COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
La tragedia del barcone di profughi annegati davanti a Lampedusa
Vittime della Barriera d'Acqua
tra Nord e Sud del Mondo

Né per le decisioni né per i sentimenti ora è come prima del 3 ottobre 2013


di Tino Bedin

Hanno acceso un fuoco per farsi vedere nel buio del mare davanti all'isola di Lampedusa. Quel fuoco li ha perduti; in centinaia li ha inabissati nel Mediterraneo assieme al loro barcone.
Riacceso dal racconto dei superstiti, alimentato dallo strazio degli annegati e dal silenzio degli intrappolati, quel fuoco li ha finalmente fatti vedere e non solo ai lampedusani: ha mostrato i loro volti a Roma e a Bruxelles, là dove si prendono decisioni; ha mostrato le loro vite a milioni di famiglie, là dove si coltivano sentimenti ed opinioni. Né per le decisioni né per i sentimenti ora è come prima del 3 ottobre 2013.
Non né una data storica, nonostante l'emozione abbia spinto alcuni a chiedere che essa sia segnata stabilmente nel calendario civile della nostra comunità. È ancora lì la Barriera d'Acqua che separa nord e sud del mondo e sulla quale si infrange la speranza di migliaia di persone, come avveniva lungo il Muro che spaccava l'Est ed Ovest dell'Europa. Ora però sappiamo che, come il Muro di Berlino, anche la Barriera d'Acqua sarà abbattuta. Solo allora aggiungeremo una data al calendario dell'umanità. Non sappiamo né come né quando, ma succederà perché dopo il 3 ottobre 2013 quella Barriera non può più essere alimentata né da leggi né da paure e si sgonfierà.

Per poter vivere mettono in conto la morte. Ne abbiamo avuta conferma sei giorni dopo, il 9 ottobre, ancora a Lampedusa. Il presidente del Consiglio Enrico Letta è in ginocchio nell'hangar dell'aeroporto di Lampedusa diventato un obitorio. Mette un fiore sulle prime bare. Forse recita nel cuore "L'eterno riposo dona loro, o Signore...". Le porte dell'hangar-obitorio sono chiuse; non ci sono telecamere né fotografi; il protocollo non aveva programmato quel gesto del capo del Governo italiano nei confronti di persone senza più patria e - molte - senza neppure un nome.
Non è solo la pietà umana a mettere in ginocchio Enrico Letta. È il presidente del Consiglio che rende onore a persone straniere che hanno trovato la morte per raggiungere l'Italia, per entrare in Europa. Lo fa mentre in Italia è in vigore una legge che quelle stesse persone - se l'acqua non avesse inghiottito la loro barca - le considererebbe "criminali". E infatti tutti i sopravvissuti del naufragio sono stati incriminati per il reato di immigrazione clandestina. A microfoni aperti - questa volta - Enrico Letta ha detto di provarne vergogna.
Due settimane dopo la parola "vergogna" è stata ancora pronunciata da Enrico Letta che in Parlamento ha condiviso con i deputati "il dolore, la morte, il senso di frustrazione e vergogna che la tragedia di Lampedusa ha recato e continua a recare con sé". Ecco perché le leggi non potranno più alimentare la Barriera d'Acqua che divide il Nord e il Sud del mondo: ora è infatti chiaro che oggetto di norme sull'immigrazione o sul controllo delle frontiere non sono "numeri statistici", non sono paure degli elettori, non sono criminali da combattere. Sono persone.
E ancor più conta che tutti in Italia ed in Europa nei morti di Lampedusa hanno finalmente visto delle persone, dalle quali non ci si può separare con l'etichetta di "extracomunitari". I brandelli della loro vita, restituiti dal mare assieme ai loro corpi, hanno mostrato chi sono effettivamente le persone che tentano di arrivare alle nostre coste, le prove a cui si sottopongono, la resistenza che dimostrano, i sacrifici che per loro fanno le famiglie di provenienza; ci hanno fatto capire che quello che si lasciano alle spalle, sia di miseria sia di pericolo, è ancora peggio del rischio di morire di stenti o di morire annegati a pochi metri dalla speranza.
Di questa tempra sono anche i sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre. Persone che sono ancora con noi per aiutarci a cambiare presto una legge in base alla quale "in nome del popolo italiano" dovrebbero essere processate visto che si sono salvate.

La profezia del Papa figlio di emigrati italiani. "La legge non funziona, la soluzione non può essere il respingimento perché è un esodo biblico: non si ferma la storia come non si ferma il vento", ha ammonito il vescovo di Agrigento mons. Francesco Montenegro.
Non si tratta però di arrendersi all'inevitabile. È piuttosto cogliere le ragioni per rifiutare di arrendersi alla "globalizzazione dell'indifferenza". L'8 luglio - meno di tre mesi prima della tragedia - Papa Francesco l'aveva denunciata proprio da Lampedusa. La sua prima uscita dal Vaticano Papa Francesco l'aveva dedicata ad un pellegrinaggio alla Barriera d'Acqua che divide il Nord e il Sud del mondo; era andato a pregare e a portare fiori in mezzo al mare, in quel "Cimitero Mediterraneo" tomba collettiva di decine di migliaia di persone.
Questa profezia del Papa figlio di emigrati italiani non consente più di liquidare gli sbarchi degli extracomunitari come attività clandestina da multare e da incriminare; costringe invece all'indignazione e alla vergogna per quanto avviene nel Mediterraneo.
E nel caso qualcuno avesse derubricato a gesto di pietà la dura profezia di quel suo pellegrinaggio a Lampedusa, Papa Francesco non ha esitato a richiamarla usando il linguaggio dei profeti dell'Antico Testamento: "Parlando di pace, parlando della inumana crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l'uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell'ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa. Mi viene la parola vergogna! È una vergogna!".
Da Assisi, dove il Papa l'ha gridata, la vergogna è passata di cuore in cuore, di bocca in bocca; è diventata "parola pubblica": il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio Enrico Letta, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso l'hanno ripetuta.

Le istituzioni non possono continuare a vergognarsi. Le istituzioni non possono vergognarsi di se stesse, pena la loro inconsistenza. Chi ne ha responsabilità (ciascun cittadino con il proprio voto; le autorità; gli educatori) è chiamato a restituire dignità e onore alle istituzioni, eliminando le cause della vergogna.
L'Italia può cominciare da subito con una delle sue vergogne: il reato di clandestinità, quello immediatamente contestato ai sopravvissuti al naufragio di Lampedusa: vergogna giuridica, perché considera reato uno stato di fatto senza che sia stato commesso un crimine; vergogna umana perché punisce chi soccorre un uomo che sta per annegare; vergogna istituzionale perché è costantemente "violata" proprio dai generosi uomini dello Stato impegnati nelle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo.
L'Europa continentale può accettare l'attuazione del Trattato di Schengen che dall'1 gennaio 2014 prevede la libera circolazione nell'Unione Europea anche dei cittadini di Bulgaria e Romania, evitando la vergogna di chiederne il rinvio come hanno già fatto Germania e Francia.
L'Europa nel suo insieme può evitare la vergogna di dire e non fare; vergogna che è fra le cause della tragedia di Lampedusa. Dieci anni fa, tra il 2003 e il 2004, sotto la spinta di tragedie del Mediterraneo simili a quelle del 2013, l'Unione Europea prese la decisione di mettere in comune risorse umane ed economiche per il controllo della frontiera sud dell'Europa. Fu istituita l'Agenzia Frontex, che dopo una lunga discussione su dove aprire la sede, cominciò ad operare nel 2004. Da allora, invece di essere rafforzata, Frontex è stata sempre più ridimensionata, perché i singoli Stati non hanno messo a disposizione pochi mezzi navali e poco personale rispetto agli accordi.
L'inconsistenza di Frontex è tale che l'Italia per rispondere immediatamente alla tragedia di Lampedusa ha organizzato in proprio la missione militale e umanitaria "Mare Nostrum" triplicando le unità navali e aree impegnate in operazioni di pattugliamento e di salvataggio nel Canale di Sicilia. L'iniziativa è costosa ma i fatti e i numeri della tragedia del "Cimitero Mediterraneo" sono tali che non consentiva indugi. Ne sono stati consapevoli anche due fra i più piccoli Stati membri dell'Unione, la Slovenia e la Finlandia, che hanno messo a disposizione della missione italiana "Mare Nostrum" una nave ciascuno. Evidentemente il fuoco del barcone di Lampedusa si è visto non solo fino a Lubiana ma addirittura fino a Helsinki.

Con il coraggio europeo della solidarietà. Evitati così ulteriori e incombenti motivi di vergogna, l'Europa (e l'Italia da protagonista nell'Unione Europea) devono rapidamente aggiornare e chiudere i dossier sull'immigrazione aperti da tempo, approfonditi ma non conclusi prevalentemente per ragioni elettorali interne degli Stati membri.
Non possiamo nasconderci che la tentazione dell'allungamento della negoziazione sarà forte in questi mesi, anche per la scadenza elettorale che riguarderà proprio l'Unione Europea: tra il 22 e il 25 maggio (per gli italiani il 25 maggio) del prossimo anno i cittadini europei rinnoveranno il Parlamento dell'Unione e non mancherà chi invocherà i rischi dell'euroscetticismo per rinviare politiche comuni sull'immigrazione, l'asilo e il profugato.
Questo rischio c'è. Ma c'è anche un'opinione pubblica che ha capito la profezia di Papa Francesco e che si è sentita rappresentata dalle catene umane che a Lampedusa e in Sicilia hanno tratto in salvo altre persone. È il tempo del coraggio e - sicuramente - un'Europa che ritrova la solidarietà da cui è nata diventerà più forte e più sicura.

27 ottobre 2013


1 novembre 2013
ci-086
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Tino Bedin