COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Salvata dall'impiccagione Meriam, mamma sudanese cristiana
Rischioso essere donne
dove la Croce fa paura

L'ottimo lavoro di Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri italiano

di Tino Bedin

In cima alla scaletta dell'areo sono apparsi in quattro: una donna, un uomo, un bambino e una bambina (i piccoli in braccio rispettivamente all'uomo e alla donna). L'unico bianco era l'uomo.
La prima foto di Meriam Yahia Ibrahim Ishag, sudanese, 27 anni, sul territorio italiano (l'aeroporto di Ciampino a Roma) aveva questa inquadratura e molti italiani si saranno chiesti chi era quell'uomo bianco che teneva in braccio un bambino nero. Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri, fiorentino, poco meno di cinquant'anni, non è un "personaggio" della politica, anche se ha una lunga esperienza di parlamentare e di governo. Quelli che hanno avuto ed hanno occasione di lavorare con lui sanno che conosce bene la materia che gli è affidata e che si impegna a raggiungere i risultati; sa anche che è un politico che non lavora da solo, ma preferisce entrare in una squadra e raggiungere obiettivi che interessano a molti.

Considerata apostata e adultera. La terribile storia di Meriam diventa di dominio internazionale ad aprile. La giovane donna cristiana è incinta di otto mesi, su denuncia viene comunque arrestata per apostasia, chiusa in carcere con il figlioletto Martin di un anno e mezzo, condannata a morte per impiccagione. Prima di morire deve anche ricevere cento frustate per aver sposato in chiesa Daniel Wani, cristiano anche lui: non poteva farlo e quindi all'accusa di apostasia si aggiunge quella di adulterio. Mentre la processano e decidono di giustiziarla, Meriam partorisce: Maya nasce in carcere da una mamma incatenata.
Daniel, Meriam, Martin e Maya sono da allora una delle centinaia di migliaia di famiglie che in qualche parte del pianeta pagano l'essere cristiani in società che formalmente o di fatto, per legge o per paura non accettano i cristiani. Sono tantissimi tanto che il 30 giugno scorso, durante la messa quotidiana a Santa Marta, Papa Francesco aveva ricordato: "Ci sono più cristiani perseguitati oggi che nei primi secoli". Il 30 giugno il calendario dei santi fa memoria dei protomartiri cristiani uccisi nell'anno 64 sul colle Vaticano per ordine Nerone.
La condizione di Meriam, incinta e poi mamma in catene, la sua storia di bambina mai stata musulmana perché musulmano era il padre che subito l'aveva lasciata sola con la madre cristiana, il sogno di una giovane che si mette in vestito bianco il giorno del matrimonio con il ragazzo che ama e che è in sedia a rotelle, ne fanno però un "caso" inaccettabile anche per la "cultura dell'indifferenza", secondo la definizione di Papa Francesco. Nasce così un movimento, una "squadra": in questa squadra entra anche Lapo Pistelli.

La "squadra" di Lapo Pistelli. La vita e la liberazione di Meriam sono il risultato di una trattativa certamente complessa, certamente difficile. La discrezione, la reciproca comprensione ma anche il ruolo che l'Italia (come sistema paese e non solo come diplomazia) ha nel Corno d'Africa sono state le carte giocate bene da tutte le parti. Anche in Sudan: Pistelli ha riconosciuto il ruolo positivo delle autorità sudanesi ed in particolare quello del ministro degli Esteri Ali Ahmed Karti. La moglie del ministro degli Esteri è l'ambasciatore del Sudan in Italia: è probabile che anche lei sia entrata, attraverso Lapo Pistelli, nella "squadra". Di sicuro invece ci sono entrati gli americani, direttamente coinvolti in quanto il marito di Meriam ha anche passaporto statunitense (la famiglia infatti si è già stabilita negli Stati Uniti); per una volta gli americani hanno scelto di fare da spalla, sicuri che il viceministro italiano avrebbe fatto bene.
Papa Francesco è stato invece nel cuore di Meriam fin da quando è stata posta di fronte all'alternativa feroce e sempre presente nella storia: "convertiti o muori". Aveva allora desiderato incontrare ii Papa, se fosse stata liberata. E da Papa Francesco è stata subito accompagnata ancora da Lapo Pistelli, appena arrivata a Roma. "Grazie per la testimonianza e per la costanza", le ha detto il Papa. E di sicuro ringraziava in lei tutti i cristiani perseguitati. Perché nella persecuzione non conta essere ortodossi (come Meriam) o cattolici o calvinisti o copti: conta essere persone della Croce, che è la ragione per cui si è perseguitati.
Non potrebbe contare solo questo anche là dove la il segno di Croce non è reato anzi la Croce ci illumina ad essere fratelli e a cercare altri fratelli?

Doveri di fratellanza. Ora che Daniel, Meriam, Martin e Maya sono negli Stati Uniti, dove già viveva il fratello di Daniel, molte altre donne sono perseguitate in Africa per la loro fede, per la loro cultura, per il solo stile di vita. In Nigeria decine di ragazze sono sequestrate dal movimento che si è dato il nome di Boko Haram, letteralmente "L'educazione occidentale è peccato".
Non fanno "opinione pubblica" i cristiani perseguitati. La gioiosa conclusione della vicenda di Meriam può anche aiutare ad accrescere la consapevolezza collettiva dei cristiani dei loro doveri di fratellanza universale: non per alzare steccati qui da noi verso che viene da fuori o per invocare la forza, ma per crescere nello spirito di fraternità, fino al punto di contagiare il mondo.
"Vangelo puro", come commenta spesso Papa Francesco.

27 luglio 2014


ci-090
28 luglio 2014
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Tino Bedin