AGRICOLTURA

Nella riduzione dei gas serra qualcuno punta il dito sulle stalle
Gli allevamenti zootecnici sono
così dannosi?

L'Accademia dei Georgofili: il contributo della zootecnia italiana alle emissioni gas-serrigeni è modesto e in costante diminuzione

di Mariangela Ballo

Poiché, in base al Regolamento europeo sul gas serra (Lulucf), uno Stato europeo può scegliere di incrementare gli assorbimenti o ridurre le emissioni, si è sviluppato un dibattito su come e cosa fare. Gli agricoltori sono spinti a sviluppare pratiche di agricoltura ecocompatibili, ai silvicoltori si prospetta una maggiore visibilità dei benefici climatici dei prodotti in legno, che possono sostituire i materiali ad alta intensità di emissione (calcestruzzo, cemento, acciaio). Ma il dibattito più aspro si sta svolgendo intorno agli allevamenti bovini, accusati di emettere molto gas serra e contemporaneamente di dare luogo a diete poco salutari.
Ebbene. Nell'ottobre 2020 la Commissione europea ha pubblicato uno studio commissionato a esperti indipendenti "Il futuro dell'allevamento nell'UE: quale sarà il suo contributo per un settore agricolo più sostenibile?" Lo studio è scaricabile, in inglese, dal sito Future of EU livestock: how to contribute to a sustainable agricultural sector , ma un'ampia sintesi si trova sul sito dei veterinari del Veneto (Sivemp veneto) https://www.sivempveneto.it/il-futuro-dellallevamento-nellue-quale-sara-il-suo-contributo-per-un-settore-agricolo-piu-sostenibile.
Riportiamo da qui.
"Lo studio invita il lettore ad evitare un'eccessiva semplificazione del dibattito sul settore dell'allevamento e sul suo impatto. Evidenzia inoltre l'efficienza della produzione zootecnica dell'UE. Se questa produzione fosse ridotta si rischierebbe che la produzione e gli impatti associati vengano spostati dall'UE ad altre parti del mondo. Inoltre, la semplice riduzione delle produzioni animali dell'UE potrebbe non portare a filiere agroalimentari più sostenibili. Lo studio sottolinea l'importanza di tenere conto dei diversi sistemi di produzione, che hanno prestazioni ambientali positive e negative diverse. Infine, gli esperti stabiliscono che nella transizione verso sistemi alimentari più sostenibili, l'importanza economica e socio-culturale del settore non può essere ignorata. L'allevamento del bestiame è più della semplice produzione alimentare". Ad esempio, nel 2017, il valore delle produzioni animali e dei prodotti di origine animale nell'UE-28 era pari a 170 miliardi di euro, cioè al 40% dell'attività agricola totale. Inoltre, gli allevamenti europei davano lavoro a circa 4 milioni di persone, con in media da 1 a 2 lavoratori per allevamento.
Questo non significa che non si debbano apportare miglioramenti. Continua la sintesi dei veterinari.
"L'innovazione sarà fondamentale per ridurre gli impatti negativi del settore, compreso l'uso di approcci agroecologici, tecnologia e maggiore circolarità. L'efficienza produttiva dovrebbe essere aumentata, implementando un mix di nuove tecnologie e pratiche agroecologiche. Ad esempio, gli approcci agroecologici che integrano più strettamente colture e bestiame, e massimizzano la capacità del bestiame di utilizzare biomasse non commestibili per l'alimentazione umana, possono fornire un margine per ridurre l'uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, mantenendo la produttività e garantendo la conservazione delle risorse naturali. Infine, lo studio sottolinea anche l'importanza della governance per garantire la continuità delle aziende agricole ed evitare di mettere a rischio l'occupazione durante la transizione verso sistemi di allevamento sostenibili. La migrazione a tali sistemi dovrà essere incoraggiata dalle politiche pubbliche e ricompensata dalla visibilità e dai ritorni economici".

Ridurre la zootecnia in Europa
per importare carne dal Mercosur?

L'ipotesi che la riduzione degli allevamenti zootecnici in Europa sposti semplicemente l'impatto ambientale in altre parti del mondo ha un riscontro nella campagna contro la ratifica dell'accordo politico con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), portata avanti da 450 organizzazioni europee e americane (tra cui l'italiana Focsiv). Così il sito Vita (oltre 60 fra le più importanti organizzazioni italiane del terzo settore) descrive tale accordo:
"Una deregolamentazione degli scambi fra i due blocchi per promuovere un aumento delle importazioni europee di carne bovina, soia e biocarburanti, in cambio di maggiori esportazioni di automobili nei Paesi sudamericani. Uno scambio fra agroindustria e automotive le cui pesanti esternalità ricadranno sulle condizioni della foresta amazzonica, già gravemente colpita da incendi e deforestazione, guidata dai grandi allevatori e agricoltori con l'appoggio del governo brasiliano, in prima linea nella cancellazione dei vincoli ambientali".
Da tutt'altra sponda viene la stessa critica. Sul sito di Confagricoltura, il presidente Massimiliano Giansanti scrive:
"Per coprire il fabbisogno alimentare della UE salirebbero anche le importazioni. Per questo, forse, la Commissione sta intensificando le iniziative per la ratifica dell'accordo politico con i Paesi del Mercosur, nonostante le critiche espresse dal mondo agricolo, dalle associazioni ambientalistiche e dalle assemblee parlamentari in alcuni Stati membri. L'accordo prevede tra l'altro l'aumento delle importazioni di carni bovine dal Brasile per un totale di 99 mila tonnellate. Come già sostenuto in passato, a nostro avviso, l'intesa con il Mercosur non tutela i consumatori e gli agricoltori dell'Unione europea".

Creare un'area scientifica
di "Sostenibilità delle produzioni e dei prodotti animali"

Su questo tema un documento interessante è quello reso alla Commissione Agricoltura del Senato, il 2 febbraio scorso, dal Comitato "Allevamenti e prodotti animali" dell'Accademia dei Georgofili, sul tema "Allevamenti, sostenibilità ambientale e cambiamenti climatici". È firmato da nove professori universitari di zootecnia e nutrizione animale. Riportiamo qui la sintesi redatta al termine del documento.
- Il sistema delle produzioni animali italiano è un asset strategico per il Paese. Rappresenta, nella completezza delle sue filiere, circa la metà del valore aggiunto dell'agroalimentare nazionale, contribuisce all'export del made in Italy, fornisce occupazione a circa 150 mila addetti, presidia il 40% del territorio rurale nazionale ed è custode di una parte importante di storia e delle tradizioni culturali e gastronomiche dell'Italia.
- I sistemi zootecnici italiani possono contribuire attivamente alla soluzione dei problemi emergenti del terzo millennio, quali la lotta ai cambiamenti climatici, il contrasto allo spopolamento e al degrado delle "aree interne" e la salvaguardia dei valori paesaggistici e culturali del territorio nazionale.
- Il contributo della zootecnia italiana alle emissioni gas-serrigeni è modesto e in costante diminuzione. Attualmente rappresenta il 5,2% del totale nazionale. I sistemi agro-zootecnici italiani contribuiscono alla salvaguardia dei cicli naturali, attraverso l'erogazione di servizi ecosistemici, e rappresentando un baluardo contro lo spopolamento attraverso la creazione di valore in comprensori considerati marginali per qualsiasi altra attività economica. Il riconoscimento del ruolo regolatore della zootecnia per vaste aree dell'Italia è un passaggio ineludibile per qualsiasi politica di sviluppo sostenibile ed equo del territorio nazionale.
- Il progressivo miglioramento dell'efficienza produttiva e gestionale degli allevamenti può far intravedere l'ambizioso obiettivo "zero carbon"entro dieci anni. L'inserimento del bilancio di filiera del carbonio nel novero delle premialità previste dal prossimo Piano Nazionale di Sviluppo Rurale costituisce un obiettivo primario del prossimo ciclo di programmazione PAC per l'Italia.
- Il patrimonio culturale tradizionale di ampie porzioni del Paese è profondamente legato all'allevamento degli animali da reddito. Gli allevatori sono anche custodi della più importante frazione del paesaggio rurale italiano, bene protetto costituzionalmente, quello zootecnico che costituisce carattere distintivo di ampi territori nazionali. La sostenibilità culturale e sociale garantita dalle filiere zootecniche per una rilevante parte dell'Italia è un'esternalità di importanza primaria a cui va dato ampio spazio nelle politiche generali e non solo di settore.
- I sistemi zootecnici e il patrimonio umano ad essi collegato hanno bisogno di una forte accelerazione dei saperi e delle competenze per rispondere alle sfide della sostenibilità.
- La ricerca scientifica e il trasferimento tecnologico devono essere incentivati con il fine di portare le Scienze delle Produzioni Animali, le Scienze Veterinarie e le Scienze delle Trasformazioni dei prodotti di origine animale all'eccellenza internazionale. A questo proposito è ineludibile la creazione di un'area scientifica di "Sostenibilità delle produzioni e dei prodotti animali" in cui allocare i finanziamenti per progetti strategici nazionali che eviti al settore di soccombere nella competizione con quello biomedico e farmaceutico attualmente collocato nella stessa area delle Scienze della vita.
- Parimenti, deve essere incentivata la scolarizzazione degli imprenditori zootecnici, con l'obiettivo di arrivare al 2030 con 2 conduttori aziendali su 3 forniti di titolo di scuola secondaria superiore o, ancora meglio, di laurea nelle discipline zootecniche e veterinarie".

27 aprile 2021

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Per saperne di più
Il futuro dell'allevamento nell'UE: quale sarà il suo contributo per un settore agricolo più sostenibile? (in inglese)
Sivemp veneto - Il futuro dell'allevamento nell'UE: quale sarà il suo contributo per un settore agricolo più sostenibile?
Accademia dei Georgofili



27 aprile 2021
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