisce come i governi nazionali: discute a porte chiuse ed informa per comunicati. Ma il Consiglio europeo non è solo un consiglio dei ministri, non è solo un esecutivo. Il Consiglio europeo per gli affari generali dovrà agire pubblicamente in tutti i casi in cui esercita le sue funzioni legislative. Anche il coordinamento delle politiche ed altre attività dovrebbero, per quanto possibile, essere pubblici e per eventuali sessioni "a porte chiuse" dovrebbero essere fornite chiare motivazioni.
I risultati dei lavori del Consiglio dovrebbero essere inviati al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali subito, parallelamente alla trasmissione ai governi.
Non è una strada facile, ma non è neppure una strada sconosciuta. L'Europa ha positivamente sperimentato la collaborazione tra Commissione, Consiglio e Parlamenti europeo e nazionali in una istituzione inventata per obiettivi specifici anche se importantissimi: la Convenzione.
Far diventare la Convenzione lo strumento normale di adeguamento della Costituzione europea è la condizione per non disperdere questa positiva esperienza e per farle fare ulteriori progressi.
La nuova "legge comunitaria" italiana
Anche nella "dimensione nazionale" dell'Europa il Parlamento italiano può contribuire al rafforzamento della sovranità popolare europea. Proprio per l'incidenza che l'Unione ha sulla vita dei cittadini è importante che l'Italia partecipi attivamente al processo normativo comunitario, esercitando un'azione incisiva e concreta nella "fase ascendente" delle norme europee, in modo da far valere gli interessi nazionali quando si decide nel contesto europeo, ed accrescendo l'efficienza e la rapidità nella "fase discendente" del recepimento delle norme europee nel diritto nazionale.
L'esigenza di un aggiornamento dell'impianto complessivo della partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario si è fatta più urgente in seguito alle modifiche del titolo V della seconda parte della Costituzione. Il nuovo articolo 117 della Costituzione attribuisce poteri e funzioni rilevanti alle regioni e alle province autonome e, per la prima volta, ha provveduto ad istituzionalizzare la partecipazione di queste ultime al processo normativo comunitario, attribuendo loro un ruolo significativo nei rapporti con l'Unione europea.
È già stato approvato dalla Camera ed è ora all'esame del Senato un disegno di legge che modifica le norme attuali (contenute nella "Legge La Pergola") in tre direzioni:
- la partecipazione parlamentare e degli altri soggetti interessati alla fase ascendente di formazione del diritto comunitario;
- la previsione di nuove modalità per il recepimento del diritto comunitario nella fase discendente;
- la procedimentalizzazione della partecipazione delle regioni, degli enti locali e delle parti sociali a tutto il processo di integrazione del nostro ordinamento con quello dell'Unione europea.
Si va nella direzione di un rafforzamento del ruolo del Parlamento nel processo di formazione delle decisioni in ambito comunitario, sia attraverso un più deciso e chiaro obbligo di informazione sia attraverso un rafforzamento delle procedure di intervento nella fase ascendente. Si prevede che, oltre alla trasmissione di progetti, di atti normativi e di indirizzo, delle loro modificazioni nonché dei progetti e degli atti relativi alle misure previste dai titoli V e VI del Trattato dell'Unione europea, siano trasmessi alle Camere anche i documenti di consultazione della Commissione europea.
Particolarmente rilevante è l'introduzione della riserva parlamentare, in base alla quale, qualora le Camere abbiano iniziato l'esame di progetti o atti comunitari, il Governo può procedere all'attività di propria competenza per la formazione di questi atti soltanto a conclusione di tale esame, apponendo in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea la riserva di esame parlamentare.
Un altro elemento di forte innovazione per quanto concerne la fase ascendente riguarda il ruolo attribuito alle regioni e alle province autonome. Viene potenziato il ruolo degli enti locali ed esercitata la partecipazione delle categorie produttive e delle parti sociali al processo di formazione delle decisioni in ambito comunitario attraverso il CNEL.
Per quanto riguarda le regioni, vengono rafforzati gli strumenti di informazione, viene favorito il ricorso alle intese Stato-regioni nonché la partecipazione dei rappresentanti delle regioni ai tavoli di coordinamento nazionale allo scopo di definire la posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea.
Non si tratta solo di procedure interne alle istituzioni: attraverso le discussioni che avverranno in Parlamento e nei consigli regionali i cittadini e le parti sociali potranno non solo essere informati di quanto si prevede di decidere in sede europea, ma esercitare il loro controllo e portare il loro contributo.
La democrazia partecipativa
Le istituzioni, sia europee che italiane, hanno dunque ruoli e progetti per la democrazia e la cittadinanza europea. Ma le istituzioni non vogliono essere sole in questo cammino.
Ancora una volta viviamo un'Europa che si dibatte nelle difficoltà ma non rinuncia a guardare molto più avanti della soluzione dei problemi contingenti. La Convenzione europea stentava a trovare una soluzione all'assetto istituzionale dell'Unione e contemporaneamente compiva un salto in avanti in tema di cittadinanza: la Carta europea dei diritti fondamentali, semplicemente "proclamata" a Nizza e quindi non vincolante, entra giuridicamente nel Trattato costituzionale. Questo "salto", contrastato anche in Italia a suo tempo, è stato accettato dal Consiglio Europeo.
L'inserimento della Carta dei diritti fondamentali quale parte integrante e legalmente vincolante della Costituzione (parte II) sottolinea l'importanza della dignità delle persone e dei diritti fondamentali in quanto elementi centrali di un'Unione civica, sociale e democratica.
Il progetto di Costituzione riconosce poi le possibilità di una maggiore partecipazione dei cittadini europei e delle parti sociali, in particolare, dell'introduzione dell'Iniziativa legislativa dei cittadini.
Nel Trattato costituzionale, che mi auguro possa essere approvato entro questo semestre, è inserito un articolo, si tratta dell'articolo 46, sulla democrazia partecipativa. Per l'Europa accanto alla democrazia rappresentativa, che è quella che conosciamo e pratichiamo, va esercitata anche la democrazia partecipativa, cioè la diretta partecipazione dei cittadini ad una serie di indirizzi e di decisioni. La partecipazione alla vita politica e le diverse forme di partenariato che associano la società civile, sono indispensabili per l'efficacia dell'azione pubblica e per la comprensione dei bisogni della popolazione e per l'individuazione delle risposte più adeguate a questi bisogni.
Le nuove scelte vanno compiute in un sistema di governo a più livelli e fondato sulla sussidiarietà, che è utile immaginare soprattutto come un nuovo rapporto tra il potere politico e le forze europee più vivaci.
Sono alcune delle piste che gli europei stanno individuando, percorrendo, o solo esplorando, nei territori della cittadinanza e della democrazia con lo spirito di novità e di fiducia che fa dell'Europa la maggiore novità del nostro tempo.
Padova, Civitas, Sabato 1 maggio 2004
Convegno di Aiccre Veneto
Relazione su "Il ruolo della politica nel rafforzamento della democrazia"