COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Diario / MERCOLEDÌ 1 GENNAIO 2020

I 75 anni della fine della seconda Guerra mondiale
Nell'agenda del 2020
un lungo esercizio di memoria collettiva

Il ripensamento complessivo della nostra storia di europei per ricavarne speranze nuove per il futuro
   Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace (con la quale san Paolo VI ci ha proposto oltre mezzo secolo fa di iniziare ogni nuovo anno) Papa Francesco cita gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. "Sono tra quelli - scrive il Pontefice - che oggi mantengono viva la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l'orrore di ciò che accadde nell'agosto del 1945 e le sofferenze indicibili che ne sono seguite fino ad oggi. La loro testimonianza risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione. (…) Come loro molti, in ogni parte del mondo, offrono alle future generazioni il servizio imprescindibile della memoria, che va custodita non solo per non commettere di nuovo gli stessi errori o perché non vengano riproposti gli schemi illusori del passato, ma anche perché essa, frutto dell'esperienza, costituisca la radice e suggerisca la traccia per le presenti e le future scelte di pace".
La perdita della memoria personale è fra le grandi paure dei vecchi. La perdita della memoria comunitaria è fra i rischi mortali per i giovani. Questo anno 2020 si presta bene a segnalare i pericoli che la perdita di memoria può comportare. Il 2020 non è solo l'inizio del nuovo decennio ma è anche l'anniversario di un evento che ha segnato fin qui l'Europa e il mondo intero, anche se nelle opinioni pubbliche sembra crescere la convinzione che il nostro oggi non dipende da ieri. Quest'anno, infatti, ricorrono i 75 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale: una conclusione che ha cominciato una storia nuova, ricca di libertà, di cambiamenti, di sfide.
Il tragico calendario del Veneto - Per gli italiani la data scelta per l'anniversario è il 25 Aprile: è la Festa della Liberazione. Ecco uno degli spunti di riflessione e di aggiornamento: l'Italia che prima si libera di Mussolini, poi sperimenta forme di collaborazione sia politica (con i governi tra il 1943 e il 1945) sia militare (con la costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale) tra forze politiche molto distanti, ma capaci di rifare l'Italia; poi trova la strada della pacificazione interna.
Il 25 aprile 1945 non è ancora la fine della guerra. Forze Alleate e partigiani si scontrano con l'esercito tedesco ancora per alcuni giorni. Anzi è proprio nella settimana tra il 25 aprile e il 2 maggio che in Veneto si registrano i più gravi eccidi da parte dei nazifascisti. A Villadose in Polesine proprio il 25 aprile; a Santa Giustina in Colle tra il 25 e il 26; il 27 a Santa Margherita d'Adige nella Bassa padovana 13 persone sono assassinate da soldati dell'esercito tedesco nel corso di una razzia nelle case dei contadini; razzie e assassini si ripetono a Bresega, Valle San Giorgio, Ponso e Prà d'Este con altre 33 vittime. Il giorno dopo soldati della Wermach fanno irruzione nella case di San Benedetto delle Selve, a piedi dei Colli Euganei, e trucidano 11 civili, inclusa una bambina di sei anni. A Villatora di Saonara, dopo un violento scontro fuoco con reparti partigiani provenienti da Camin, i nazisti mettono a ferro e a fuoco il centro abitato: 11 abitanti muoiono durante la spedizione punitiva, altri 34 sono catturati, fucilati e abbandonati in un fosso.
Domenica 29 aprile tra Sant'Anna Morosina e Cazzadora sono giustiziate 133 persone di San Giorgio in Bosco, Abbazia Pisani, Villa del Conte, San Martino di Lupari, Castello di Godego. Il lunedì 30 a Caerano San Marco altri sei assassinati senza motivi evidenti. Fonsazo sulle Prealpi bellunesi conta 10 martiri.
Nel Vicentino vengono passati per le armi i 17 rastrellati a Tresché di Conca, 18 cittadini sono abbattuti a raffiche di mitra a Monte Crocetta, 12 inermi (compreso un neonato di nove mesi) sono massacrati a Campedello. La scia di morte raggiunge anche Creazzo, Lonigo, Dueville.
E proprio nel Vicentino, tra Pedescala e Forni, c'è il tremendo epilogo fra il 30 aprile e il 2 maggio, a guerra pressoché conclusa. le colonne tedesche, spalleggiate da SS ucraine, ritorcono contro la popolazione un attacco dei partigiani: i carri armati: accerchiano e bombardano Pedescala; poi il massacro casa per casa lascia sul suolo le salme semicarbonizzate di 64 tra uomini e donne. Lo stesso tragico destino di Forni: una trentina di ostaggi vengono rinchiusi dai tedeschi in una casa; 19 di loro sono massacrati con bombe a mano e raffiche di mitra, e i loro corpi cosparsi di benzina e dati alle fiamme.
Questa geografia del terrore può trasformarsi in un promemoria comunitario in questo 2020, non solo per i paesi in cui lapidi e monumenti riportano la lunga lista dei caduti, ma per tutto il Veneto.
E i paesi colpiti potrebbero fare come ha deciso di fare Berlino: quest'anno l'8 maggio, anniversario della liberazione della città dal nazionalsocialismo, sarà festivo; non lo è stato in passato e non lo è in nessun'altra parte della Germania, ma per il 75° anniversario i berlinesi hanno giustamente voluto la sottolineatura. Nelle forme possibili anche i nostri paesi potrebbero fare altrettanto, chiedendo se necessarie le relative autorizzazioni, nell'anniversario delle singole tragedie, aggiungendo così alla celebrazione del 25 Aprile la memoria della propria storia paesana.
Le riflessioni degli europei - Prima di arrivare alle settimane in cui 75 anni fa via via la seconda guerra mondiale finiva, incontreremo altri anniversari. La giornata internazionale dedicata alla memoria delle vittime dell'Olocausto quest'anno ricorda i 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945. La più importante cerimonia ufficiale è in calendario per il 27 gennaio all'Assemblea generale delle Nazioni Unite; vi prenderanno parte il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, i rappresentanti permanenti della Germania, Israele e degli Usa e alcuni sopravvissuti all'olocausto.
L'Onu è uno dei risultati di un altro evento del 1945, che merita di essere ricordato. Si era agli sgoccioli della guerra mondiale e nel febbraio del '45, i capi di stato di tre Paesi della coalizione anti-Hitler, Churchill per il Regno Unito, Roosevelt per gli Stati Uniti e Stalin per l'Unione Sovietica, si incontrano al Palazzo Livadia di Yalta, in Crimea, per una Conferenza che ha disegnato il mondo dal 1945 al 1989, cioè dalla sconfitta finale della Germania nazista alla caduta del Muro di Berlino. Alla Conferenza di Yalta si decise la divisione dell'Europa in due blocchi, ma anche la nascita della Nazioni Unite come luogo di compensazione e di composizione degli interessi in campo.
Ora che l'Europa è non solo un unico spazio geografico, ma ha realizzato anche forme di aggregazione istituzionali ed economiche imprevedibili 75 anni, questo 2020 potrebbe essere l'anno di un ripensamento complessivo della nostra storia di europei per ricavarne speranze nuove per il futuro, in modo da affidare un compito anche alle generazioni che nulla hanno vissuto della guerra e della pace e delle loro più immediate conseguenze e che hanno quindi come riferimento il loro presente.
Senza ovviamente perdere la memoria: ad esempio la memoria della iniziale tolleranza del nazifascismo da parte delle democrazie occidentali in funzione antisovietica; oppure la memoria che Hitler è asceso al potere anche attraverso libere elezioni (per quanto condizionate politicamente ad arte dagli stessi nazisti): una memoria quest'ultima che è particolarmente attuale e che richiede una urgente riflessione su salvaguardie e quindi limiti che una democrazia deve porsi per continuare a sopravvivere.
Insomma un'agenda davvero impegnativa per questo 2020, tale da non far perdere la memoria né ai vecchi né ai giovani.

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13 marzo 2020
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Tino Bedin