TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 94 / 4 marzo 2005
Dimenticati i 716 mila militari che hanno scelto l'Italia

Senza memoria, senza Patria
La maggioranza si decide a finanziare il Sessantesimo della Liberazione, purché non se ne parli in Parlamento

di Tino Bedin

Cari amici, si può misurare l'amor di Patria? Forse no: è fatto di comportamenti, pensieri, sentimenti, storie sia personali che collettive, che non hanno una unità di misura. In casi come questo ci sono utili i confronti. Possiamo allora confrontare la dimensione (e la quantità) di un manifesto sull'Italia e la Patria, affisso dalla Destra in queste settimane con la dimensione delle risorse finanziarie che governo e maggioranza dedicano ormai dal 2002 alle associazioni patriottiche e combattentistiche. Se ne ricava che più grandi sono i manifesti, minori sono i soldi. In due anni (tra il 2003 e il 2004) il contributo previsto nel 2001 dalla legge dell'Ulivo è stato ridotto dell'80 per cento; letteralmente: al posto di 100 euro previsti per legge, la Destra gliene ha assegnati 20.
Anche in questa materia, come in molti altre - l'ultima più generalizzata è quella delle tasse - il centrodestra dice, ma non fa. Dice che riduce le tasse, ma non lo fa per la maggioranza delle famiglie a redditi normali. Dice che finalmente l'Italia è una Patria, ma toglie capacità operativa proprio alle associazioni che hanno tenuto alto negli anni l'amor di Patria, l'amore per la Repubblica.

Stranezze di un Sessantesimo. Mentre dai muri delle città la Destra grida questi slogan patriottardi, nel cuore delle istituzioni, nel Senato della Repubblica la stessa Destra mette in discussione la Patria, l'anima della Patria. La maggioranza parlamentare si appresta infatti ad approvare il disegno di legge presentato da Alleanza Nazionale (e votato da tutto il centrodestra in Commissione Difesa al Senato) nel quale si stabilisce che i militari di Salò "sono considerati a tutti gli effetti militari belligeranti". Vengono così "equiparati a quanti prestarono servizio nei diversi eserciti dei Paesi tra loro in conflitto durante la seconda guerra mondiale".
Strana idea quella della Destra in questo sessantesimo anniversario della fine della guerra mondiale. Invece di onorare i militari del governo nazionale, quelli che come il nostro Presidente della Repubblica combatterono per l'Italia, i partiti di governo si preoccupano di militari che combattevano assieme ai tedeschi, anzi che avevano per istruttori ed organizzatori quei tedeschi, contro i quali il Regno d'Italia era in guerra.
Il disegno di legge ha un'impostazione apparentemente minimalista. Il relatore ci ha assicurato che sarebbero esclusi dal... condono storico i 72 mila uomini della Guardia nazionale repubblicana, i 22 mila delle Brigate nere, i 4.800 della Decima Mas e 1.050 della legione "Ettore Muti"; ma sul punto il disegno di legge non dice niente. In ogni caso non è la vita e la memoria dei repubblichini che interessano ad Alleanza Nazionale. L'obiettivo è riconoscere la Repubblica di Salò come parte della storia italiana. Questo è contrario alla storia dell'Italia ed è contrario alla Costituzione. Così si nega la Patria.

Preferirono l'internamento 716 mila militari. Al di là delle convenienze che porteranno i partiti della Destra a votare questo riconoscimento, gli italiani sanno bene dov'è la loro Patria.
Lo sapevano, gli italiani, anche tra il 1943 e il 1945. Bastano i numeri: degli 810 mila militari italiani catturati dai tedeschi, appena 14 mila dopo la cattura scelsero di diventare combattenti; altri 80 mila scelsero di fare gli ausiliari. Ma gli altri 716 mila diventano IMI, Internati militari italiani. Li ha onorati qualche giorno fa al Vittoriano il Presidente della Repubblica: "I militari internati - ha detto Ciampi il 27 gennaio - furono veramente, anche per dimensioni, un momento particolarmente significativo per quanto riguarda la Resistenza italiana. Essi rifiutarono di cessare le condizioni di prigionia, rinunciarono a evitare i rigori e, spesso, la morte legati al campo di prigionia pur di mantenere fede alla parola data, al giuramento fatto alla loro Patria".
E se per qualcuna di queste persone nel corso dei mesi le condizioni diventarono insopportabili fino a far cambiare condizione, altrettanto e molto di più accadde nelle file repubblichine: esse furono falcidiate dalle diserzioni e molti degli arruolati con la forza andarono ad alimentare le formazioni partigiane. Un rapporto delle SS dell'aprile 1945 documenta che le forze armate della Repubblica sociale italiana erano costituite da appena 35 mila soldati regolari e riservisti nelle divisioni San Marco, Monterosa, Littorio e Italia.
Secondo i proponenti del disegno di legge è dunque per 35 mila uomini che si vuol riscrivere la storia, tutta la storia italiana. Anche in questa situazione, come per l'amor di Patria, è illuminante il confronto. Basta confrontare i numeri della Repubblica di Salò con quelli della Resistenza e delle Forze Armate italiane per confermarci che non siamo di fronte ad un'operazione di pacificazione, ma alla volontà di riabilitazione della Repubblica sociale di Mussolini.

Un "condono storico" ricorrente. Mentre si vuole fare una legge che condoni la storia, i centinaia di migliaia di combattenti per la Patria e per la libertà non valgono, agli occhi della Destra, neppure una medaglia, neppure un titolo onorifico a sessant'anni dalla conclusione della seconda guerra mondiale.
Al Senato è bloccato un mio disegno di legge presentato all'inizio della legislatura per dare un riconoscimento ai superstiti di quella guerra, così come si fece per i superstiti della Grande Guerra, ai quali fu riconosciuto il titolo di Cavalieri di Vittorio Veneto. La mia proposta è di istituire per i combattenti della seconda guerra mondiale l'Ordine del Tricolore. Il disegno di legge è bloccato e non vedrà la luce in quest'anno del Sessantesimo, perché una analoga proposta è stata presentata alla Camera e lì si è arenata perché Alleanza Nazionale pretende che quel riconoscimento vada anche ai repubblichini, cioè a militari di un governo sorto per volontà e posto alle dipendenze degli occupanti tedeschi, alle dipendenze di quel Terzo Reich, contro il quale il legittimo governo italiano aveva dichiarato guerra nell'ottobre del 1943.
Ovviamente, a queste condizioni, la gran parte dei militari dello Stato italiano rifiuterebbe quel riconoscimento.

Nuova legge, nuovo taglio dei contributi. Il fatto è che questa Destra è senza Patria perché rifiuta di condividerne la memoria. Ai suoi occhi appaiono "di sinistra" perfino le associazioni combattentistiche, da cui sono partito in questa mia Lettera dal Senato e di cui racconto qualcos'altro.
La legge dell'Ulivo che assegnava loro un contributo è scaduta il 31 dicembre 2003. Vi ho già detto come la legge è stata taglieggiata prima da Tremonti e poi da Siniscalco, sempre da Berlusconi e Fini. Solo due settimane fa è iniziata in Senato la discussione di una nuova legge di finanziamento.
Meno male? No. Tanto peggio. C'è infatti un ulteriore, pesante taglio.
Il disegno di legge in discussione va dal 2004 al 2006, ma salta a pie' pari il 2005. Si dà qualcosa al Associazioni patriottiche per quello che hanno speso nello scorso anno; si promettono loro un po' di euro per il 2006; ma per quest'anno devono arrangiarsi.
Per il bilancio dello Stato si tratta di piccole cifre: da questo punto di vista è una "leggina". Stanzia infatti 2 milioni e 590 mila euro per il 2004 e la stessa cifra per il 2006. Insomma, lira più lira meno, 5 miliardi delle vecchie lire all'anno. Per una serie lunga di associazioni che operano su tutto il territorio nazionale, si tratta di una cifra esigua. Ebbene non si trovano 5 miliardi delle vecchie lire da mettere anche per il 2005.
Il "taglio" non è evidentemente economico; il taglio è politico.

Un'elemosina per il compleanno della Repubblica. In Senato, visto che la maggioranza non faceva avanzare la legge sulla celebrazione del Sessantesimo della Resistenza e della Liberazione, è stato approvato mercoledì dentro un decreto-bazar l'emendamento, sottoscritto anche da me, che stanzia 3 milioni e 100 mila euro per le iniziative del Sessantesimo promosse dalle associazioni combattentistiche. Maggioranza di Destra e governo hanno accettato questo emendamento, dopo il lungo ostruzionismo da loro praticato, evidentemente perché vogliono togliere dall'ordine del giorno del Senato il Sessantesimo della Resistenza. Meglio i soldi che le idee, hanno valutato.
Quei soldi saranno - come vi ho spiegato - tutto quello che le associazioni riceveranno per il 2005. Di fatto quei sei miliardi di vecchie lire che si stanziano per le celebrazioni del Sessantesimo sono comprensivi dei 5 miliardi di contributo ordinario alle associazioni patriottiche. Questo vuol dire che per la Destra italiana il compleanno della nostra democrazia, il battesimo della nostra Repubblica valgono solo un miliardo di vecchie lire. Valgono un'elemosina.
Questa è la scelta politica che fa la Destra. Riecco il gravissimo comportamento della maggioranza fronte alla celebrazione dei sessant'anni della Liberazione: un atteggiamento ostruzionismo, riduttivo. Non se ne discute in Parlamento. Non merita una spesa speciale.
Dentro questa scelta politica finiscono stritolate le Associazioni patriottiche, evidentemente colpevoli di essere depositarie della memoria dei valori per i quali in milioni hanno combattuto, in migliaia sono morti o sono stati colpiti negli affetti; colpevoli di continuare a trasferire anche nelle Forze armate di oggi quei valori e quindi di tenerli vivi e di aggiornarli, come elemento fondante dell'unità nazionale e dello spirito di Patria.

Tino Bedin

Roma, 4 marzo 2005


4 marzo 2005
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