AGRICOLTURA

La ricorrenza del 22 marzo è l'occasione per una verifica
Giornata mondiale dell'acqua:
no razionarla, sì non sprecarla

Dall'Accademia dei Georgofili viene un monito per una rappresentazione documentata dei fatti e contro le false notizie

di Mariangela Ballo

Si è detto che si può fare agricoltura senza terra ma non senza acqua. In occasione della Giornata mondiale dell'acqua, che cade il 22 marzo dall'anno della sua istituzione, il 1992, una miriade di voci si stanno levando per dire che sta diminuendo la disponibilità di acqua pulita e che bisogna perciò risparmiarla, incolpando l'agricoltura, in particolare gli allevamenti bovini, di adoperarne troppa. Come rimedio viene proposto di consumare meno carne, mangiando più legumi, verdura e frutta.
Dalla scienza e dagli organismi istituzionali viene però un'altra rappresentazione, che si può così riassumere: c'è meno acqua perché viene usata male (perdite nelle reti) o in modo non perfettamente proficuo. Perciò non è riducendo gli allevamenti o la terra irrigata che si risparmia l'acqua, ma migliorando l'efficienza del suo uso, sia con ammodernamenti strutturali e aziendali, sia con maggiori competenze degli agricoltori.
Del resto, mangiare più frutta e verdura non dipende solo da scelte dietetiche, ma anche dal loro costo. Qui entra in campo un altro uso dell'acqua, cioè l'irrigazione, che deve essere sostenuta per mettere a disposizione anche dei cittadini con redditi modesti questi cibi altamente salutari. Questo è l'argomento che trattiamo nell'articolo "L'acqua irrigua fa bene a tutto il territorio".

Falsità e clamori giornalistici sugli allevamenti e sui prodotti
di origine animale

Vediamo qual è lo stato dell'arte e cosa dicono coloro che hanno titolo e competenza in materia. L'Accademia dei Georgofili (è al mondo la più antica istituzione ad occuparsi di agricoltura, si avvale della collaborazione dei più qualificati studiosi e tecnici) ha messo in home page del suo sito un lungo comunicato dal titolo: Improvvisazioni, falsità e clamori giornalistici sugli allevamenti e sui prodotti di origine animale. La necessità di un dialogo su vere basi scientifiche.
Riportiamo alcuni passaggi.
"Il Comitato Consultivo dell'Accademia dei Georgofili per gli "allevamenti e i prodotti animali", in rappresentanza di una comunità scientifica molto ampia, che conta in Italia centinaia di ricercatori operanti nei settori del miglioramento genetico, della nutrizione e alimentazione animale, della qualità dei prodotti e delle tecniche di allevamento, esprime una forte preoccupazione per la diffusione di informazioni che non poggiano su rigorose basi scientifiche e che diffondono dati molto lontani dal vero….
Ancora più preoccupante è il possibile effetto delle campagne denigratorie nei confronti dell'intero sistema delle produzioni animali che caratterizza il nostro paese e dell'industria alimentare ad esso collegata che, come è noto, rappresenta un valore straordinario del "made in Italy" e contribuisce in maniera determinante a definire larga parte del paesaggio italiano, un patrimonio nazionale riconosciuto anche dalla Costituzione. Tale preoccupazione si estende anche alle centinaia di migliaia di lavoratori che sono all'interno del sistema delle produzioni animali e vedono minacciato il futuro del loro lavoro da campagne denigratorie dettate da logiche per loro incomprensibili perché lontane dalla realtà dei fatti"
.
Dopo questa introduzione, i Georgofili entrano nel merito.
"Uno dei più comuni elementi di quella che potremmo definire "non corretta informazione" è rappresentato dal contributo alla produzione di gas serra degli allevamenti e al loro conseguente impatto ambientale. Quando viene riportato che la produzione della carne pesa per il 20% delle emissioni totali di CO2, si diffonde una informazione totalmente sbagliata, poiché questo dato non è riscontrabile né all'interno delle statistiche della FAO (http://www.fao.org/faostat/en), né in quelle dell'Unione Europea (https://www.eea.europa.eu//publications/european-union-greenhouse-gas-inventory-2020), né in quelle dell'ISPRA (https://www.isprambiente.gov.it/it). Secondo la FAO, infatti, l'intero comparto agricolo a livello mondiale pesa per il 20% del totale delle emissioni di CO2 equivalenti e il comparto zootecnico (di cui gli allevamenti intensivi sono una frazione, ma comprende anche il grande patrimonio bovino dell'India a bassissima produttività) pesa per circa il 14%.
A livello europeo i dati sono ancora inferiori, in quanto è noto che nei paesi ad economia avanzata l'incidenza del comparto agricolo sul totale delle emissioni si colloca intorno al 10% e il comparto zootecnico incide per circa il 70% del totale delle emissioni agricole.
Ancora inferiori sono i dati dell'Italia che, secondo l'ISPRA, ente di ricerca vigilato dal ministero dell'Ambiente, vede l'intero comparto agricolo emettere circa il 7.5% del totale delle emissioni di CO2 prodotte dal nostro paese e il comparto zootecnico il 5.2% (di cui meno del 4% imputabile alle filiere delle carni).
Infine, un aspetto non secondario riguarda l'origine del carbonio del metano emesso dalle fermentazioni ruminali (che costituisce il 50% delle emissi
oni della zootecnia), che è biogena cioè derivante da quello fissato dalle piante con la fotosintesi e ingerito dagli animali con foraggi e concentrati e risiede in atmosfera con una emivita (spontaneo decadimento della metà, ndr) di circa 11,5 anni, per essere poi riassorbito dalle piante in un ciclo biologico, rispetto all'origine fossile del carbonio emesso dai combustibili, che si accumula nell'atmosfera per centinaia di anni provocandone il riscaldamento. Può essere utile ricordare, infine, che il biogas di origine zootecnica dà un contributo non trascurabile all'approvvigionamento nazionale di energia elettrica".
Così conclude il comunicato.
"È auspicabile che nell'affrontare questioni estremamente complesse e di grande ricaduta sulla società, come quelle relative all'impatto dei sistemi produttivi sull'ambiente, si possa aprire un confronto serio basato su solide basi scientifiche, collegate a ricerche validate a livello internazionale, e non su superficiali punti di vista o su ricerche commissionate ad hoc che non sono sottoposte alla rigorosa verifica della comunità scientifica attraverso il meccanismo della revisione tra pari, l'unico sistema per definire il reale valore scientifico di un prodotto della ricerca. Ciò al fine di indirizzare al meglio le decisioni che dovranno guidare la transizione verso un futuro sempre più sostenibile".

Indicazioni per la nuova Pac 2021-2027
La stessa Accademia dei Georgofili è stata richiesta dalla Commissione Agricoltura del Senato di un parere riguardo al tema "Affare sulle problematiche connesse al tema dei cambiamenti climatici con particolare riferimento al loro impatto sul settore agricolo". Sull'argomento "Allevamenti, sostenibilità ambientale e cambiamenti climatici" si è espresso il Comitato Consultivo "Allevamenti e prodotti animali" dell'Accademia, nell'audizione del 2 febbraio 2021, che ha ribadito i concetti precedentemente descritti, con qualche aggiunta.
"Nel corso degli ultimi decenni in tutte le filiere zootecniche nazionali, anche a seguito di norme legislative intervenute, si sono registrati importanti cambiamenti che, nell'insieme, hanno condotto a miglioramenti diretti e indiretti della sostenibilità ambientale". "In definitiva, a livello di allevamento le strategie più efficaci per ridurre l'impatto ambientale sono la formulazione di razioni che soddisfino i fabbisogni degli animali, evitando la somministrazione di eccessi di nutrienti che sono eliminati con le deiezioni, e la scelta di alimenti caratterizzati da elevata digeribilità".
Le considerazioni finali sono un manifesto per i decisori, in vista dei provvedimenti che dovranno essere presi quando la nuova Pac 2021-2027 entrerà in vigore nel 2023, dopo due anni di regolamentazione transitoria.
"Il sistema delle produzioni animali italiano è un asset strategico per il Paese. Rappresenta, nella completezza delle sue filiere, circa la metà del valore aggiunto dell'agroalimentare nazionale, contribuisce all'export del made in Italy, fornisce occupazione a circa 150 mila addetti, presidia il 40% del territorio rurale nazionale ed è custode di una parte importante di storia e delle tradizioni culturali e gastronomiche dell'Italia.
I sistemi zootecnici italiani possono contribuire attivamente alla soluzione dei problemi emergenti del terzo millennio, quali la lotta ai cambiamenti climatici, il contrasto allo spopolamento e al degrado delle "aree interne" e la salvaguardia dei valori paesaggistici e culturali del territorio nazionale.
Il contributo della zootecnia italiana alle emissioni gas-serrigeni è modesto e in costante diminuzione. Attualmente rappresenta il 5,2% del totale nazionale. I sistemi agro-zootecnici italiani contribuiscono alla salvaguardia dei cicli naturali, attraverso l'erogazione di servizi ecosistemici, e rappresentando un baluardo contro lo spopolamento attraverso la creazione di valore in comprensori considerati marginali per qualsiasi altra attività economica. Il riconoscimento del ruolo regolatore della zootecnia per vaste aree dell'Italia è un passaggio ineludibile per qualsiasi politica di sviluppo sostenibile ed equo del territorio nazionale.
Il progressivo miglioramento dell'efficienza produttiva e gestionale degli allevamenti può far intravedere l'ambizioso obiettivo "zero carbon" entro dieci anni. L'inserimento del bilancio di filiera del carbonio nel novero delle premialità previste dal prossimo Piano Nazionale di Sviluppo Rurale costituisce un obiettivo primario del prossimo ciclo di programmazione PAC per l'Italia.
Il patrimonio culturale tradizionale di ampie porzioni del Paese è profondamente legato all'allevamento degli animali da reddito. Gli allevatori sono anche custodi della più importante frazione del paesaggio rurale italiano, bene protetto costituzionalmente, quello zootecnico che costituisce carattere distintivo di ampi territori nazionali. La sostenibilità culturale e sociale garantita dalle filiere zootecniche per una rilevante parte dell'Italia è un'esternalità di importanza primaria a cui va dato ampio spazio nelle politiche generali e non solo di settore.
I sistemi zootecnici e il patrimonio umano ad essi collegato hanno bisogno di una forte accelerazione dei saperi e delle competenze per rispondere alle sfide della sostenibilità. La ricerca scientifica e il trasferimento tecnologico devono essere incentivati con il fine di portare le Scienze delle Produzioni Animali, le Scienze Veterinarie e le Scienze delle Trasformazioni dei prodotti di origine animale all'eccellenza internazionale. A questo proposito è ineludibile la creazione di un'area scientifica di "Sostenibilità delle produzioni e dei prodotti animali" in cui allocare i finanziamenti per progetti strategici nazionali che eviti al settore di soccombere nella competizione con quello biomedico e farmaceutico attualmente collocato nella stessa area delle Scienze della vita.
Parimenti, deve essere incentivata la scolarizzazione degli imprenditori zootecnici, con l'obiettivo di arrivare al 2030 con 2 conduttori aziendali su 3 forniti di titolo di scuola secondaria superiore o, ancora meglio, di laurea nelle discipline zootecniche e veterinarie"
.

20 marzo 2021

Sullo stesso tema
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Per saperne di più
Giornata mondiale dell'acqua (in inglese)
Accademia Georgofili
Senato della Repubblica, Commissione Agricoltura Affare sulle problematiche connesse al tema dei cambiamenti climatici con particolare riferimento al loro impatto sul settore agricolo



20 marzo 2021
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