La Commissione Diritti Umani del Senato ha ascoltato nella seduta di mercoledì 25 maggio 2005 le Comunicazioni del sottosegretario di Stato per gli affari esteri Bettamio sulla situazione dei diritti umani in Colombiari. Nel dibattito successivo alle comunicazioni è intervenuto tra gli altri il senatore Tino Bedin, vicepresidente della Commissione Diritti Umani. Riportiamo il testo integrale delle sue considerazioni, sintetizzate in aula per ragioni di tempo.
intervento di Tino Bedin vicepresidente commissione Diritti umani
La Commissione Diritti Umani del Senato si interessa nuovamente della situazione in Colombia. Lo fa chiedendo al governo di riferire sulle iniziative che ha prese o intende prendere per contribuire alla tutela dei diritti umani in quel paese latino-americano. Si tratta di un segno di attenzione nei confronti di una realtà che quasi inevitabilmente si tende a "delegare" ad altri, considerandoci non "competenti". Si ratta anche di una iniziativa, sollecitata dall'Ulivo e condivisa dal presidente della Commissione Enrico Pianeta, che intende sostenere la posizione che a livello di Unione Europea è stata presa dalla Presidenza lussemburghese dell'Unione.
Nelle scorse settimane la Presidenza lussemburghese è intervenuta direttamente sul governo della Colombia, chiedendo di adottare tutte le misure necessarie a far cessare le violazioni gravi e persistenti dei diritti umani e ad assicurare che i diritti delle vittime siano rispettati e garantiti. Ha condannato inoltre le violazioni compiute a danno della popolazione civile, delle comunità autoctone ed afro-colombiane, delle donne e dei bambini, essendo queste ultime le categorie maggiormente pregiudicate dal conflitto civile in corso in Colombia. Eguale condanna è stata espressa dalla Presidenza dell'Unione Europea riguardo alla brutale uccisione di membri della Comunità di pace di San Josè de Apartadò, avvenuta in febbraio.
Da quello che il sottosegretario agli esteri italiano, Giampaolo Bettamio, ha riferito alla Commissione Diritti Umani, nessuna di queste posizioni politiche in queste settimane è stata assunta anche dall'Italia.
L'insieme della politica del governo italiano si "limita" alla tradizionale cooperazione allo sviluppo, senza interventi sia di tipo politico che economico in funzione delle garanzie minime sui diritti umani che sono alla base dello stesso sviluppo.
Naturalmente anche la cooperazione allo sviluppo è utile in condizioni di povertà: a patto però che sia effettiva; e non pare dalla stessa relazione che ai propositi stiano seguendo molti fatti destinati alla popolazione locale. Si parla al futuro di finanziamenti destinati all'occupazione, alla lotta alla droga, all'assistenza agli sfollati, al rafforzamento delle istituzioni. Al futuro è ad esempio la promessa di una linea di credito di 15 milioni di euro, destinata allo sviluppo delle piccole e medie imprese: scritti sulla carta non sono utilizzabili, per stessa ammissione del sottosegretario, dalle autorità colombiane.
In ogni caso l'impegno maggiore dell'Italia dovrebbe essere quello di sostenere anche bilateralmente le posizioni assunte dalla Presidenza lussemburghese dell'Unione Europea, in modo che sia chiaro che non si tratta solo di una espressione di indignazione o di buone volontà, ma di una effettiva politica estera dell'Unione nel suo insieme e degli Stati membri, tale da orientare anche la politica estera degli Stati Uniti.
Qui però il governo italiano si è fermato.
Anche recentemente a Roma il governo ha chiesto ragione al vice ministro degli esteri colombiano, Camillo Reyes, della situazione di cittadini italiani e delle procedure per risolvere alcuni casi di sottrazione di minori; ma per la situazione dei cittadini colombiani si è limitato alle esortazioni, "in spirito di franca amicizia e di costruttiva collaborazione",
Eppure l'approvazione di una legge antiterrorismo, che attribuisce alle forze armate poteri di polizia giudiziaria, e la presentazione di una proposta di legge per un'ampia amnistia a favore dei paramilitari, mettono in discussione la più significativa presenza italiana in Colombia: il finanziamento della "Defensoria del Pueblo". Da tempo l'Italia mantiene questa istituzione colombiana di cruciale importanza per promuovere l'effettivo rispetto dello Stato di diritto e la diffusione della coscienza civile nelle aree in cui finora è stata assente o sporadica la presenza dello Stato. La "Defensoria del Pueblo" è sostenuta anche dalle comunità di pace colombiane, proprio per il coinvolgimento diretto della popolazione. Cambiare le leggi, significa togliere spazio anche a questa istituzione.
Per questo l'Italia non può limitarsi al contributo economico, diretto o attraverso organismi multilaterali. Deve dare peso politico alla sua azione.
Senato, 25 maggio 2005
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