EUROPEI

Lezione ai liceali di Padova e di Bratislava
Europa: un'esperienza da giovani
Diventa grande senza essere né vecchia né adulta

di Tino Bedin senatore

Cari studenti di Bratislava, cari studenti di Padova, egregi insegnanti slovacchi e italiani, vi saluto anche a nome della Repubblica italiana.
Sono sempre particolarmente contento di dialogare con i giovani sull'Europa. In questa occasione l'interesse è ancora maggiore perché questo dialogo avviene alla vigilia di una grande rivoluzione europea, quella del passaggio dall'Unione Europea all'Europa Unita, e perché protagonisti del dialogo sono giovani che oggi sono stranieri e che fra una settimana avranno la stessa cittadinanza.
Questa attualità è la dimostrazione che ogni discorso sull'Europa non è fatto di storia ma di vita: la nostra vita, quella della mia generazione e quella generazione di voi studenti padovani del liceo Curiel e di voi studenti del Gymnazium di ulica Ladislava Saru.

L'Europa al posto della guerra
Diventare grandi con una grande Europa: questa è l'esperienza che vivrete voi, che già state vivendo.
Quando avevo la vostra età l'Europa era solo uno dei cinque continenti. Evocava a noi studenti interrogazioni di geografia, non un luogo della cittadinanza. C'era la Comunità Europea, ma era formata da appena sei Paesi, di cui due piccoli ed uno addirittura minuscolo, come il Granducato di Lussemburgo. Ma non ci facevamo caso: ci bastava per fantasticare su un'idea di Europa così vaga da non essere neppure un progetto.
Quell'idea era il sogno di quelli tra noi giovani che avevamo in mente il futuro non solo per noi stessi. Ci piaceva allora guardare all'altra parte dell'Atlantico, ai suoi valori e ai suoi miti, e ci pareva una buona ragione impegnarci per gli Stati Uniti d'Europa.
Quell'idea era la speranza di quelli più adulti di noi, che avevano conosciuto la guerra di persona e di guerre non ve volevano altre; ed erano tanto convinti della loro decisione da mettere il proprio destino in comune con popoli che erano stati nemici tra loro: nemici non nei secoli precedenti ma negli anni precedenti, non nel corso della storia ma durante la loro vita. Oggi a francesi e tedeschi, ad italiani ed olandesi viene naturale sentirsi accomunati dallo stesso destino, ma se studiate la storia capirete che all'inizio questo destino accomunava persone che fisicamente avevano imbracciato le armi le une contro le altre.
Neppure questa è una lezione di storia. Lo faccio notare in particolare ai ragazzi di Bratislava, la cui storia europea è cominciata da poco e nelle cui famiglie possono esserci ricordi di divisione. Non è singolare che a pochissimi anni da una scelta pacifica ma non indolore che ha diviso i destini dei popoli slovacco e ceco, ora questi due destini ritornino comuni nell'Europa Unità?

L'Europa è la pace
Questo comune destino è ora la vostra vita, che sarà del tutto diversa dalla vita dei vostri genitori. L'Europa ha già cambiato la vostra vita di studenti a Bratislava. Rende possibili cose nuove in particolare per voi ragazzi, che avete più futuro che esperienza.
Anche per i giovani italiani ci sono cose nuove dall'Europa. In questi giorni alla commissione Difesa del Senato stiamo discutendo di anticipare la sospensione del servizio militare obbligatorio per i ragazzi italiani. La decisione di abolire la leva militare è già stata presa nella scorsa legislatura con la previsione di qualche anno di adattamento; l'esperienza ha suggerito di accorciare la transizione.
Quella decisione è il frutto di una condizione europea: ci sentiamo in pace in Europa. Cambia la prospettiva della sicurezza collettiva. Adesso siamo consapevoli che lo stesso obiettivo si può ottenere con una polizia internazionale, composta da persone specializzate e professioniste. In questa direzione l'Europa si sta attrezzando. In Macedonia ci sono i primi militari con le stellette dell'Ue. Un altro contingente europeo è rimasto per qualche mese in Congo. Un ruolo crescente assumeranno i corpi civili e non solo i militari: persone specializzate in indagini e in tribunali, esperte di ferrovie ma anche di carte costituzionali sulle quali fondare nuove convivenze.
Tutto questo sta avvenendo proprio negli anni della vostra maturazione come cittadini e costituisce quindi per voi un fatto normale, ovvio. Non è così; non è né facile né scontato. Avete visto la fatica di fare una politica estera comune da parte dell'Europa in occasione della guerra all'Iraq. Ed è una fatica che non riguarda solo l'Unione Europea che c'è, ma che ha già coinvolto anche i nuovi Paesi dell'Unione.
Ma nonostante questa fatica, la strada che la nostra generazione e la vostra generazione percorreranno in futuro andrà in questa direzione: nella direzione della pace.
L'Europa è, infatti, la pace. Il progetto di integrazione europea è nato come un progetto di pace. L'economia è stata ed è il cemento che ha progressivamente unito e tenuto insieme i nostri paesi. Ma i mattoni della casa comune europea sono tutti usciti dalla "fornace" della pace: impastati da paurosi ricordi e da speranze, cucinati dal fuoco dei bombardamenti e dal calore di valori condivisi. L'Europa sta realizzando con la pace quello che nel corso della storia l'umanità ha realizzato con la guerra: cambiare i confini, cambiare la cittadinanza e le sue regole, cambiare la moneta.

L'Europa è la rivoluzione pacifica
Avete studiato che prima dell'Unione Europea, prima della Comunità economica europea, i paesi fondatori dell'Europa negli anni Cinquanta hanno fondato la Comunità europea del carbone e dell'acciaio: mettere insieme il carbone e l'acciaio voleva dire, prima di tutto, togliere ad ogni singola nazione la libera disponibilità di quelle che erano allora le materie prime essenziali alla guerra. Serviva anche a togliere una delle ragioni di molte guerre in Europa: la contesa fra tedeschi e francesi sulle regioni carbonifere e metallurgiche al confine tra Francia e Germania.
E subito dopo hanno fondato l'Euratom, per condividere ricerche e disponibilità nel settore dell'energia nucleare, dopo essere stati testimoni dello strazio delle bombe atomiche sganciate sulle popolazioni giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.
Il successivo progetto di fare dell'Europa un mercato unico rispondeva alla volontà di unire in modo indissolubile i destini stessi dei cittadini europei: l'economia è ancora una volta il cemento, ma le fondamenta sono una diffusione del benessere più omogenea in tutto il continente in modo da ridurre risentimenti e invidie.
Nelle fondamenta del mercato unico ci sono i milioni di persone che in Europa non hanno più la condizione di immigrati, ma di cittadini lavoratori. Per decenni gli italiani (o gli irlandesi o gli spagnoli) anche nella seconda metà del secolo scorso non avevano potuto trovare lavoro nelle loro regioni ed erano andati in Germania o in Francia o in Belgio o nel Regno Unito. Lì erano stranieri. Oggi sono europei. E questa esperienza di vita sta per essere rivissuta proprio per le persone che, venute dall'Est dell'Europa oggi sono anche qui in Italia come extracomunitari: polacchi e slovacchi, ungheresi e cechi non lo saranno più, mai più.
E veniamo all'Europa che già voi ragazzi padovani avete in tasca e che voi ragazzi di Bratislava già conoscete, perché è accettata nella vostra città e perché la usate appena uscite dal vostro paese: l'euro. La moneta unica non è un progetto dei "banchieri" ma la volontà di accelerare e rendere irreversibile l'unificazione dell'Europa. Il cemento dell'economia in questo caso è stato utilizzato per proteggerci insieme dai rischi che i destini economici di tanti popoli dipendessero solo da un paese.
C'era il marco tedesco, era forte, grande, utilizzato anche da paesi dell'Europa orientale, spontaneamente. Lasciando fare all'economia, quella sarebbe diventata la moneta unica europea, un po' come era successo per il dollaro nel mondo.
Invece gli europei non hanno voluto correre il rischio della supremazia di uno solo, hanno fatto nascere la moneta di tutti, gestita da tutti, destinata ad aprirsi a tutta l'Europa, affidata alla crescita economica e sociale di tutti.
Ed ora viviamo insieme l'ampliamento. Anche i nuovi confini dell'Unione Europea sino una scelta di pace e non una scelta economica. Alla caduta del muro di Berlino nel 1989 l'Europa occidentale era impegnata a costruire il grande mercato interno, un obiettivo che era stato fissato per il 1992. Ma l'Europa ha deciso di dare corpo alla speranza inattesa di unificare tutto il continente in pace e in democrazia alla speranza inattesa di unificare tutto il continente in pace e in democrazia e di estendere a molti le grandi aspettative legate all'integrazione degli allora dodici Stati membri. Questo ha significato condividere le risorse di tutti fra più persone: euro destinati all'Irlanda sono andati in Estonia; euro da spendere a Palermo sono stati investiti a Bratislava.
Ma non ci siamo impoveriti; non abbiamo perso opportunità. Da quel momento straordinario, l'Europa sta facendo grandi progressi.

L'Europa è la vita buona
L'unificazione non solo ha portato la pace fra i Paesi europei, ma ha portato e porterà ad un sempre maggiore arricchimento della vita di ciascuno cittadino: in termini di crescita economica, di apertura di orizzonti culturali, di possibilità di far valere la nostra cultura nel mondo, d'acquisire influenza nella politica internazionale. L'economia europea, nonostante i problemi e le incertezze, gode di un livello di prosperità che non ha precedenti nella storia. In Europa abbiamo una qualità della vita che il mondo ci invidia. Soprattutto, si sono ridotte negli anni le differenze di ricchezza e di opportunità fra gli Stati membri: si tratta di un successo che nessun'altra organizzazione politica può vantare.
Vi racconto dell'Italia. Fin dalla firma dei Trattati di Roma, il ruolo dell'Europa nel far diventare l'Italia una delle nazioni moderne del mondo è stato determinante. La costruzione europea non si è limitata a creare un ampio mercato di esportazione che ha premiato la laboriosità dei suoi lavoratori e la capacità dell'imprenditoria italiana; ha favorito la modernizzazione dell'intero sistema economico nazionale. Ogni tappa del processo d'integrazione ha coinciso con un avanzamento dell'Italia. Tra il 1950 ed il 1990 il reddito italiano pro capite in termini reali è aumentato di cinque volte. Nello stesso periodo, il grado di apertura agli scambi commerciali della nostra economia è grandemente aumentato. Dalla firma del Trattato di Maastricht, gli italiani non sono stati più penalizzati in termini di costo del denaro; l'inflazione e il disavanzo della finanza pubblica sono stati riportati sotto controllo.
L'Europa ha sostenuto la realizzazione di opere infrastrutturali; dall'Europa sono arrivati gli aiuti ricevuti sui fondi di coesione e per la politica regionale; gli stimoli continui alla competitività in tutti i settori dell'economia. Per quanto riguarda i giovani ricordo la svolta nella formazione, con l'apertura sugli orizzonti internazionali, con centinaia di migliaia di giovani che beneficiano dei progetti per gli universitari e per gli studenti di tutti gli ordini di scuola.

L'Europa è la diversità
Eppure da qualche tempo il dubbio si fa strada nel cuore e nella mente degli europei. Si tratta di una reazione al processo di globalizzazione del pianeta con i suoi cambiamenti profondi e sempre più rapidi: alcuni temono che l'Unione Europea non sia altro che un capitolo della globalizzazione.
Basta ascoltare una delle domande che si fanno i cittadini: verranno cancellati i punti di riferimento culturali nei quali ci riconosciamo e che sono la nostra vera ricchezza? Come risposta, una parte della nostra società si chiude in se stessa, cercando una sicurezza illusoria dietro slogan antichi, che alimentano la xenofobia e l'intolleranza, senza comunque tranquillizzare le ansie identitarie del cittadino globale. La storia ci spiega infatti che per i popoli europei è vero il contrario.
Prendiamo ad esempio l'Italia, la cui storia unitaria ha inizio nel 1800 con il Risorgimento. Ebbene, il Risorgimento italiano fu un fenomeno essenzialmente europeo; l'unificazione nazionale fu realizzata in stretta correlazione con l'Europa, contro ogni tentazione di isolamento. L'Italia cominciò a farsi quando superò il motto "l'Italia farà da sé". L'Italia è nata come parte essenziale dell'Europa, sentita quale civiltà comune.
Parte di una civiltà, non di una potenza. Così è cresciuta anche l'Unione Europea che fra una settimana avrà una delle sue capitali a Bratislava.
Voi studenti di Bratislava respirate necessariamente in famiglia e nella vostra società l'esperienza di paesi che sotto l´Unione Sovietica si erano abituati a essere satelliti di una grande potenza. Ora per i vostri genitori è quasi automatico guardare agli Stati Uniti prima che all'Unione Europea. Questo è un rischio per le vostre società, da cui però l'Europa può preservarvi perché non è un modello unico, ma un insieme di culture. La Francia non è diventata meno francese stando nell'Unione. La Germania ha vissuto la stessa esperienza. A Varsavia o Bratislava, invece, senza un riferimento all'Europa si rischia di buttare a mare la storia, le tradizioni, seguendo il modello americano.
L'Europa è una comunità di minoranze. Nessuna etnia è maggioritaria, nessun blocco sociale è prevalente.
Per questo è sbagliata la paura che l´Unione comporti un livellamento delle diversità. Anzi l´Europa protegge le culture e le minoranze in modo sicuramente migliore di quanto non facciano gli stati nazione. Nel quadro europeo unitario radicato nei valori di democrazia e di diritto, anche la protezione delle minoranze trova la sua migliore tutela: come fattore non più di potenziali contrasti fra gli Stati, ma di arricchimento reciproco e di crescita.
E non si tratta solo di cultura. Le diversità, le minoranze producono effetti positivi anche in economia. Guardate la nuova geografia del Mar Baltico: era un confine; fra una settimana il Baltico diventa un lago interno dell'Europa. A partire dalle sue rive si ampliano gli scambi e quindi l'apporto che nazioni grandi e piccole possono dare al reciproco benessere.
Nell'economia finanziarizzata globale solo l'Europa può impedire che il grande mangi il piccolo, che Berlino compri Bratislava. O che spariscano i Ruteni, i Sorbi, e altri piccoli popoli. L´Unione è una garanzia contro la perdita di sovranità.
Contemporaneamente l´Europa può essere un grande fattore di progresso aprendo le comunità chiuse, autarchiche. Nei Balcani, la recente tragica vampata di violenza interetnica ci ricorda quanto fragile sia una pace non radicata in un'autentica capacità di convivenza fra i popoli e nel rispetto della persona umana; quanto perverse siano le tentazioni nazionalistiche.
L'Unione Europea svolge un ruolo determinante per la costruzione di più solidi assetti di pace: dice chiaramente che nutrire illusioni di Stati monoetnici e attuare pulizie etniche significa precludersi l'accesso all'Unione Europea.

L'Europa è una cittadinanza
Questa Europa delle minoranze, delle sovranità, non è stata e non è però senza volto. A costruire la cittadinanza giuridica non c'è solo la spessa sedimentazione di legislazioni europee che si è andata accumulando negli anni. C'è uno spirito europeo, che è già stato compendiato nella Carta europea dei diritti fondamentali, adottata al Consiglio di Nizza nel dicembre del 2000, e c'è l'esigenza che l'Unione Europea abbia non solo trattati fra stati ma una Costituzione fra cittadini. Quest'ultimo traguardo è stato mancato nel corso del semestre di Presidenza italiana dell'Unione Europea, ma è ormai a portata di mano.
Oggi tutti i protagonisti dell'Europa unita condividono alcuni principi di fondo. Far parte dell'Unione significa: rispettare i diritti fondamentali della persona, regolare la vita pubblica in democrazia seguendone i processi e significa anche costruire e difendere il nostro modello di sviluppo economico e sociale.
"Soprattutto ora che l'Unione vede profilarsi i suoi confini ultimi, è arrivato il momento - ha detto recentemente il presidente dell'Unione Romano Prodi - di immaginare una vera identità europea. Questa sarà la nostra nuova frontiera dei prossimi decenni che non avanzerà probabilmente negli spazi geografici ma avanzerà certamente nei territori dello spirito".
Uno degli obiettivi dei prossimi anni sarà dare concretezza al principio di cittadinanza europea. L'Unione collabora con i governi nazionali per garantire un livello omogeneo dei diritti individuali, della sicurezza, della protezione e della qualità della vita su tutto il suo territorio. Questo riguarda la lotta contro il crimine e il terrorismo, che da tempo non conoscono frontiere. Riguarda la gestione comune delle frontiere. Riguarda lo sviluppo di quei servizi di interesse generale che sono la spina dorsale del modello sociale europeo, come sanità, sicurezza alimentare, istruzione, energia e trasporti.
C'è infatti un senso nei cittadini un senso di "appartenenza europea" assai più avanzato rispetto alla realtà giuridica dell'Unione. È l'Europa che i cittadini ormai sentono come un bisogno. Proprio così: l'Europa è passata da ambizione a bisogno. Quando l'Europa era poca cosa in dimensioni ed anche in ruoli, quell'ambizione di Europa si è diffusa nelle opinioni pubbliche. Era una idea bella e generosa alla quale non si poteva non esprimere simpatia.
Mano a mano che l'Europa è cresciuta in dimensioni ed in ruoli, una parte dell'opinione pubblica ha cominciato ad assumere un atteggiamento diverso. Un po' come i genitori con i figli ormai grandi, anche i cittadini europei hanno cominciato a chiedere all'Europa di dimostrare quello che è capace di fare. Sempre più spesso sentiamo dire, sempre più spesso diciamo: ma cosa fa l'Europa? Di fronte alle difficoltà, sempre più spesso ci pare che da soli non sia più possibile superarle e ci diciamo che ci vuole l'Europa.
Cosa fa l'Europa per la pace e contro il terrorismo? Ancora si alzavano le grida disperate della strage di Madrid e già in Spagna e in Italia e a Bruxelles la gente si chiedeva se non toccasse all'Europa garantire la sicurezza.
È questa una posizione politicamente matura perché presuppone un semplice fatto: nessun paese europeo, da solo, può muoversi nel mondo globalizzato da protagonista e in piena indipendenza. Nessuno può far fronte da solo all'ascesa dei grandi paesi dell'Asia, alla sfida tecnologica del Nord America, al flusso delle migrazioni dal Sud del pianeta.

L'Europa è il mondo
L'Europa però non si rafforza per difendersi. Non diventa più grande, più forte, più istruita per distinguersi dal resto del mondo.
La scelta politica di inclusione, di apertura di dialogo che ha caratterizzato l'Unione Europa nei suoi cinquant'anni di vita, si ripete anche davanti alle nuove sfide che si presentano agli europei. Ora il terreno di confronto non è più un continente ma l'intero pianeta.
Con l'allargamento e, in prospettiva, con l'unificazione completa del continente, l'Europa può davvero diventare una forza di equilibrio per tutto il pianeta.
E il primo equilibrio riguarda proprio le regioni più prossime. L'Europa sta per arrivare ai suoi confini: al di là di questi non ci saranno degli "stranieri", ma cittadini di quello che la Commissione europea ha definito l''anello dei paesi amici". Con questi nostri vicini dovremo condividere progetti e politiche, per garantire la stabilità e la pace attraverso la diffusione di una maggiore prosperità e dei nostri valori fondanti: democrazia, libertà e rispetto dei diritti umani. In uno slogan: condividere tutto tranne le istituzioni, cioè la nostra organizzazione giuridica.
Più in generale l'Unione ha il compito di dare forza al dialogo, alle soluzioni pacifiche e alle decisioni di molti e non di pochi (o di uno solo). In ogni angolo del pianeta c'è chi vede nell'Europa una speranza di pace e una forza saggia ed equilibrata.
L'Europa ha voluto garantire questa speranza del mondo. Vi ho detto prima - parlandovi di come l'Europa cambia la vostra vita - delle trasformazioni delle forze militari europee. L'Europa ha deciso alla fine del 1999 ad Helsinki di dotarsi di una propria forza militare. In questi quattro anni sono stati fatti molti passi avanti; c'è già un comando unificato; sono stati presi accordi con la Nato per l'utilizzo delle risorse e per la definizione dei ruoli.
Ma proprio mentre perseguiva questo obiettivo, destinato a creare una forza da impiegare non in azioni offensive ma prevalentemente per azioni di pace, l'Europa ha voluto rassicurare il mondo e lo ha fatti in modo concreto sostenendo e dando credibilità al Tribunale Penale Internazionale dell'Aja. È come se l'Unione Europea dicesse al mondo: sto facendo una forza militare non per me, ma per tutti quelli che avranno bisogno di difesa e di sicurezza e proprio per rassicurarti che questo è il mio obiettivo predispongo un tribunale internazionale nel quale possano far valere i loro diritti i cittadini che si sentissero offesi dai nostri militari.
Anche il progetto di Costituzione europea ha una sua dimensione mondiale. E non solo perché, senza un testo del genere, l´Unione europea non riuscirà a divenire un soggetto politico davvero influente su scala mondiale.
L'aspetto più importante è che la Costituzione europea rappresenterà il primo grande strumento giuridico di una organizzazione istituzionale comunitaria, di una struttura a "costellazione" che non ha precedenti per il suo carattere comunitario. E questo potrà essere utilizzato in altre parti del pianeta.
Altro elemento decisivo è che la Costituzione conterrà al suo interno la prima dichiarazione dei diritti del nuovo millennio, la Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, che, tra l´altro, attribuisce rilievo essenziale ai principi di dignità, eguaglianza e solidarietà, assenti nei precedenti trattati. Ma soprattutto questa Carta è nata dall'esigenza di percorrere la strada che porta da una "Europa dei mercati" ad una "Europa dei diritti". Ora questa scelta europea potrebbe essere proiettata nella dimensione planetaria, contrapponendo una "globalizzazione attraverso i diritti" alla "globalizzazione attraverso il mercato" che abbiamo conosciuto finora. E nel Preambolo della Carta dei diritti dell'Europa c'è scritto che questi diritti non sono solo degli Europei, ma di tutte le persone che con l'Europa vengono in contatto o ci verranno.

L'Europa è la novità
IQuesta grande Europa, non è né vecchia né adulta. Vive la novità di giorno in giorno. Alcune di queste novità sono ancora sogni, ambizioni. Sono i nuovi sogni, le nuove ambizioni che sono affidati alla vostra generazione.
L'avvenire dell'Europa dipende non solo dalle relazioni fra i suoi stati membri, ma anche dai suoi giovani. Voi siete destinati a crescere in una grande Europa e voi troverete normale vivere in un'Europa composta da 25 paesi. Grazie a voi l'Europa diventerà più in fretta una sola cittadinanza, perché voi, a Padova e a Bratislava, saprete sfruttare i vantaggi che questi nuovi confini vi offrono, studiando, facendo del volontariato o lavorando in uno degli altri 24 paesi dell'Unione.
Poter continuare a parlare di futuro dopo cinquant'anni di Europa è la conferma delle idee che funzionano. Mezzo secolo di pace ininterrotta; il mercato unico; l'abbattimento delle frontiere; la cittadinanza europea; l'euro non sono solo risultati decisivi per la vostra vita di oggi. Sono le basi di un'altra rivoluzione che è affidata alla vostra ricerca e alla vostra passione.

Padova, Liceo scientifico Curiel, venerdì 23 aprile 2004
Scambio studentesco Padova-Bratislava


26 aprile 2004
eu-055
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Tino Bedin