AGRICOLTURA
Nel Dpef nessuna traccia degli impegni presi dall'Italia all'Aquila
Agricoltura: il governo italiano smentisce subito il G8
Non sono indicate risorse finanziarie aggiuntive, né strategie per riconoscere l'agricoltura come settore primario


di Tino Bedin

"La sicurezza alimentare, l'alimentazione di qualità e l'agricoltura sostenibile devono rimanere una questione prioritaria nell'agenda politica, che va affrontata con un approccio trasversale e inclusivo, coinvolgendo tutti gli attori rilevanti a livello mondiale, regionale e nazionale.(...) L'agenda della sicurezza alimentare deve essere focalizzata sull'agricoltura e sullo sviluppo delle zone rurali promuovendo la produzione sostenibile, la produttività e la crescita economica rurale. (...) Siamo determinati a tradurre questi principi in azione e ad adottare tutte le misure necessarie per conseguire la sicurezza alimentare globale. Perseguiremo l'obiettivo di aumentare sostanzialmente gli aiuti all'agricoltura e alla sicurezza alimentare, anche attraverso pluriennali impegni di risorse".
Sotto queste dichiarazioni c'è la firma di "Noi, i Capi di Stato e di Governo e i Direttori delle Organizzazioni Internazionali e Regionali riuniti a L'Aquila".
Era il 10 luglio del 2009, a L'Aquila. La Dichiarazione congiunta del G8 sulla sicurezza alimentare, da cui ho ricavato le citazioni, è uno dei "risultati" vantati da Berlusconi e soprattutto dal suo ministro dell'Agricoltura, che per arrivare preparato si era organizzato un "suo" G8 a nostre spese nella sua provincia.
Il 15 luglio del 2009, cinque giorni dopo, a Roma in Consiglio dei ministri, lo stesso Berlusconi e il suo ministro dell'Agricoltura approvano il Documento di programmazione economica e finanziaria per l'Italia nel 2010.

Nel Dpef manca persino la parola "agricoltura". Ci si aspetta di leggere come l'Italia comincia ad onorare "gli impegni presi dai Paesi presenti a L'Aquila per il raggiungimento dell'obiettivo di mobilitare almeno 20 miliardi di dollari in tre anni attraverso questa strategia coordinata e integrata per lo sviluppo agricolo sostenibile" (cito ancora dalla Dichiarazione dell'Aquila). Il Dpef è l'atto giusto al momento giusto per passare dalle parole ai fatti ed anche per confrontarsi su questo tema nazionale e globale sia con il Parlamento sia con i produttori agricoli sia con i consumatori. Non si tratta neppure di un documento contabile: le cifre verranno dopo, con la Finanziaria, ma di indirizzo: in fondo ancora parole, anche se più dettagliate.
Leggi e rileggi il Dpef e non trovi nessuna delle preoccupazioni così accorate di Berlusconi e del suo ministro dell'Agricoltura finché erano in... mostra all'Aquila. Non trovi neppure la parola "agricoltura". Proprio così e lo fa notare un'organizzazione di produttori agricoli, che ritiene "gravissimo ma indicativo che la parola agricoltura non venga citata neanche una volta".
"Nel Dpef approvato dal Consiglio dei ministri del 15 luglio scorso non troviamo assolutamente alcuna misura che riguardi il settore. Siamo ancora una volta alle solite: tante promesse e pochi fatti concreti", riassume il presidente della Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi.

Il governo non compensa neppure i suoi tagli. Mentre in Francia il ministro dell'Agricoltura Barnier ha varato un piano di 250 milioni di euro per sostenere i redditi degli agricoltori, il contributo programmatico del ministro italiano delle politiche agricole alimentari e forestali al Dpef si riduce a misure di ordinaria amministrazione. La cifra annunciata è appena una compensazione dei tagli operati dal governo Berlusconi sia con il decreto-legge n. 112/2008 sia con la legge finanziaria 2009. Con queste cifre non si riuscirà neppure ad onorare quanto era stato assicurato al settore agroalimentare nelle precedenti legislature.
Invece c'è molto da fare di nuovo. Cito un solo tema, da quanto è emerso in Commissione Agricoltura al Senato: aiuti straordinari per l'innovazione mirati ad imprese impegnate in nuovi processi produttivi tesi, da un lato, all'autoriduzione dei costi di produzione (risparmio energetico, risparmio idrico, razionalizzazioni logistiche, innovazioni gestionali), e, dall'altro, a creare incrementi di valore del prodotto attraverso strategie di rafforzamento identitario e territoriale e nuovi contenuti di servizio più rispondenti alla domanda di mercato e ai nuovi stili di vita.
Tutte prospettive che risponderebbero pienamente agli impegni presi all'Aquila dal governo italiano e non solo nella Dichiarazione sulla sicurezza alimentare.
Tutte prospettive che potrebbero richiedere una rinegoziazione in sede comunitaria, della normativa sugli aiuti di stato in agricoltura, cui il ministro italiano potrebbe dedicarsi con maggior profitto per tutti (anche se con minor profitto per la sua immagine) rispetto al mettersi il cappellino di protesta al Brennero con i produttori di latte italiani.

Il latte in stalla e il latte in tavola. La "partecipazione straordinaria" di un ministro nulla toglie (e nulla aggiunge) all'importanza della protesta organizzata dalla Coldiretti per richiamare l'attenzione sul settore lattiero.
La protesta - estesa a molti produttori europei - ha segnalato ai cittadini dell'Unione che in agricoltura si giocano oggi poste globali. Non in discussione soltanto il reddito dei produttori; il dibattito riguarda direttamente l'equilibrio territoriale, la qualità dell'ambiente e dell'alimentazione, le regole del commercio internazionale, i rischi di penurie alimentari a livello mondiale.
Ecco alcuni temi che la programmazione nazionale italiana dovrebbe cominciare ad affrontare e che sarebbe stato opportuno inserire nel Dpef per rispondere sia agli impegni presi dall'Italia all'Aquila sia alle richieste dei produttori di latte:
- prendere atto che numerose componenti dello sviluppo generale (equilibrio del territorio, biodiversità, cultura, ecc.) dipendono in primo luogo dal mantenimento dell'attività agricola;
- rivedere i circuiti che portano dal luogo di produzione del latte (dove i prezzi che ottengono gli allevatori sono insufficienti) all'acquirente finale;
- assicurare controlli indicazioni sull'origine dei prodotti di base, per limitare gli estesi abusi sulla natura e sulla qualità dei prodotti finiti, spesso che pericoli per i consumatori, che oltre ad essere imbrogliati, corrono rischi sanitari.
Già questi soli esempi confermano che quello sull'agricoltura è un dibattito che supera di gran lunga gli interessi di una categoria professionale; che l'attività agricola continua ad essere davvero il "settore primario" dell'attività economica, la cui tutela ed il cui miglioramento sono essenziali all'insieme della società. Con la dichiarazione sulla sicurezza alimentare mondiale il G8 dell'Aquila ha almeno espresso questa consapevolezza a livello di governanti. Anche per questo è stupefacente l'assenza di un ruolo strategico dell'agricoltura nel Dpef italiano 2010-2012.

Strategica la Politica agricola comune. Ovviamente questo ruolo strategico l'agricoltura italiana lo ha solo all'interno della Politica agricola comune dell'Unione europea. Anche questa è un'indicazione programmatica che va data: la conservazione della biodiversità, il cambiamento climatico, la gestione delle risorse idriche richiedono iniziative, che solo una politica comune europea permetterà di attuare.
Ma la dimensione europea è indispensabile anche per la finalità principale dell'agricoltura: la sicurezza alimentare degli europei, tanto sul piano quantitativo, quanto su quello qualitativo.

26 luglio 2009


27 agosto 2009
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