Ci sarà un nuovo parlamento dopo il 13 giugno. Le elezioni per il Parlamento dell'Unione si ripetono ogni cinque anni, ma questa è un'occasione speciale: per la prima volta sono 25 gli Stati in cui si vota per lo stesso organismo; in dieci stati sarà la prima volta e lì i cittadini tornano alle urne sull'Europa nel giro di pochi mesi: hanno infatti già votato nei referendum sull'adesione all'Unione.
Ci sarà una nuova Commissione Europea dopo il 31 ottobre. Ma già prima la Commissione guidata da Romano Prodi cambia; a partire dal 1° maggio la essa non sarà più composta solo dai commissari attuali: altri dieci si affiancheranno a quelli esistenti non come vice, ma come corresponsabili. Sono i dieci commissari indicati dai paesi che il 1° maggio entreranno a far parte dell'Unione.
La realizzazione concreta dell'allargamento dell'Unione con i cambiamenti che determina a livello delle istituzioni ma anche a livello di opinioni pubbliche potrà far maturare anche ulteriori frutti.
La storica unificazione continentale attraverso l'allargamento dell'Unione europea ai nuovi paesi dell'Europa centrale, orientale e mediterranea è l'evento centrale del 2004, ma non sarà l'unico. L'Europa sta già costruendo una prospettiva d'integrazione dei Balcani e delle relazioni speciali con tutti i paesi vicini.
Il 2004 dovrà essere anche l'anno in cui i governi dovranno compiere ogni sforzo possibile per adottare il progetto di trattato Costituzionale e preparare il nuovo progetto politico e finanziario europeo per gli anni a venire.
Questa primavera deve potersi sviluppare all'interno di una cornice di stabilità economica (con un migliore coordinamento delle politiche degli Stati membri che dia peso politico all'euro) e di un nuovo quadro costituzionale: serve un Trattato costituzionale sia per definire la comune cittadinanza sia per rendere il sistema di decisioni più efficiente anche attraverso l'estensione del voto a maggioranza qualificata in vari settori.
I cittadini spingono l'Europa
Gli Stati membri e le istituzioni europee sembrano finalmente coscienti dell'urgenza dell'adottare la Costituzione.
Nulla di concreto autorizza ancora ad essere ottimisti a proposito della Costituzione, ma si può fare una constatazione: le autorità competenti sembrano maggiormente coscienti dell'urgenza in proposito. Il numero di avvertimenti, a volte solenni, aumenta: attenzione, l'UE sta tagliando i ponti con la propria opinione pubblica e le prossime elezioni europee rischiano di svolgersi nell'indifferenza dei cittadini. È urgente riprendersi, dare un'altra immagine dell'Europa, lasciare da parte alcune battaglie istituzionali che sono percepite soltanto come una lotta di potere tra le diverse istituzioni (anche se questo modo di vedere è in parte ingiusto). E un numero sempre maggiore di responsabili politici riconosce che l'unico atto che può permettere di superare questo immobilismo è l'approvazione della Costituzione, un avvenimento che sarebbe ripreso in prima pagina dai giornali, colpirebbe l'opinione pubblica e creerebbe una posta in gioco per gli elettori. Altrimenti, i cittadini, delusi dall'Europa, non si recherebbero più a votare, o il loro voto eventuale risponderebbe a motivi nazionali interni, e il nuovo Parlamento sarebbe più euroscettico.
La questione dei poteri della Commissione e altri problemi analoghi, sui quali i governi non hanno finora trovato l'accordo, sono certo fondamentali, ma "la cosa non passa tra gli elettori". L'UE esiste per assicurare prosperità, stabilità e sicurezza a cittadini e a Stati che non possono riuscirvi da soli. Ed è questo che conta.
L'Europa da ambizione a bisogno
Ci sono governi che per nostalgia di una gloria nazionale ormai al tramonto (il Regno Unito e, sempre meno, la Francia), per convenienze di politica interna (i paesi mediterranei) o per riflessi ancora condizionati dall'esperienza sovietica (nuovi membri dell'Est), sono portati a difendere il loro limitato e sempre più effimero potere statale nei confronti dell'Europa politica. Un'Europa che i cittadini ormai sentono come un bisogno.
L'Europa è passata da ambizione a bisogno. È ancora un'ambizione, certo, per molti che l'hanno sempre considerata tale. Quell'ambizione di Europa è continuata nei decenni ed ha prodotto molti fatti. Quando l'Europa era poca cosa in dimensioni ed anche in ruoli, quell'ambizione si è diffusa nelle opinioni pubbliche. Era una idea bella e generosa alla quale non si poteva non esprimere simpatia.
Mano a mano che l'Europa è cresciuta in dimensioni ed in ruoli, una parte dell'opinione pubblica ha cominciato ad assumere un atteggiamento diverso. Un po' come i genitori con i figli ormai grandi, anche i cittadini europei hanno cominciato a chiedere all'Europa di dimostrare quello che è capace di fare.
Sempre più spesso sentiamo dire, sempre più spesso diciamo: ma cosa fa l'Europa? Di fronte alle difficoltà, sempre più spesso ci pare che da soli non sia più possibile superarle e ci diciamo che ci vuole l'Europa.
Cosa fa l'Europa per la pace e contro il terrorismo? Ancora si alzavano le grida della strage di Madrid e già in Spagna e in Italia e a Bruxelles la gente si chiedeva se non toccasse all'Europa garantire la sicurezza.
Cosa fa l'Europa per le pensioni? Dobbiamo lavorare più a lungo? Dobbiamo prendere meno pensione? Tu Europa che sei grande e hai tante esperienze, forse riesci a trovare la soluzione che noi da soli non troveremo. Datti da fare, dunque.
E se arriva l'influenza dei polli, ci appare indispensabile non solo che seguiamo tutti in Europa le stesse regole, ma che - già che ci siamo - mettiamo insieme la ricerca.
I tre esempi hanno in comune solo l'attualità. Per il resto riguardano temi, problemi, scelte in campi diversissimi: dalla pace allo stato sociale alla salute. Sono tre "sicurezze" esistenziali che la gran parte delle opinioni pubbliche europee è disposta ad affidare all'Europa, avvertendo che in questa dimensione sono meglio garantite.
Il posto dei giovani
Per quanto riguarda in giovani, occorre proseguire e rafforzare la strategia di crescita economica e sociale che i capi di Stato e di governo dell'UE hanno adottato in occasione del celebre Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000.
Pur avendo una definizione astratta, questo è un progetto molto concreto, che essendo rivolto al futuro prossimo riguarda direttamente i giovani. Il tema della società della conoscenza si svolge infatti con investimenti sui giovani.
Questa strategia mira a incrementare la competitività ed il dinamismo economico dell'Europa attraverso l'integrazione delle conoscenze e dell'innovazione, assicurando nel contempo la sostenibilità ambientale e sociale a lungo termine.
L'integrazione delle conoscenze rende i nostri sistemi di istruzione e formazione capaci di preparare gli studiosi e gli scienziati all'Europa di domani. Integrazione, mobilità e coerenza dei sistemi di istruzione e di ricerca europei è ciò che può permettere all'Europa di essere più dinamica e competitiva.
L'Europa ha numerosi ed importanti programmi di integrazione e mobilità internazionale delle conoscenze.
Da vari anni, è impegnata a realizzare uno "Spazio dell'Insegnamento Superiore", attraverso l'ormai famoso "Processo di Bologna e attraverso il riconoscimento dei diplomi e delle competenze. Ora stiamo sviluppando un nuovo programma, chiamato Erasmus Mundus, che intende avviare nuovi "Master Europei", attraverso la cooperazione di università europee e dei paesi terzi, aperte a studenti e professori europei ed extraeuropei, con borse di studio e sostegni alla mobilità.
E' stato anche esteso il programma TEMPUS (uno schema di cooperazione per l'istruzione superiore) ai Balcani, al Mediterraneo, ai paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Asia centrale. Abbiamo avviato iniziative similari con l'America Latina e con l'Asia. Oltre a programmi di scambio con , con gli Stati Uniti, con il Canada, con l'Australia e il Giappone.
La ricerca
Le iniziative di integrazione e mobilità delle conoscenze favoriscono il dialogo interculturale e la trasmissione dei valori dell'Unione europea nel mondo. Esse costituiscono anche una risposta, seppur parziale, al problema europeo della fuga di cervelli.
L'Europa infatti non può permettersi di continuare a "produrre" più laureati nei settori scientifici e tecnologici ed avere meno ricercatori rispetto a Stati Uniti e Giappone.
Nel solo 2001, sono stati circa 50.000 i ricercatori europei emigrati oltreoceano attratti da condizioni economiche e professionali più favorevoli.
La capacità di attrarre talenti delle nostre università dipende soprattutto dall'impegno in tal senso delle autorità pubbliche e del settore privato.
L'Europa investe attualmente nella ricerca e sviluppo meno degli Stati Uniti. Nel 1999, gli USA hanno destinato complessivamente alla Ricerca e Sviluppo il 2,6% del PIL nazionale, contro solo il 1,9% dell'Europa.
In Europa, inoltre, i bilanci destinati alla ricerca pubblica sono diminuiti.
Aumentare l'investimento in istruzione è una sfida europea ed italiana.
L'Italia infatti si caratterizza per un livello d'investimenti nella ricerca di molto inferiore alla media europea (1% contro l'1,9% dell'UE) e che sta diminuendo (-0,6%) ed é all'ultimo posto per quanto concerne la crescita annua della spesa in ricerca e sviluppo.
Non deve stupire, quindi, se non troviamo nessuna regione italiana tra le prime 15 regioni europee in termini di intensità della ricerca.
Anche la ricerca universitaria italiana é debole: le spese per ricerca sono pari a 63 euro per abitante contro una media europea di 89 euro per abitante.
La sfida è tale che i capi di Stato e di governo dell'UE si sono prefissati l'obiettivo di aumentare gli investimenti europei per la ricerca e lo sviluppo, portandoli entro il 2010 al 3% del PIL, e due terzi dei quali dovrebbero provenire dal settore privato.
Al momento, in Europa il settore privato dà impiego circa al 50% dei ricercatori contro il 64% del Giappone e l'80% degli Stati Uniti. Far sì che il settore privato abbia interesse ad aumentare questa percentuale è cruciale per la competitività europea.
I giovani e la pace
L'Europa ha già cambiato la vostra vita. Rende possibili cose nuove proprio per i giovani. Ecco un altro tema che vi tocca come giovani: l'abolizione del servizio di leva.
In queste settimane alla commissione Difesa del Senato stiamo discutendo di anticipare la sospensione del servizio militare obbligatorio per i ragazzi italiani. La decisione di abolire la leva militare è già stata presa nella scorsa legislatura con la previsione di qualche anno di adattamento; l'esperienza ha suggerito di accorciare la transizione.
Quella decisione è il frutto di una condizione europea: ci sentiamo in pace in Europa. Cambia la prospettiva della sicurezza collettiva. Adesso siamo consapevoli che lo stesso obiettivo si può ottenere con una polizia internazionale, composta da persone specializzate e professioniste.
In questa direzione l'Europa si sta attrezzando. In Macedonia ci sono i primi militari con le stellette dell'Ue. Un ruolo crescente assumeranno i corpi civili e non solo i militari: persone specializzate in indagini e in tribunali, esperte di ferrovie ma anche di carte costituzionali sulle quali fondare nuove convivenze.
Tutto questo sta avvenendo proprio negli anni della vostra maturazione come cittadini e costituisce quindi un fatto normale, ovvio.
Non è così. Non è né facile né scontato. Avete visto la fatica di fare una politica estera comune da parte dell'Europa in occasione della guerra all'Iraq.
Ma nonostante questa fatica, la strada che la nostra generazione e la vostra generazione percorreranno in futuro andrà in questa direzione: nella direzione della pace.
L'Europa è, infatti, la pace. Il progetto di integrazione europea è nato come un progetto di pace. Nel corso di mezzo secolo gli obiettivi di pace si sono evoluti e stabilizzati, così come è cambiato profondamente il contesto mondiale.
Questo rende possibile l'evoluzione dei rapporti con gli Stati Uniti, che consenta di far progredire l'equilibrio mondiale, contribuendo così a ridurre le ragioni di crisi e di squilibrio a livello mondiale.
Per la sua esperienza interna, comunitaria, l'Europa è in grado di accettare il confronto non lo scontro anche con nuove realtà: ad esempio con la Cina. La nuova dimensione demografica dell'Unione Europea dopo l'allargamento è una delle condizioni per confrontarci alla pari con un gigante di popolazione e di innovazione quale è la Cina, invece di ricorrere a scelte protezionistiche, di scontro e di chiusura.
Un luogo della democrazia
C'è un ultimo tema sul quale desidero richiamare la vostra attenzione in questa primavera dell'Europa; desidero farlo soprattutto con dei giovani cittadini che hanno molta viva europea davanti a loro.
Forse vi chiederete come mai un senatore della Repubblica, un parlamentare nazionale si interessa di Europa, discute di Europa.
Non si tratta solo di senso civico, né di una naturale e scontata attenzione a tutti gli aspetti della politica. Nel presente e nel futuro dell'Europa occorre infatti garantire il controllo democratico.
Oggi l'Europa è diventata troppo importante per la vita dei cittadini per lasciare che le decisioni siano prese solo dai governi quando si incontrano a livello europeo oppure dalla Commissione europea.
L'Europa non deve essere un luogo in cui si realizza un trasferimento della sovranità popolare garantita dalla nostra Costituzione; deve essere uno dei suoi nei quali si esercita la sovranità popolare.
La condizione indispensabile per l'esercizio della sovranità è l'informazione: i cittadini devono essere informati dei dibattiti nelle istituzioni europee in modo da potervi partecipare in contemporanea con le istituzioni. Faccio un esempio che vi riguarda come studenti: il Parlamento italiano su impulso del governo ha recentemente cambiato l'ordinamento della scuola italiana. Ma questa decisione è stata preceduta da un lungo dibattito parlamentare al quale le varie componenti scolastiche hanno potuto apportare i loro contributi. Nessuno insomma si è trovato tra coppa e collo la nuova scuola. Non altrettanto si può dire delle decisioni che vengono prese a Bruxelles: spesso i cittadini hanno l'impressione che siano prese senza tenere conto delle realtà specifiche dei singoli paesi. Bisogna cambiare e cambiare in fretta, se si vuole evitare che i cittadini sentano l'Europa come una burocrazia invece che come un rafforzamento della democrazia.
I parlamenti nazionali hanno lavorato in questi anni per assumere un ruolo nelle decisioni comunitarie. Il nuovo Trattato costituzionale dovrebbe prendere atto.
Ma ci vogliono ruoli specifici delle varie forme di autonomia: quelle municipali o regionali, certamente, ma anche quelle scolastiche. Non immagino scenari solo teorici. Nel Trattato costituzionale, che mi auguro possa essere approvato entro questo semestre, è inserito un articolo, si tratta dell'articolo 46, sulla democrazia partecipativa. Per l'Europa accanto alla democrazia rappresentativa, che è quella che conosciamo e pratichiamo, va esercitata anche la democrazia partecipativa, cioè la diretta partecipazione dei cittadini ad una serie di indirizzi e di decisioni.
Io immagino che la scuola, quella italiana insieme alle scuole degli altri paesi dell'Unione, possa diventare uno dei luoghi in cui la partecipazione si pratica, ma anche il luogo naturale in cui ci si abitua alla partecipazione europea attraverso le opportune conoscenze.
Il vostro impegno, quella delle vostre scuole della provincia di Rovigo, va in questa direzione. Per questo come cittadino e come parlamentare vi ringrazio.
Adria, Teatro Sociale, lunedì 22 aprile 2004
Manifestazione studentesca "Primavera dell'Europa"