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L'incontro in Vaticano e il prossimo viaggio papale a Cuba Chi si è convertito se Raúl Castro torna a pregare? L'eloquenza dei doni scambiati tra Papa Francesco e il presidente cubano
di Tino Bedin Fino a stamattina il presidente cubano Raúl Castro aveva una certezza riguardo alla pratica religiosa: "Non chiedetemi di andare a messa perché mi sono bastate quelle che ho ascoltate da ragazzo quand'ero in collegio dai gesuiti". Poi stamattina si vede per un'ora proprio con un gesuita, che parla spagnolo come quelli che a Belén hanno educato lui e suo fratello Fidel, e gli viene qualche dubbio: "Dal colloquio sono uscito molto colpito per la sua saggezza e modestia, per tutte le virtù che conosciamo in Francesco. Come ho detto al circolo dei dirigenti del mio paese, leggo tutti i discorsi del Santo Padre e se continua a parlare così, prima o poi anch'io che sono comunista ricomincerò a pregare. E non lo dico per scherzo. Forse tornerò nella Chiesa cattolica". E non è proprio chiaro - dalle parole di Raúl Castro - se questo "ritorno" dipenda da un cambiamento suo o da un cambiamento della Chiesa; cioè se sia lui che si riconvertito o se sia la Chiesa che oggi è come se la immaginava da ragazzo.Per intanto comincia così: "Quando Francesco verrà a Cuba in settembre, prometto di andare a tutte le sue messe".
La fine dell'embargo Usa. Non diventerà una data storica questa domenica 10 maggio 2015 con l'incontro in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente di Cuba Raúl Castro. I rapporti tra Cuba castrista e Santa Sede sono in evoluzione ormai da vent'anni (era il 1996 quando il presidente Fidel Castro andò in Vaticano e due anni dopo nel 1998 Papa Giovanni Paolo II andò pellegrino a Cuba). È piuttosto uno di quei giorni che i protagonisti ricordano volentieri, perché si è camminato insieme ad altri nella direzione che pare giusta.
Il medaglione di San Martino. Anche il Santo Padre tiene a Cuba e all'America Latina. Di norma la domenica non si tengono in Vaticano incontri ufficiali, ma per Castro si è fatta senza difficoltà un'eccezione. Ufficialmente la visita è stata "strettamente privata", ma quasi un'ora di colloquio serve a qualcosa di più di un ringraziamento e di una conferma di amicizia.
L'icona delle periferie. Ecco perché Papa Francesco tiene a questo colloquio. La Chiesa che egli ama e di cui è profeta ha il respiro del mondo. Giovanni Paolo II ci ha insegnato che le radici cristiane dell'Europa non sono solo ad Occidente, ma sono anche ad Est, e che l'Europa - e la Chiesa - deve respirare con due polmoni. Ora questo Papa latino-americano ci porta fuori dall'Europa, fuori dall'Occidente. È la visione politica di Giovanni XXIII e di Paolo VI, i papi della giovinezza di Jorge Mario Bergoglio. Fin dal momento stesso della sua chiamata al servizio di Pietro egli ha messo al centro della Chiesa le "periferie" e non manca occasione per interloquire criticamente con il sistema economico globale, con "l'economia dello scarto".
Il tessuto per la comunità. C'è anche un altro dono per Papa Francesco: la medaglia commemorativa dei 200 anni della cattedrale dell'Avana. "Di queste medaglie ce ne sono solo 25, e una è questa", precisa il presidente cubano. Ma la preziosità non è solo nella rarità; è nel fatto che il regime castrista consideri preziosa una chiesa. E preziosi stanno diventando i cristiani per Cuba. Dice il presidente Castro: "Io sono un comunista cubano e il partito non ha mai ammesso i credenti, ma ora lo stiamo permettendo: per svolgere un incarico importante non occorre essere iscritti; pian piano andiamo avanti". E non si nasconde: "Noi veniamo accusati di non rispettare i diritti umani. Ma chi li rispetta nel mondo? Da noi la salute è un diritto per tutti come l'istruzione. Noi riconosciamo di aver compiuto degli errori ma i diritti umani non devono essere strumentalizzati per mala-politica". 10 maggio 2015 |
ci-102 23 giugno 2015 |
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