di Tino Bedin
L'iniziativa legislativa presa dal Governo Prodi per aggiornare la Cooperazione italiana allo sviluppo è indubbiamente un fatto politicamente importante. Nelle ultime due legislature mai il Governo era intervenuto così tempestivamente, preferendo delegare la materia all'iniziativa parlamentare, salvo interloquire alla fine con Parlamento e bloccare tutto come successe nel 2000 alla Camera, oppure abbandonare la materia tra i temi residuali delle Commissioni Esteri di Camera e Senato, come ha fatto il governo di Destra. Invece il governo dell'Unione, entro il primo anno di legislatura, ha presentato il 12 gennaio nella riunione straordinaria a Caserta il disegno di legge "Delega al Governo per la riforma della disciplina della cooperazione italiana con i paesi in via di sviluppo".
Sul piano dei contenuti, la proposta di delega recepisce alcune delle indicazioni che sia il Parlamento che gli attori della cooperazione allo sviluppo hanno ampiamente elaborate in questi anni. La parte di maggiore innovazione riguarda la creazione di un'Agenzia delegata a gestire la Cooperazione con la flessibilità e l'immediatezza che la struttura ministeriale generalmente e necessariamente non consente. Su questo punto è molto ampio l'accordo tra forze politiche e tra operatori della cooperazione allo sviluppo.
Un'Agenzia o un'Azienda? Ma se il consenso è diffuso sullo strumento, non è detto che il percorso individuato dal governo sia del tutto accettabile. Nel disegno di legge la trasformazione della Direzione generale per la Cooperazione del ministero degli Esteri ha come sbocco più un'Azienda pubblica di cooperazione che un'Agenzia. Il nuovo organismo è descritto come un operatore diretto e concorrenziale, più che come un erogatore di servizi sia nei confronti del Ministero e del Governo sia nei confronti della cooperazione non governativa.
Più che un'Agenzia nell'insieme del disegno di legge è delineata un'Azienda pubblica di cooperazione internazionale.
Questa "Azienda" acquisisce incarichi di esecuzione di progetti da Commissione Europea, Banche, Fondi ed Organismi internazionali; può farlo in una posizione dominante dato che il suo titolare, cioè il Governo, è "azionista" di questi organismi.
Questa Azienda pubblica raccoglie fondi dai cittadini italiani, dalle imprese e dai gruppi, con i quali può addirittura progettare interventi.
Questa Azienda diventa anche banca d'affari perché si candida a gestire i fondi di altri organi costituzionali oltre a quelli dello Stato, cioè quelli delle Regioni e dei Comuni.
Questa Azienda considera "concorrenti" le Ong del Volontariato internazionale: prevede infatti di convenzionarsi per consulenze e supporti solo con altre Amministrazioni pubbliche e non di svolgere analogo servizio istituzionale per ONG e associazioni di Ong.
Del resto, tra le attività dell'Agenzia elencate nel disegno di legge non c'è - ad esempio - la gestione dei rapporti con le Ong. Un segnale di sottovalutazione della funzione della cooperazione non governativa strutturata.
Assenza di specificità per le Ong. La cooperazione non governativa strutturata non è mai citata nel disegno di legge, mentre è citata la cooperazione decentrata. Si tratta del prevalere di una visione politica e movimentista che nel dibattito parlamentare precedente era stata invece messa in minoranza.
Questa impostazione:
- ha conseguenze sull'attività delle Ong, sui volontari e sui cooperanti;
- codifica la centralità della cooperazione pubblica, lasciando alle organizzazioni sociali compiti di integrazione e di "promozione".
Come la cooperazione decentrata è opportunamente riconosciuta nel disegno di legge del governo, altrettanto deve avvenire per il Volontariato internazionale, che non può essere ricompreso in un generico apporto della società civile, anche se ad essa va collegato. Il riconoscimento del Volontariato internazionale va accompagnato con la delega per l'aggiornamento delle normative (lavoro, previdenza, ecc.) che riguardano volontari e cooperanti. Va inserita anche la previsione di un raccordo con il volontariato europeo, il servizio civile nazionale e del servizio civile internazionale.
Lo strumento legislativo non è neutro. La scelta dello strumento della legge-delega non è neutro rispetto alla capacità di confronto e di ottenimento dei risultati. Per sua natura, la legge-delega elenca principi e criteri. La parte operativa è affidata a decreti delegati scritti dal ministero.
La parte operativa è quella che alla fine determina la qualità della riforma: su questa parte la discussione non sarà dunque pubblica e prevarrà la "sintesi" ministeriale (com'è avvenuto per il disegno di legge delega). Appare opportuno inserire nella fase procedurale strumenti di controllo dell'opinione pubblica e del Parlamento più efficaci.
Anche sul piano della qualità del confronto la scelta dello strumento non è neutra: come si è visto dalle reazioni immediate, tutta la discussione politica e parlamentare rischia di riguardare proprio lo strumento (delega o riforma parlamentare) invece che i contenuti. Questo dibattito tutto interno alla politica non favorirà l'attenzione dell'opinione pubblica sul tema e le Ong (ma anche le forze politiche più sensibili) faticheranno a promuovere con iniziative e pubblicazioni con cui favorire il confronto con la propria visione culturale e con la propria esperienza.
14 gennaio 2007
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